2025: dove va il clima?

Anche questa volta a Cop29 non è successo quello che doveva. Adesso abbiamo due prospettive: continuare a credere ai negoziati oppure ancorarci al mondo reale e agire.
Anche questa volta a Cop29 non è successo quello che doveva. Adesso abbiamo due prospettive: continuare a credere ai negoziati oppure ancorarci al mondo reale e agire.
La mobilità che abbiamo scelto o in cui siamo ingabbiati pone sfide più ampie della semplice scelta di un mezzo migliore, più salutare e magari meno inquinante.
Le manifestazioni di Valencia sono l’ultimo esempio di come il contratto sociale tra persone e istituzioni si sia rotto. Perché il degrado climatico accelera la polarizzazione che è il motore della disgregazione ecosistemica.
Essere o avere? La conquista di una sicurezza personale che non dipende da insegne esterne a sé stessi traccia cammini di maggior realizzazione e magari reddito.
L’anomalia umana rispetto alle altre specie è la ricerca della massimizzazione del profitto. Cambiare la prospettiva si può senza rinunciare a quasi niente.
Vestirsi per soddisfare un bisogno o per rispondere e a una finalità di prestigio sociale? Gli oggetti come status sociale sono sentiti come esigenze infinite e generatrici di insoddisfazione e di malessere per il Pianeta.
C’è una ragione ecosistemica che rende l’alimento locale e stagionale migliore. Non è il consumo a chilometro zero che salva il Pianeta.
Troppo di tutto e a caro prezzo. Il nostro sistema alimentare si basa sulla quantità spesso a discapito della qualità. Ecco perché fare la spesa è un’azione che da sola può aiutare il Pianeta.
Vi siete mai chiesti qual è l’impatto economico e ambientale di una dieta sbagliata? E come sempre proviamo a giocare la partita del cambiamento come singoli? Dobbiamo farlo e vi spiego perché.
Possiamo provare a giocare la partita del cambiamento come singoli? La mia risposta è «dobbiamo» e vi spiego perché.
La crisi climatica corre veloce e le soluzioni dall’alto, nazionali e internazionali, vanno a rilento. Possiamo provare a giocare la partita del cambiamento come singoli? La mia risposta è «dobbiamo» e vi spiego perché.
Due cose sono prioritarie: essere in buona salute e diventare più ricchi. Non è una provocazione ma una scelta di razionalità. Ecco perché.
Credevo che una Conferenza sul clima presieduta da un petroliere avrebbe affossato finalmente lo sviluppo delle energie fossili e credevo anche a Babbo Natale. O forse non esiste?
Cosa contiene l’Esortazione apostolica di Papa Francesco sulla crisi climatica che aggiorna l’enciclica Laudato si’ del 2015 e che il Pontefice indirizza “a tutte le persone di buona volontà”.
Combattere la crisi climatica è anche una questione di genere. Non è una questione ideologica e i dati quantitativi certificano una realtà che spesso non si vuole vedere.
Gli scienziati ci hanno parlato di “tipping point”, punto di non ritorno, progressioni esponenziali degli impatti, “feedback loops”, ma forse non era il linguaggio giusto. Ora possiamo tradurre questi tecnicismi in parole più povere e visibili come alluvioni e siccità.
Nella serie di eventi che scandiscono il nostro anno, insieme a Natale, Capodanno e Dichiarazione dei Redditi, ormai c’è anche l’annuncio di nuovi massimi raggiunti dalle temperature. Non ci facciamo più caso. Forse perché non ci chiediamo cosa significa davvero.
Si chiama PPRD-Med ed è un coordinamento di protezione civile nell’area euro per la prevenzione del rischio di catastrofi, la preparazione e la risposta agli eventi estremi a livello subregionale e regionale.
In Italia, la Torre di Babele sembriamo trovarla nell’incomunicabilità fra il PNRR da un lato e le siccità e le alluvioni dall’altro. Cosa ancora ci serve toccare con mano prima di crederci?
Cosa dice e cosa non dice l’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) delle Nazioni Unite.
Dopo circa 20 anni di negoziati è stato raggiunto da una significativa maggioranza di Paesi membri delle Nazioni Unite un accordo per proteggere gli oceani e la biodiversità. Un passo storico, ecco perché.
Il negoziato climatico è circondato dallo scetticismo verso un’umanità incapace di rinunciare a immediate comodità anche a costo di correre verso il disastro. Eppure, la sfida del buco nella fascia di ozono sembra raccontare una storia diversa. Le due cose sono connesse in molti modi. Perché non ci riusciamo?
Il duello tra immediatisti e transizionisti alla ricerca di soluzioni climatiche e la contrapposizione tra colpevolisti e gli efficientisti su chi dovrebbe pagare il conto del cambiamento allontanano dalle soluzioni.
Da Davos arriva forte il messaggio che per cambiare le cose serve il contributo di tutti. Il cambio di passo è importante. E se la crisi climatica ci stesse facendo diventare adulti?
Prigionieri dell’urgenza del momento, davvero non sembriamo capaci di pensare su un orizzonte più vasto e di tracciare i nessi che risolvono i problemi alla radice.
Ecologica o sostenibile? La strada per il cambiamento e la salvaguardia del Pianeta è aperta. Ma la partita va giocata tutti insieme.
Luci e ombre di quella che doveva essere la COP del millennio, decisiva per salvare il Pianeta. Forse era troppo presto per rivoltare il sistema ma si sono tre novità fondamentali.
COP26 è un vertice critico per il futuro del clima: ce la faremo a tenere l’aumento medio di temperatura entro 1,5 gradi centigradi? Dipende tutto dagli NDC.
Dopo la dichiarazione dei ministri competenti di 42 Stati dell’Unione del Mediterraneo ora ci sono obiettivi chiari per salvare un patrimonio che ha 7000 anni di storia e valori condivisi.
Via al Congresso mondiale dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura che chiede il supporto di tutti. Quali sono le sfide per il Pianeta.
Il Decennio Onu per il ripristino dell’ecosistema (2021-2030) dà a tutti di l’opportunità di costruire una nuova forma sociale ed economica dove la natura riprende il suo posto.
Il Decennio Onu per il ripristino dell’ecosistema (2021-2030) è appena cominciato ed è una tappa cruciale per la comunità internazionale. Prima di fare è bene correggere gli errori.
Nel nostro mare la temperatura media rispetto all’era pre industriale è aumentata di 1,5 gradi e il riscaldamento procede del 20% più rapidamente rispetto alla media globale. Con quali conseguenze?
Il Forum dove convergono e si rappresentano in pubblico i maggiori interessi economici e finanziari del mondo non disdegna il termine “cataclisma”. La scienza è stata finalmente capita?
Non si sente quell’aria che precede le scadenze epocali e il 2021 rischia di passare per un anno anonimo, salvo per il vaccino contro COVID-19 se tutto va bene. Eppure è un anno cruciale.
Mettersi in gioco in prima persona è il primo grande proposito di cambiamento per un nuovo anno cruciale , il 2020, per il Pianeta che chiede a tutti noi un aiuto.
La fiducia nella tecnologia per pulire i mari è fondata, ma diventa pericolosa se induce l’idea che il nostro modo di vivere possa continuare inalterato. Ecco perché.
Cambiamenti climatici, mercato del lavoro e ecomafie sono i temi del Festival di Internazionale di Ferrara in collaborazione con Gruppo Unipol e Unipolis.
La foresta dell'Amazzonia brucia: non è una novità, in media negli ultimi decenni si è sottratto all’ecosistema locale che più nutre e stabilizza l’ecosistema globale l’equivalente annuale della superficie lombarda. Perché ora è diverso.
La natura chiede semplicemente un uomo ragionevole al posto di quello “economico” veramente razionale, che sa come fare per massimizzare la propria soddisfazione.
Si moltiplicano gli studi che individuano l’Apocalisse. Perché è discutibile fissare un orizzonte temporale e cosa possiamo fare subito.
Qualcosa di promettente sta succedendo: con o senza Greta Thunberg, l'uomo econimico si sta accorgendo che il clima è un problema serio e che riguarda ognuno di noi.
L’idea che salvaguardare l’ecosistema comporti dei costi pesanti e un impoverimento generale è sbagliata. I comportamenti che tutelano la natura a livello individuale, familiare, locale, di impresa, nazionale e globale creano ricchezza e benessere.
L’aumento della temperatura del nostro mare mina agricoltura e pesca. Il gioco però è più grande e riguarda l’identità e l’unità dell’Europa e una relazione costruttiva con il più naturale ambito di internazionalizzazione dell’economia italiana, l’Africa.
Negli Usa si fa strada il Green New Deal basandosi sul dato che un ambiente in salute distribuisca benefici economici. In questa prospettiva il nostro Paese sarebbe avvantaggiato dalla sua ricchezza paesaggistica, culturale e storica.
La finanza è stata considerata per molto tempo il nemico agli occhi del mondo attento al bene comune, all’ambiente, ai diritti umani, alla giustizia distributiva e molto altro. Ora tutto è cambiato ed il sostenibile conviene.
Dalla Cop 21 di Parigi a Cop 24 in Polonia sono trascorsi tre anni e i progressi per invertire i danni climatici sono insufficienti. Eppure, investire nel sostenibile conviene.
Nessun componente dell’equilibrio terrestre è più a rischio nell’era del riscaldamento globale: eppure è una catastrofe che ci lascia indifferenti.
L’interdipendenza fra il benessere dell’umanità e la salute della natura sono al centro dell'ecologia integrale e al centro dell'Agenda 2030. Perché degrado ambientale, povertà, fenomeni migratori di massa non sono sfide distinte.
Vittime dimenticate, protagonisti trascurati, i bambini sono il seme per costruire un futuro libero dall'energia da combustibili fossili, in favore di fonti rinnovabili, alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile.
L’uscita degli Stati Unit dall’accordo di Parigi apre nuovi scenari geopolitici, ambientali ed economici. Cinque punti chiave per capire cosa cambierà.
Alla Cop 22 di Marrakech, 196 Stati hanno deciso di definire entro dicembre 2018 il regolamento per l'attuazione dell'Accordo di Parigi 2015 sul clima. Grammenos Mastrojeni spiega a Changes cosa possiamo fare prima.