Green generation: il clima è dei bambini

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Green generation: il clima è dei bambini

Vittime dimenticate, protagonisti trascurati, i bambini sono il seme per costruire un futuro libero dall'energia da combustibili fossili, in favore di fonti rinnovabili, alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile.

Vittime dimenticate, protagonisti trascurati, i bambini sono il seme per costruire un futuro libero dall’energia da combustibili fossili, in favore di fonti rinnovabili, alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile.

Sarà forse una freudiana rimozione che ci impedisce di affrontare una nostra atroce responsabilità e dire la verità a chi ha più diritto di saperla, la vittima designata? Fra tanto parlare di un pianeta “preso in prestito dalle future generazioni”, chi ha il coraggio di dire ai nostri figli che lasciamo a loro una biosfera sull’orlo del collasso? Che la nostra inerzia e ingordigia forse li priverà finanche del cibo necessario per sopravvivere?

Non è solo una minaccia per il futuro. Si è parlato di clima ed energia, produzione, trasporto. Poi lo sguardo si è aperto e iniziamo ad affrontare aspetti più umani e fondamentali del riscaldamento globale: clima e migrazioni, terre, fame, salute, uguaglianza di genere. E’ un grande progresso, ma di loro – delle vittime più inermi e insieme degli unici possibili protagonisti di una necessaria inversione di rotta – si parla ancora pochissimo.

Eppure, oltre mezzo miliardo di bambini vivono in aree colpite da continue inondazioni e quasi 160 milioni di bambini vivono in zone che soffrono di siccità elevata o estrema. La loro sopravvivenza e qualità di vita risentono pesantemente delle condizioni climatiche, che spesso li spingono a lavorare, per far fronte all’impoverimento della famiglia, e a migrare. Questo fenomeno attualmente costringe oltre 83 milioni di bambini in tutto il mondo a rischiare la propria incolumità fisica ogni giorno e li condanna a un futuro di povertà ed esclusione sociale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 26% dei 6,6 milioni di decessi annuali di bambini sotto i cinque anni siano collegati a condizioni e cause connesse all’ambiente. L’inquinamento e il degrado ambientale hanno gravi conseguenze sui bambini, non solo in termini di tassi di mortalità, ma anche per il loro futuro di persone.

Abbiamo circa un decennio per evitare che il cambiamento climatico assuma un andamento catastrofico: chi siede sui banchi di scuola oggi – se ha questa fortuna – non può fare molto per evitarlo e le responsabilità epocali che ne deriveranno gravano tutte sulle spalle degli adulti di oggi. Ma loro, i bambini, si sono messi in moto. E’ successo negli Stati Uniti e di recente anche da noi, in Europa: 9 bambini e ragazzi tra i 5 e i 18 anni stanno citando gli Stati a Strasburgo, davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, perché un clima impazzito li priva di molti dei loro diritti fondamentali e minaccia le loro stesse vite. Pochi casi, ma segnalano l’ansia e il coraggio di prendere in mano il proprio futuro se noi falliremo. In questo dobbiamo aiutarli.

I bambini di oggi forse non faranno in tempo a guidare un’inversione di rotta; ma in qualunque scenario, dovranno viverla ed è necessario prepararli. E’ il minimo che dobbiamo loro. Ma prepararli a cosa? A combattere per accaparrarsi risorse sempre più scarse? Ne faremmo i protagonisti della loro stessa e definitiva rovina. Il più temibile scenario socio-economico sul clima esaminato finora viene definito “business as usual”: in pratica, ci sono molte probabilità di creare la catastrofe se noi umani continuiamo ad agire come sempre, “business as usual”, come se il problema non esistesse. Ma il temuto “business as usual” diventa un’ipotesi idilliaca e del tutto ottimista se inseriamo nei modelli un’umanità in lotta: un nefasto ciclo cumulativo di condotte irresponsabili rischia di mettersi in moto nella sfera umana in parallelo al disastro crescente nella biosfera, con le due dinamiche distruttive che si alimentano a vicenda. Infatti, cambiamenti climatici severi porteranno a rapidi spostamenti delle risorse disponibili, comprese quelle più basilari come l’acqua, i terreni coltivabili e abitabili, il cibo.

Si apriranno allora delle competizioni e degli accaparramenti, delle sacche di instabilità e povertà violenta, ondate migratorie di portata inedita. In queste condizioni, l’unica risposta umana possibile per contenere il riscaldamento – ovvero quella multinazionale, cooperativa, e concertata – diverrebbe sempre più difficile da attuare. Uno scenario in cui il conflitto imperversa sullo sfondo di un clima impazzito, in cui l’umanità si bombarda invece di impegnarsi unita per ridurre le emissioni, in cui mors tua diventa vita mea, non ha ancora una quantificazione in gradi centigradi, ma non è quello che vogliamo lasciare ai nostri figli.

Insegniamo invece ai nostri figli la verità più profonda che ci consegna Madre Terra: tutti assieme, se costruiamo la giustizia, possiamo cambiare rotta. Il pianeta può dare abbondanza anche ai temuti 9 miliardi di abitanti, se solo questa è accessibile a tutti. Insegniamo a coltivare gli orti, a camminare in montagna; mostriamo compassione per ogni essere vivente. Soprattutto, spieghiamo che la natura non è un limite alla ricchezza ma che invece è incompatibile con la ricchezza ingiusta. Forse è necessario lo spettro di un pianeta che collasso per costringerci a insegnare ai bambini ciò che avremmo dovuto insegnare da sempre.​

È​ Vice Segretario Generale per l’Energia e l’Azione Climatica dell’Unione del Mediterraneo. È​ un diplomatico italiano ed è stato coordinatore per l'eco-sostenibilità della Cooperazione allo Sviluppo. È stato delegato alle Nazioni Unite, console in Brasile, consigliere politico a Parigi e, alla Farnesina, responsabile dei rapporti con la stampa straniera e direttore del sito internet del Ministero degli Esteri. Da una ventina d'anni concentra la sua attenzione sui cambiamenti climatici. Nel 2009 la Ottawa University in Canada gli ha affidato il primo insegnamento attivato da un'università sulla questione ambiente, risorse, conflitti e risoluzione dei conflitti. Collabora da tempo con il Climate Reality Project, fondato dal premio Nobel per la pace Al Gore.