Clima e donne: quando le vittime sono la soluzione

Environment


Clima e donne: quando le vittime sono la soluzione

Combattere la crisi climatica è anche una questione di genere. Non è una questione ideologica e i dati quantitativi certificano una realtà che spesso non si vuole vedere.

Cambiamenti climatici e donne: «come i cavoli a merenda» direbbe qualcuno, con l’impressione che legare la crisi del clima alla vulnerabilità di genere sia solo dovuto al fatto che molto spesso, ideologicamente, quelli che professano ambientalismo sono poi anche pacifisti e femministi. Ma i dati non hanno nessuna ideologia. Risalgono al 2017 i primi riscontri quantitativi che certificano una realtà comunque intuibile.

Vulnerabilità di genere

Nel rapporto “La dimensione di genere della giustizia climatica”, commissionato dal Parlamento europeo, emerge come uomini e donne sono colpiti diversamente dal cambiamento climatico soprattutto in aree con condizioni socioeconomiche difficili. L’analisi realizzata dal Parlamento europeo evidenzia i molti modi in cui la disuguaglianza di genere rende il cambiamento climatico più difficile da sopportare per le donne. E se la politica è sospetta, meno lo sono i medici che – l’articolo intitolato Anticipated impacts of climate change on women’s health: A background primer è del 2022sottolineano come le donne saranno maggiormente colpite dai cambiamenti climatici rispetto agli uomini e quelle in gravidanza saranno particolarmente vulnerabili. Gli specifici impatti differenziali sulle donne includono maggiore morbilità e mortalità legate al caldo e al particolato, rischi di gravidanza tra cui il parto pretermine e il ritardo della crescita fetale, disturbi ipertensivi e impatti sulla salute mentale. Gli autori della review, che lavorano in Dipartimenti di ostetricia e ginecologia, sostengono che, come provider di cure, i loro sforzi possono combaciare con quelli diretti alla lotta ai cambiamenti climatici.

Se poi ai medici aggiungiamo i climatologi – compresi quelli dell’IPCC – l’odore d’ideologia svanisce del tutto e si scorge la cruda verità: secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change, infatti, i cambiamenti climatici avranno fortissimi impatti sulle donne, che sono considerate una delle categorie più vulnerabili proprio perché proporzionalmente più dipendenti dalle risorse naturali pericolosamente minacciate. I dati contenuti nei report della Global Gender and Climate Alliance evidenziano che l’80% degli sfollati a causa dei cambiamenti climatici è donna. Donne e bambini inoltre hanno 14 volte più probabilità degli uomini di morire durante un disastro. Questo perché le donne rappresentano un’alta percentuale all’interno delle comunità, in particolare nelle aree rurali dove sono loro a doversi occupare del rifornimento di acqua e cibo per tutto il nucleo familiare, spesso camminando per chilometri e chilometri ogni giorno.

Agente di giustizia sociale

Ma le donne hanno una forza di cambiamento tutta loro che, ora che siamo vicini al collasso climatico, non possiamo permetterci di trascurare. Partiamo da un dato, un altro: la maggior parte dei piccoli agricoltori a livello mondiale è costituita da donne (50-80%) e questa realtà sembra riguardare soprattutto i paesi poveri come sembra che la particolare fragilità femminile sia una tragedia di quelle comunità rurali. Ma non è così: a livello globale, indipendentemente dal livello di reddito, le diverse culture tendono a consegnare alle donne la cura e l’organizzazione quotidiana dello spazio in cui viviamo e produciamo. Dalla casa ai campi, passando per le città e gli uffici, sono soprattutto le donne a detenere la cura concreta degli spazi e ad anticipare i cambiamenti utili: quanto sia più prezioso un parco invece di un parcheggio è anzitutto intuito e poi promosso da una madre.

Non è poco, perché la soluzione della crisi climatica – sia per ridurre le emissioni che per adattarci agli impatti ormai inevitabili – risiede meno nelle innovazioni tecnologiche o energetiche, e molto di più in un uso intelligente dei nostri territori. Se poi si aggiunge che in questa prevalente funzione di indirizzo sullo spazio in cui viviamo, la donna è in prima linea anche nella cura dei più deboli – bambini, anziani, esclusi a vario titolo – di cui si fa difesa e agente di protezione, esse diventano agente moltiplicatore di soluzioni e di giustizia. Più di una diga di cemento per proteggere le coste dalle tempeste servono le mangrovie, basta osservare la natura per capirlo. E basta guardarci intorno per capire che più dei pannelli solari ci serve aprire spazi, ruoli e decisioni a chi, obbiettivamente, fa di più e ne sa di più.

È​ Vice Segretario Generale per l’Energia e l’Azione Climatica dell’Unione del Mediterraneo. È​ un diplomatico italiano ed è stato coordinatore per l'eco-sostenibilità della Cooperazione allo Sviluppo. È stato delegato alle Nazioni Unite, console in Brasile, consigliere politico a Parigi e, alla Farnesina, responsabile dei rapporti con la stampa straniera e direttore del sito internet del Ministero degli Esteri. Da una ventina d'anni concentra la sua attenzione sui cambiamenti climatici. Nel 2009 la Ottawa University in Canada gli ha affidato il primo insegnamento attivato da un'università sulla questione ambiente, risorse, conflitti e risoluzione dei conflitti. Collabora da tempo con il Climate Reality Project, fondato dal premio Nobel per la pace Al Gore.