Clima: ora o mai più

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Clima: ora o mai più

Cosa dice e cosa non dice l’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) delle Nazioni Unite.

Il 20 marzo 2023 è stato reso pubblico l’ultimo elemento del sesto Rapporto di sintesi del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) delle Nazioni Unite (ONU) che valuta andamento, effetti e soluzioni della crisi climatica: uffa, ancora? E con tutta questa fanfara, con addirittura il Segretario Generale dell’ONU a sottolinearlo? Ma come? È vero o sono opinioni? Lo stesso giorno il fisico Franco Prodi spiegava bene su Libero – accanto a diverse voci più o meno economiche che smascheravano “l’isteria ecologista” dell’Europa – che la siccità non dipende dal clima. Ci sono quindi opinioni diverse.

È anzitutto necessario sapere di cosa si tratta, cosa sono i rapporti dell’IPCC: sono il condensato di tutta la scienza ufficiale, comprovata, disponibile a livello globale; non una voce fra tante. E cos´è un Rapporto di sintesi? L’IPCC parla sempre più spesso: lo fa perché la situazione si aggrava e per dare indicazioni su aspetti differenti di questa grande sfida, per cui è necessario mettere ordine e rendere complessivamente comprensibile tutto il messaggio degli scienziati che appunto hanno pubblicato una ricerca che sintetizza quelle svolte dallo stesso IPCC tra il 2015 e il 2023, il sesto ciclo di indagini dell’organizzazione dal 1988.

E questo, in sintesi ci ha detto il 20 marzo la scienza unita:

  • più di un secolo di combustione di fossili, nonché di uso del suolo e sfruttamento di risorse diseguali e insostenibili ha portato a un riscaldamento globale di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali; ciò sta già causando eventi atmosferici estremi e violenti più frequenti e più intensi che hanno causato impatti sempre più pericolosi sulla natura e sulle persone in ogni regione del mondo;
  • alcune conseguenze non possiamo più evitarle e dovremo fare i conti con loro o – come si dice tecnicamente – adattarci; ad esempio, l’innalzamento del livello del mare, uno degli effetti del riscaldamento globale e una possibile fonte di disastri ecologici e umanitari, è “inevitabile per i prossimi secoli o millenni e il livello medio del mare salirà tra i 2 e i 3 metri se il riscaldamento globale sarà limitato a 1,5 gradi, e raggiungerà tra i 2 e i 6 metri se non supererà i 2 gradi;
  • è molto più razionale e meno costoso limitare il cambiamento climatico adesso che non agire in seguito per affrontarne le conseguenze;
  • ma la buona notizia è che abbiamo mezzi sia economicamente che tecnicamente sufficienti per limitare il livello di riscaldamento anche a 1,5°C, e la transizione è anche una grande opportunità per nuove imprese e crescita economica.

Cosa non può prevedere la scienza

Tutto questo, all’ombra di un monito più generale della scienza: dobbiamo agire subito, altrimenti si oltrepassano delle soglie per cui l’intero sistema si autoriscalda rapidamente con scenari davvero incompatibili con un’umanità in pacifico e ordinato progresso. Alla cerimonia di presentazione, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha esortato i leader dei Paesi sviluppati a impegnarsi a essere carbon neutral entro il 2040, ovvero, ha chiesto che le loro emissioni di gas serra ad effetto serra siano contrastate dall’assorbimento naturale. “Questo può essere raggiunto, alcuni hanno già fissato il 2035 come obiettivo e anche i paesi delle economie emergenti devono impegnarsi a raggiungere emissioni nette zero entro il 2050”, ha aggiunto.

La scienza è chiara. Ma questa scienza non è completa perché – sebbene l’IPCC stia integrando sempre di più lo sguardo sociologico ed economico – si basa sull’esame del sistema biofisico terrestre nei diversi scenari di emissioni, considerando come ipotesi peggiore il business as usual, ovvero che nulla cambi. Ma questo è uno scenario irrealistico perché se nulla cambia, in realtà cambia tutto: le comunità più fragili si stanno già disgregando sotto il peso dei cambiamenti climatici e questo apre la strada a disorganizzazione, conflitti, migrazioni. Questo è uno scenario molto peggiore del business as usual, pieno di tragedie umane e naturali, in cui sarà impossibile accordarsi per salvare la natura, e in cui le emissioni di gas serra schizzeranno oltre ogni limite. La guerra, dovremmo ricordarcene in questi giorni, oltre a tutti i suoi orrori per l’umanità è un supplizio per l’ecosistema. Ma questo scenario gli scienziati possono solo temerlo e non quantificarlo.

È​ Vice Segretario Generale per l’Energia e l’Azione Climatica dell’Unione del Mediterraneo. È​ un diplomatico italiano ed è stato coordinatore per l'eco-sostenibilità della Cooperazione allo Sviluppo. È stato delegato alle Nazioni Unite, console in Brasile, consigliere politico a Parigi e, alla Farnesina, responsabile dei rapporti con la stampa straniera e direttore del sito internet del Ministero degli Esteri. Da una ventina d'anni concentra la sua attenzione sui cambiamenti climatici. Nel 2009 la Ottawa University in Canada gli ha affidato il primo insegnamento attivato da un'università sulla questione ambiente, risorse, conflitti e risoluzione dei conflitti. Collabora da tempo con il Climate Reality Project, fondato dal premio Nobel per la pace Al Gore.