Laudate Deum: insistere per il futuro

Environment


Laudate Deum: insistere per il futuro

Cosa contiene l’Esortazione apostolica di Papa Francesco sulla crisi climatica che aggiorna l’enciclica Laudato si’ del 2015 e che il Pontefice indirizza “a tutte le persone di buona volontà”.

Battere il chiodo finché il ferro è caldo e ancor di più se si raffredda. Da poco è stata pubblicata Laudate Deum, l’Esortazione apostolica di Papa Francesco sulla crisi climatica, che aggiorna l’enciclica Laudato si’ del 2015, e che il Pontefice indirizza «a tutte le persone di buona volontà». Il documento è uscito non a caso il 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi patrono dell’ambiente e oggi, a pochi giorni, sono moltissime le buone sintesi che se ne trovano; e anche io – in un classico commento – dovrei fare lo stesso: ma queste sintesi sapranno parlare alla nostra buona volontà? Questa è la vera posta in gioco.

Prendo allora un rischio e – pur consapevole che dei miei stati d’animo non gliene importa niente a nessuno – vorrei raccontarvi la Laudate Deum per come tutta questa storia l’ho vissuta io, giungendo oggi a chiedermi se ci rimangono delle chance. Partiamo da due punti fermi. Anzitutto, rispetto al 2015, in materia di clima, lo sviluppo più importante è che si evoca ormai senza timore la nostra vicinanza alla soglia di catastrofe globale, mentre gli impatti del clima impazzito che prima erano osservabili solo con misurazioni scientifiche, sono diventati parte di quello che ognuno ha visto coi propri occhi o ha addirittura subito in prima persona. Anche così – il secondo punto fermo – se vi aspettavate nuove eclatanti rivelazioni scientifiche, inedite prospettive, rispetto alla Laudato Sì rimarrete delusi. Il valore della nuova Esortazione apostolica è nella continuità. L’unica grande novità, appunto, più politica che scientifica, è che anche Papa Francesco, dopo il Segretario generale dell’ONU Guterres, non esita a dire le cose come stanno: una verità urlata dalla scienza da decenni, ma che ha condannato chi la illustrava – dati alla mano – alla gogna, all’infame accusa di “catastrofista”. Purtroppo, avevano ragione, e dopo Guterres che parla di un passaggio «dal riscaldamento all’ebollizione globale», anche la Laudate Deum riconosce che «forse ci stiamo avvicinando a un punto di rottura». La coincidenza temporale non è casuale, e in questo parallelo fra San Pietro e il Palazzo di Vetro si inserisce il mio racconto.

Ricordo ancora con emozione un giorno di luglio 2015 in cui, nella Sala del Consiglio Economico e Sociale dell’ONU a New York, il Cardinale Turkson – oggi cancelliere della Pontificia accademia delle scienze e della Pontificia accademia delle scienze sociali – illustrò la Laudato Sì; quasi contemporaneamente era stata divulgata la versione definitiva dell’Agenda 2030, il programma di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Ascoltandolo pensai, “evvai, ci siamo!”, finalmente si comincia a camminare su due gambe. La Laudato Sì e l’Agenda 2030, ciascuna nella propria prospettiva, sono sorelle: entrambe, a scavare nel profondo, fanno la stessa cosa. Entrambe intimano di abbandonare l’illusione che il nostro uso dissennato del pianeta si risolva con nuove tecnologie e rivelano invece che è una questione di giustizia, impegno personale con buona volontà, e di comprensione di cosa fonda il vero benessere e la vera dignità dell’umano in armonia con la creazione. L’Agenda 2030 parla ai tecnici, ai politici, agli scienziati e agli economisti sottolineando che gli obbiettivi di un buono sviluppo sono sinergici e non in contrasto reciproco, spiegando su basi scientifiche al politico e all’imprenditore che non c’è bisogno di guerre, prevaricazioni e sfruttamento irrecuperabile delle risorse per svilupparsi; che non si è dei “fessi”, anzi si diventa persino più ricchi a valorizzare i lavoratori, proteggere la società, eliminare le diseguaglianze e ad assecondare la natura. L’Enciclica parla al profondo di tutti noi – cittadini, imprenditori, politici – evocando un’ecologia di reciproca appartenenza integrale. Ma dicono entrambe la stessa cosa e, a guardare bene, chi fa il mio lavoro sa che tutto questo vuol dire che il nostro futuro è una questione di conversione – laica o religiosa che sia – e non di pannelli solari; una conversione in cui fede e intelligenza – o il più basilare buon senso – si incontrano.

Ho quindi davvero sperato quando, nel 2015, le due gambe, i due linguaggi complementari di un buon futuro possibile si sono ricongiunti. E ho provato ammirazione per un Pontefice che osa rompere gli schemi per venire in soccorso a una politica il cui linguaggio non può raccontare tutta la storia. Ma oggi, con qualche progresso promettente accanto a indici che preludono al collasso globale, giunge un’esortazione – un riproviamoci, aprite gli occhi! Non c’è più tempo! – convertiamoci. E ringrazio per la caparbia un anziano forse deluso, ma che non si arrende. E mette, invece, in discussione tutta la mia vita, il cuore di cemento e il cervello di latta di tutti noi che non abbiamo saputo ascoltare in nessuna lingua. Ma dove siete persone di buona volontà? Svegliatevi! Ma vi rendete conto che ci stiamo giocando tutto? Questa è la Laudate Deum.

È​ Vice Segretario Generale per l’Energia e l’Azione Climatica dell’Unione del Mediterraneo. È​ un diplomatico italiano ed è stato coordinatore per l'eco-sostenibilità della Cooperazione allo Sviluppo. È stato delegato alle Nazioni Unite, console in Brasile, consigliere politico a Parigi e, alla Farnesina, responsabile dei rapporti con la stampa straniera e direttore del sito internet del Ministero degli Esteri. Da una ventina d'anni concentra la sua attenzione sui cambiamenti climatici. Nel 2009 la Ottawa University in Canada gli ha affidato il primo insegnamento attivato da un'università sulla questione ambiente, risorse, conflitti e risoluzione dei conflitti. Collabora da tempo con il Climate Reality Project, fondato dal premio Nobel per la pace Al Gore.