Adattarsi al clima: le città cambiano colore
Le aree urbane risentono più delle aree rurali del surriscaldamento globale. Il cosiddetto “effetto isola di calore” può aumentare le temperature di 4-5 gradi centigr
Il Forum dove convergono e si rappresentano in pubblico i maggiori interessi economici e finanziari del mondo non disdegna il termine “cataclisma”. La scienza è stata finalmente capita?
Chi, come me, per decenni ha cercato di far capire l’enorme minaccia legata al clima, conosceva bene una trappola orchestrata ad arte dai gruppi che vedevano nella mobilitazione per l’ambiente una minaccia ai loro interessi: l’accusa di “catastrofismo”( come vedremo anche Davos parlerà del clima ). La scienza conosce la verità da un secolo: già agli inizi del ‘900 si rinvengono articoli sulla stampa generale per metterci in guardia. E già da decenni si sa con certezza che gli impatti di un clima reso turbolento da un enorme introito di energia solare nel sistema non saranno graduali: oltre una certa soglia, la destabilizzazione assume un andamento esponenziale, e si mettono in moto retroazioni che autoaccelerano il riscaldamento. Tecnicamente si parla di “impatti non lineari”, per dire che le cause si vanno accumulando nell’ombra ma, passate certe soglie, le conseguenze ci precipitano addosso improvvisamente e in misura massiccia e devastante, specie se – pur sapendo – rimaniamo a guardare. Non tecnicamente, da oltre cinquant’anni sappiamo che ci stiamo cucinando una catastrofe di dimensioni epocali.
Ma non si poteva dire, era Tabù! Solo a provare a illustrare la verità scattava la trappola e lo scienziato si vedeva accostato ai calendari Maya, Nostradamus e compagnia: un’arma di delegittimazione facile e codarda, tanto più subdola poiché fa leva sulla naturale e disfunzionale propensione umana a rimuovere gli scenari problematici. Il danno così prodotto è stato enorme, ad esempio obbligando il Panel di climatologi delle Nazioni Unite – il famoso IPCC – a calibrare arzigogolati linguaggi per edulcorare la realtà con termini corretti ma un tono diverso da quello della minacciosa verità, che ha ritardato misure urgenti ed essenziali.
Eppure da decenni non c’è dubbio: CA-TA-STRO-FE! In un articolo come questo dovrei spiegare, o rispiegare, perché e come oso dire che non c’era dubbio. Ma è venuto il momento di mettersi in gioco tutti, direttamente, per il nostro futuro e quindi verificare di persona: aprirei una simbolica competizione – purtroppo non ho un premio per il vincitore – a chi fra i lettori di Changes trova sul web l’articolo più datato che esce con la ricerca “clima permafrost”, o con le parole “clima corrente del Golfo”. Da quanti decenni sappiamo cosa ci aspetta? E se si vuole un drammatico quadro dell’accelerazione prevista se rimaniamo inerti – con l’avvio in parallelo di ben 13 cicli di autoriscaldamento del pianeta – consiglio caldamente di cercare sulla rete “hothouse Earth” (la Terra forno).
Ma qualcosa è successo, i più insospettabili hanno rotto il tabù. Non i movimenti ambientalisti, non i circoli social-utopisti e neanche il congresso annuale di magia e divinazione, bensì il Forum di Davos l’ha fatto sul proprio sito web con un post del 19 gennaio intitolato Climate change will be sudden and cataclysmic. We need to act fast. Vi si parla di Permafrost, che fondendosi in seguito all’effetto serra rilascia CO2 e metano in atmosfera potenzialmente in misura tale da far aumentare da solo la temperatura globale di 3 gradi e oltre. Di Corrente del Golfo: se si blocca a causa di un cambiamento di salinità del Nord Atlantico dovuto allo scioglimento dei ghiacci, paradossalmente il riscaldamento globale potrebbe portare a una glaciazione in Europa. Così il Foro ove convergono e si rappresentano in pubblico i maggiori interessi economici e finanziari del mondo non disdegna il termine “cataclisma”. La scienza è stata finalmente capita? Anche, ma soprattutto si è compreso che proteggere il nostro futuro non danneggia il nostro presente. Non c’è bisogno di temere la decarbonizzazione, l’agricoltura diffusa e naturale, la protezione della biodiversità, la salvaguardia della fascia d’ozono come vincoli alla nostra capacità di generare ricchezza, intoppi per lo sviluppo e grane per le imprese; né come limiti che rovineranno la qualità e il conforto delle nostre vite. Proprio il contrario: l’unica possibilità di vedere le economie tornare a crescere è investire in un nuovo paradigma sostenibile. Solo un Green Deal planetario potrebbe scatenare un nuovo ciclo espansivo globale di benessere e… tanti, tanti soldi: le due cose non sono incompatibili.
Anche Davos ci sta, in realtà da oltre un decennio sia pur con un linguaggio finora più moderato; anche la finanza, anche l’industria e persino – poco a poco – il settore dei combustibili fossili: ammettiamolo, il rischio concreto è quello di una catastrofe. La scienza l’aveva già capito da tempo; ma ora hanno compreso che non occorre temerla perché abbiamo tutto da guadagnare adesso e in futuro a proteggere casa nostra. E ci sto anch’io, magari da qualche anno in più, assieme a tanti compagni di strada, urlatori ostinati dei luoghi più diversi, incrociati in Amazzonia o al Palazzo di Vetro. È vero, come Nostradamus siamo catastrofisti, abbiamo una dannata paura per i nostri figli. Ma a differenza di Nostradamus non proclamiamo la fine ineluttabile, proprio il contrario: svegliamoci e diamoci da fare, c’è una catastrofe da scongiurare.