Personal branding: costruire un’identità che sia anche relazione

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Personal branding: costruire un’identità che sia anche relazione

Non ci sono regole per diventare un influencer o una voce di riferimento online. L’unica formula che conosco è essere coerenti e ha molto a che fare con il purpose. Vi spiego perché.

«Nicolò, ma come hai fatto a diventare una LinkedIn Top Voice?» Una domanda che mi hanno fatto spessissimo negli ultimi mesi – su LinkedIn, su Instagram, al bar a Bari, in università a Venezia, nei co-working in Sri Lanka. Insomma, ovunque. La mia risposta, che lascia follower, amici, studenti e colleghi intrappolati in un groviglio di domande, che provo sempre a sciogliere in un secondo momento nel corso della conversazione, è: «Con un po’ di coerenza».

Cos’è il personal branding

Proprio come faccio con chi mi pone quella domanda, ora vi spiego cosa intendo. Il termine “coerenza”, dal latino cohaerēre (“stare unito insieme”), oggi significa:

  • «costanza logica o affettiva nel pensiero e nelle azioni»
  • oppure «intima connessione e interdipendenza di parti».

Quando parliamo di personal branding cos’è, questo concetto acquisisce entrambe le accezioni.
Il personal branding, infatti, è il modo in cui decidiamo di raccontarci: un processo strategico attraverso cui comunichiamo chi siamo, cosa facciamo e quali sono i nostri valori.

Il personal branding significato, quindi, non si riduce a marketing personale: è la costruzione intenzionale della nostra reputazione attraverso messaggi autentici e coerenti, su più canali.

Perché è importante costruire un personal brand autentico

L’immagine che vogliamo comunicare di noi stessi, che sia per lavoro, per consolidare una posizione di esperti o di leader di pensiero, deve essere sempre in linea con un purpose e dei valori chiari.

Questo vale per i brand aziendali, certo. Ma a differenza delle aziende, nel personal branding: «la mela non può cadere troppo lontano dall’albero» (concedetemi la storpiatura).

Non possiamo fingere di essere qualcun altro. Dobbiamo rimanere costanti nel pensiero e nelle azioni.

Essere costanti nelle azioni significa continuare a raccontarsi anche:

  • se i risultati non arrivano subito
  • se “utente X” ci lascia un commento negativo su LinkedIn
  • oppure se parliamo di leadership e poi non siamo coerenti nel team o in un colloquio.

Ma la costanza non basta. Serve anche connessione e interdipendenza su tutti i canali – online e offline – dove costruiamo il nostro personal brand.

Tempo fa ho letto un articolo di un imprenditore che esaltava l’empatia sul lavoro. Poche settimane dopo, lo stesso autore pubblicava su LinkedIn un post che ne metteva in dubbio l’utilità. Ecco, questo non è un errore di comunicazione, ma un pessimo esempio di connessione.

Esempi di personal branding che funzionano

Per capire come tradurre questi principi nella pratica, guardiamo alcuni esempi di personal branding ben costruiti:

  • Barack Obama: il suo tono calmo, empatico e autorevole è rimasto coerente sia durante la presidenza sia nei suoi progetti successivi (libri, podcast, eventi). Il suo personal brand trasmette valori forti: leadership, inclusione, visione.
  • Alessandro Barbero: senza troppi fronzoli digitali, ha costruito un brand da intellettuale accessibile. Ogni apparizione, podcast, o lezione su YouTube rafforza la sua identità: storico competente, narratore brillante, capace di parlare a tutti.
  • Alessandro Baricco: scrittore e fondatore della Scuola Holden, Baricco ha costruito un personal brand raffinato e colto, ma accessibile, combinando letteratura, storytelling e didattica. La sua immagine è coerente nei libri, negli eventi pubblici e nei progetti culturali.

Tutti questi profili, seppur diversi, hanno un punto in comune: sono coerenti, autentici, e trasmettono con chiarezza il loro purpose. Ecco perché funzionano.

Il personal branding: la guida

Costruire un personal brand efficace non è solo questione di “essere online” o pubblicare contenuti a caso. È un processo intenzionale, che richiede tempo, costanza e strategia.
Ma da dove si comincia, concretamente?

Questa guida nasce proprio per aiutarti a fare i primi passi nel modo giusto. Non servono grandi budget o un team di marketing al tuo fianco. Serve solo chiarezza, un pizzico di metodo e tanta coerenza, dentro e fuori dal web.

Definisci un purpose e dei valori chiari

Prendi un foglio e una penna, oppure apri un file Word o Excel. Inizia rispondendo a queste domande fondamentali:

  • A cosa tengo di più?
  • Quali sono i miei valori?
  • Cosa voglio che la gente sappia di me?
  • Cosa mi rende speciale?
  • Cosa posso offrire agli altri?

Tieni sempre a mente il tuo pubblico di riferimento e ricorda di rimanere coerente nel tempo. Per esempio, se sei un fotografo, il risultato di questa riflessione potrebbe essere: «Catturo l’essenza della bellezza e dell’emozione attraverso l’obiettivo, trasformando momenti ordinari in opere d’arte che ispirano e connettono le persone». Una frase perfetta anche come bio su LinkedIn.

Scegli i canali dove vuoi iniziare a raccontarti

Il secondo step riguarda i canali. I social media sono il luogo ideale per iniziare. Ma non serve essere ovunque: scegli bene a chi vuoi parlare.

  • Se sei un fotografo specializzato in cerimonie che vuole farsi conoscere da potenziali clienti: parti da Instagram.
  • Se sei un esperto di comunicazione alla ricerca di un nuovo lavoro: inizia da LinkedIn.

Se decidi di usare più di una piattaforma, connessione e interdipendenza devono essere sempre garantite. Le persone devono riconoscerti ovunque, nella tua brand identity.

Usa la tecnica dello storytelling

Per creare una relazione con il pubblico serve connessione emotiva. Il miglior modo per farlo è attraverso lo storytelling. Che significa, in pratica? Racconta la tua storia.

Il fotografo, ad esempio, può parlare:

  • di come ha iniziato
  • dei primi ostacoli
  • dello shooting con Carla e Francesco, la coppia che gli ha ricordato perché ama questo lavoro
  • oppure dare consigli per una foto di coppia perfetta, con un “hook” iniziale – proprio come questo articolo.

E potrebbe concludere con: «Prendete appunti se volete spaccare».

Creatività senza codice: dove l’IA non arriva

Oggi l’intelligenza artificiale può supportarci nel creare contenuti, ma non può sostituire la nostra esperienza umana. Nel personal branding, ciò che conta davvero è quello che ci rende unici: il nostro percorso, la nostra voce, i nostri valori.

*Articolo pubblicato il 26 agosto 2024 e sottoposto a successive revisioni

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Economista, consulente strategico e corporate trainer. Si è formato all’Università Bocconi di Milano e all’INSEAD di Fontainebleau, e ha girato il mondo per lavoro e per passione: Head of Business Development Unit di Finmeccanica in Russia, Senior Manager di McKinsey a Londra e Principal di AlphaBeta a Singapore, dove ha gestito progetti con aziende del calibro di Google, Uber e Microsoft. In precedenza, ha lavorato anche presso Goldman Sachs e le Nazioni Unite a New York. Tornato a Bari, ha fondato la Disal Consulting e si occupa di ricerca, consulenza, comunicazione e formazione per grandi aziende italiane (Ferrari e UniCredit), colossi digitali (Netflix e Amazon), istituzioni multilaterali (World Economic Forum) e governi nazionali (Francia, Cina e Germania). Insegna alla IE Business School di Madrid e alla Nanyang di Singapore, e dirige il Master in Digital Entrepreneurship presso H-Farm, dove cerca di trasmettere l’importanza dello storytelling per la riuscita di un progetto imprenditoriale. Dopo il successo del suo primo libro Flow Generation - manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili, ha pubblicato con Hoepli Phygital - il nuovo marketing tra fisico e digitale.