AI-first o human-last? Il futuro del lavoro

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Il rientro in città dopo la pausa estiva coincide con la ripresa di ritmi frenetici e porta a ripensare il valore del tempo. E se le nostre città fossero costruite per usarlo al meglio? Il dibattito è aperto e crescono le sperimentazioni basate sul modello della “Città da 15 minuti”.
l ritorno alla vita urbana dopo l’estate riporta con sé i soliti ritmi frenetici e la necessità di ripensare al valore del tempo. Ma cosa accadrebbe se le città fossero progettate per permetterci di usare al meglio ogni minuto della giornata? In molti guardano al modello della città 15 minuti come possibile risposta: un’idea che mette al centro la prossimità, l’accessibilità e il benessere quotidiano.
Il concetto di città dei 15 minuti nasce dall’idea che in un contesto urbano tutto ciò di cui una persona ha bisogno – lavoro, casa, scuola, salute, tempo libero – dovrebbe trovarsi a una distanza massima di 15 minuti a piedi o in bicicletta. Si tratta di una città di prossimità, in cui vivere diventa più semplice, sano e sostenibile.
A teorizzare per primo questa idea è stato Carlos Moreno, direttore scientifico della Sorbona di Parigi. Secondo Moreno, dobbiamo smettere di progettare città che puntano solo alla velocità e all’espansione, per iniziare a costruire città dove nulla è troppo lontano.
Ezio Manzini, professore onorario del Politecnico di Milano e presidente della rete DESIS, nel suo libro Abitare la prossimità – Idee per la città dei 15 minuti, parla di un modello non ancora pienamente applicato ma in fase di sperimentazione. L’obiettivo è semplice ma rivoluzionario: vivere in città dove tutto è a portata di mano.
Pensare la città in chiave di prossimità ha effetti positivi su più livelli. Tra i principali vantaggi della città dei 15 minuti troviamo:
Tuttavia, come in ogni trasformazione urbana, esistono anche criticità. Tra gli svantaggi della città dei 15 minuti, vi è il rischio di creare disparità tra quartieri ben progettati e altri dimenticati, oppure di alimentare gentrificazione in aree strategiche.
Perciò è importante riflettere in modo equilibrato su “vantaggi e svantaggi della città dei 15 minuti”, adottando un approccio pianificato e inclusivo.
Alcune città hanno già iniziato a sperimentare il modello delle città a 15 minuti con progetti concreti:
Questi esempi mostrano come la città dei 15 minuti non sia solo un’utopia, ma un obiettivo già in fase di realizzazione, con risultati tangibili sul benessere dei cittadini.
Le città del futuro dovranno essere più resilienti, sostenibili e inclusive, e il modello delle città a 15 minuti rappresenta una chiave strategica per raggiungere questi obiettivi.
Come afferma Ezio Manzini, nei contesti urbani premoderni tutto era per forza di cose vicino. Poi, con la modernità e l’urbanistica funzionale (pensiamo alla Ville Radieuse di Le Corbusier), sono nati i quartieri-dormitorio e le zone specializzate. Oggi, è urgente ripensare le città della vicinanza, perché le città della distanza generano stress, isolamento e inquinamento.
Secondo il rapporto Istat 2025, in Italia le famiglie composte da una sola persona superano ormai il 35% del totale; tra gli over 75, la percentuale raggiunge quasi il 40%. La solitudine urbana è in aumento. Dati Axa–Ipsos del 2025 indicano come quasi la metà degli italiani dica di sentirsi sola. il valore più alto tra i paesi europei coinvolti nella ricerca. Tornare a una città della prossimità vuol dire anche contrastare questi fenomeni, ristabilendo connessioni sociali e umane.
Durante il Covid-19, lo smart working, l’eCommerce e la didattica a distanza hanno portato all’estremo la società della distanza. Abbiamo vissuto in una “città della solitudine connessa”. Tuttavia, proprio la digitalizzazione ha anche reso possibile una riscoperta del vicinato: fenomeni come le social street hanno valorizzato la prossimità e le relazioni di quartiere.
Le smart city sono un’altra risposta alle esigenze della vita urbana. Come spiega Edoardo Croci, Osservatorio Smart City dell’Università Bocconi, la smart city non è solo tecnologia, ma anche ambiente e inclusione sociale. L’innovazione deve essere al servizio del benessere.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’occasione unica per ripensare le città. Secondo il Position Paper di Urban@it, circa il 60% delle risorse del PNRR potrebbe essere gestito dagli enti locali.
Il Prof. Croci sottolinea che il PNRR potrebbe affrontare problemi cruciali come inquinamento, disoccupazione e disuguaglianze urbane, ma solo se i fondi saranno usati per tradurre le idee in modelli urbani concreti. Secondo Manzini, serve una connessione più forte tra la progettazione urbana e i finanziamenti pubblici.
La città dei 15 minuti non è solo un’idea di mobilità o urbanistica, ma una visione integrata di benessere, relazioni e sostenibilità. Se realizzata con attenzione e inclusione, può rappresentare un nuovo paradigma per abitare le città del futuro.
Tag: Abitare spazi; Sostenibilità; Transizione ecologica; Città sostenibili; Mobilità; Innovazione.
*Articolo pubblicato a Settembre 2022 e sottoposto a successive revisioni