Micromobilità elettrica: una rivoluzione urbana tra benefici e rischi

Cos’è la micromobilità elettrica La micromobilità elettrica si definisce come l’insieme di mezzi di trasporto leggeri, compatti ed elettrici—come monopattini elettrici, bi
Con i creator abbiamo stipulato un patto con la nostra razionalità lasciandoci coinvolgere emotivamente per anni. Ora questo meccanismo è saltato ma siamo di nuovo pronti a credere in qualcosa di diverso.
Avete mai sentito parlare di sospensione dell’incredulità? Forse il termine non vi è familiare, ma l’esperienza sì. È quella dinamica mentale che ci consente di immergerci in una narrazione – cinematografica, teatrale o letteraria – accettandone la finzione per lasciarci coinvolgere emotivamente. Pensate a un film di 007, in cui James Bond esegue acrobazie impossibili, o a un grande classico romantico come Notting Hill: sappiamo che è tutto poco realistico, ma scegliamo di lasciarci trasportare.
Negli ultimi anni, questo stesso “patto narrativo” si è trasferito anche nel mondo dei social media, in particolare nel rapporto tra utenti e influencer. Il caso più emblematico? Chiara Ferragni. Per anni, milioni di follower hanno provato empatia davanti ai suoi momenti “vulnerabili” condivisi in video. Ma nel 2024, questo patto si è rotto.
Cos’è il deinfluencing? È un fenomeno social sempre più diffuso che si oppone all’eccesso di promozioni e all’invadenza della pubblicità nei contenuti personali. Il deinfluencing nasce come reazione all’influencer marketing tradizionale, basato su hype e consumo rapido. Chi pratica il deinfluencing – detto deinfluencer – incoraggia scelte più critiche e sostenibili, rifiutando la logica del “compra subito”.
A differenza dell’influencer marketing classico, il deinfluencing mette in discussione la cultura dell’apparenza e la spinta all’acquisto compulsivo. Più che dire cosa comprare, suggerisce cosa non comprare, spiegando il perché, e invitando le persone a riflettere sulle proprie decisioni di consumo.
Il deinfluencer trend è esploso soprattutto su TikTok e Instagram, dove creator di ogni tipo – dagli esperti di bellezza agli attivisti ambientali – pubblicano video in cui smontano i miti attorno a prodotti virali, spiegando che spesso non valgono il prezzo o non sono realmente necessari.
Un esempio chiaro è il caso del cosiddetto “pandoro gate”, che ha coinvolto Chiara Ferragni. Quando l’influencer ha pubblicato un video in lacrime definendo “un errore di comunicazione” il caso mediatico legato alla promozione del pandoro benefico, il pubblico ha reagito con scetticismo. Il tono non è più stato di empatia, ma di disillusione: un vero e proprio cortocircuito tra realtà e percezione.
Secondo Bonusfinder Italia, Ferragni ha perso circa 6.000 follower al giorno dopo il caso, per un totale di 200.000 solo nel mese di gennaio. È il sintomo di una trasformazione più ampia: il deinfluencer marketing si afferma come alternativa al modello tradizionale, promuovendo autenticità, coerenza e trasparenza.
Il deinfluencing riflette un cambiamento profondo nei comportamenti d’acquisto sui social media. Le nuove generazioni, in particolare, stanno sviluppando una maggiore consapevolezza verso il consumo. Il mantra è: meno hype, più senso critico. La sostenibilità, l’etica aziendale e la coerenza valoriale stanno diventando criteri fondamentali.
Se un tempo bastava un volto noto per spingere all’acquisto, oggi gli utenti vogliono sapere chi c’è dietro il prodotto, come viene realizzato, quali valori trasmette. Il rapporto tra social media e consumo si sta evolvendo verso una maggiore autenticità.
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Il caso Ferragni non ha segnato la fine dell’influencer marketing. Il mondo degli influencer in Italia vale circa 350 milioni di euro e dà lavoro a quasi 500mila persone, ma ha accelerato un cambiamento già in atto: le aziende non puntano più solo sui “big”, ma scelgono creator più piccoli, autentici e in linea con i propri valori. È l’ascesa dei micro e nano influencer: profili con pochi follower, ma una community altamente fidelizzata.
Pantene, per esempio, ha scelto di sostituire Chiara Ferragni con Havi Mond, una creator con 22mila follower ma molto seguita nella sua nicchia. Il passaggio da macro a micro è strategico: meno numeri, più impatto qualitativo.
Una ricerca di Maximilian Beichert rivela che i nano influencer (meno di 10.000 follower) generano un ritorno medio di oltre 1.000 dollari a fronte di un investimento minimo, spesso pari solo al valore dei prodotti offerti. Anche in ambito aziendale, questa strategia funziona: per un progetto di educazione finanziaria, scegliere creator esperti con 5.000 follower può portare risultati concreti in termini di awareness e conversion.
Il futuro è già qui: scegliere micro profili non significa rinunciare all’efficacia, ma investire nella coerenza e nella qualità della relazione con il pubblico. Come dice il proverbio, “nella botte piccola c’è il vino buono”.
*Articolo pubblicato a Dicembre 2024 e sottoposto a successive revisioni