Esiste l’empatia digitale?
Per parlare di empatia nell’era digitale ti racconto una cosa che mi è successa la settimana scorsa, anzi in realtà mi è successa tante volte e credo valga lo stesso per te. E
La tecnologia può aiutare chi ne è dipendente a limitarne l’uso e ad aumentare la consapevolezza. E comincia tutto in azienda.
La tecnologia può aiutare chi ne è dipendente a limitarne l’uso e ad aumentare la consapevolezza. Questo il senso del Digital Wellbeing di Google, lanciato qualche mese fa. Ma non è solo l’azienda di Mountain View a pensare al benessere digitale e non delle persone: in Italia sono tante le aziende che avviano iniziative in tal senso puntando sullo yoga e molto altro.
«La grande tecnologia dovrebbe aiutarti a migliorare la vita, non distrarti da essa». Ne siamo certi: questa cosa l’avrete pensata ogni volta che magari siete per strada con amici e vi arriva una telefonata di lavoro, quando state per fare un tuffo al mare e sentite le notifiche delle e-mail sullo smartphone (che vi siete dimenticati di silenziare). O quando avete da consegnare un lavoro urgente e l’unica soluzione per trovare la giusta concentrazione è mettere il cellulare in “modalità aereo”. Così da conservare la batteria e… salvare voi stessi.
Ma sarete curiosi di sapere che la frase iniziale in realtà non è nostra, ma campeggia su uno dei siti, o meglio, delle nuove iniziative di Google. Sotto l’etichetta di Digital Wellbeing, l’azienda di Mountain View ha avuto il coraggio di invertire la rotta o quantomeno provarci: usare la tecnologia stessa per garantire il benessere delle persone. L’annuncio è arrivato a maggio durante la conferenza annuale degli sviluppatori, la cosiddetta Google I/O. Quella, per intenderci, in cui the Big G ha lanciato anche Android P, la nuova versione di Gmail, di Google Maps e di Google News. Tutti servizi strautili, che sì ci hanno cambiato la vita, ma che spesso non ci aiutano a viverla a pieno: l’ago della bilancia, infatti, pende sempre più verso app, e-mail e chat, sempre meno per le esperienze fisiche e di relazione con altre persone. Tant’è che si sente sempre più spesso parlare di digital detox. E Google stessa l’ha confermato: il 70% dei suoi utenti vorrebbe che equilibro fosse la parola d’ordine.
In cosa consiste dunque Google Digital Wellbeing? Non solo tool e nuove funzioni, si parla di un progetto di ampio respiro che, tramite la tecnologia stessa, mira ad aiutare le persone a comprenderne meglio l’uso, a focalizzarsi su ciò che conta davvero, a disconnettersi quando necessario, a creare delle abitudini sane per se stessi ma anche per la propria famiglia.
Nel concreto, tra le funzioni che Google ha messo o metterà in campo a breve c’è l’app dashboard. A cosa serve? Al pari di quella di Analytics, fornisce una panoramica, ma in questo caso sull’attività digitale giornaliera dell’utente. In un sol colpo d’occhio, si potrà vedere il tempo che si passa su un’app, quante notifiche arrivano, in modo da potere decidere come utilizzare al meglio il proprio tempo. Obiettivo: in primis far prendere consapevolezza di quanto si resta connessi.
E cosa succede quando ci si accorge di avere passato per esempio troppo tempo a guardare le stories di Instagram, magari in una pausa dal lavoro? Google ha previsto una funzione che permette di impostare limiti di tempo e uso delle app (per il proprio benessere digitale) in orari specifici della giornata, in modo da tenere tutto sotto controllo. Quando si raggiunge il limite previsto, l’icona dell’app viene disattivata e questa non è più accessibile.
Ma non finisce qui, tra le novità c’è anche Shush: basterà capovolgere il telefono con lo schermo verso il basso – come si fa quando non si vogliono più distrazioni – per silenziare automaticamente chiamate e notifiche. Si evita così di andare sulle varie impostazioni e di essere distratti da una notifica di Whatsapp, per esempio, dimenticando che si stava invece per “chiudere tutto”.
Controllate ossessivamente il telefono prima di andare a letto perdendo così preziosi minuti o persino ore di sonno? Con Wind Down, la notte, il colore del telefono passerà a un filtro a luce blu o in scala di grigi. La scelta non è casuale: il primo colore riduce l’affaticamento degli occhi, la scala di grigi rende il telefono meno stimolante. Le novità, comunque, riguardano anche l’uso di Gmail con la possibilità di attivare le notifiche solo sulle e-mail davvero importanti o YouTube stesso con la possibilità di programmare il momento in cui bisogna allontanarsi dallo schermo. Solo per dirne alcune.
Queste le iniziative di Google, ma il problema del benessere digitale e non, riguarda anche e soprattutto le aziende. Passare ore e ore al computer, avere distrazioni con lo smartphone, non fare le pause necessarie, chiedere ai dipendenti più di quanto effettivamente riescono a sopportare, non aiuta la salute emotiva e psichica del lavoratore e di riflesso va a colpire anche la produttività. E se negli Stati Uniti si arriva persino a creare una nuova figura professionale, come il
Chief Happiness Officer, una sorta di manager della felicità che è un’evoluzione dell’HR manager tradizionale, anche in Italia sono diverse le iniziative in ottica benessere. Le Distillerie Branca hanno introdotto lo yoga coaching nel 2015, su richiesta del presidente Nicola Branca che da anni pratica la disciplina di origine indiana e la meditazione. Generali ha avviato nel 2017 il progetto “My Energy Journey”, programma sportivo quindicinale con incontri di mindfulness (yoga, tecniche di respirazione, pilates) e running e gli esempi potrebbero continuare con Talent Garden che ai coworker offre corsi di yoga ma anche di lingua inglese.
D’altra parte, «praticare yoga con regolarità può portare a una serie di benefici per il dipendente e di riflesso per l’azienda», asserisce Cristina Simone, insegnante di yoga certificata e consulente di social media e digital PR che ha avviato la pratica in diversi contesti aziendali. «Diversi studi dimostrano come riduca il burnout, i disturbi dell’umore e aumenti benessere e produttività. Una ricerca di McKinsey aggiunge che dopo 2 mesi di pratica, i dipendenti hanno un impegno del 30% in più». Tutto questo rientra nel benessere digitale.
Lo yoga poi influisce sulla riduzione dell’insonnia e anche sui dolori alla schiena. «Questo perché va ad agire sia sul piano fisico che psichico, oltre che spirituale», continua Simone «facendo sviluppare una maggiore consapevolezza del corpo e della mente grazie a posizioni (Asana) e respirazioni equilibrate. Il benessere che il dipendente sente si traduce in maggiore efficienza lavorativa e meno possibilità di stress. Di suo, l’azienda vede aumentare engagement, gioco di squadra e di conseguenza anche i risultati».
Influisce anche sulla dipendenza dal digitale perché «è un momento che dedichiamo a noi stessi, dal quale è bandito l’uso del telefono, anche in modalità vibrazione. Siamo soltanto noi, il corpo e la mente e sicuramente è un ottimo modo per lavorare in ottica di digital wellbeing».
Pensare al benessere dei dipendenti diventa ancora più determinante in aziende in cui la maggior parte dei dipendenti sono Millennials. Come è il caso di Webranking, agenzia di search marketing internazionale, in cui l’80% dei lavoratori è nato tra il 1980 e il 2000. «L’età media di fatto è 32 anni», ci dice Cecilia Magnani, HR director «pertanto, rispetto ad altre aziende, abbiamo una popolazione molto giovane ed è fondamentale che l’azienda sia attrattiva. I Millennials hanno esigenze diverse e in Webranking creiamo le condizioni migliori perché le persone possano lavorare con un certo approccio”. L’azienda ha una sede a Correggio, con un parco di 4mila quadrati con piscina, una a Milano vicino alla Stazione Centrale e una a Vancouver. Quella emiliana, in particolare, è la dimostrazione concreta di come anche l’ambiente di lavoro possa contribuire al benessere. «In Webranking ne siamo fermamente convinti e molti investimenti vanno in tal senso. C’è un ampio spazio all’esterno e le persone organizzano spesso riunioni in giardino, anzi per noi è abbastanza normale. Ci sono poi la piscina e la palestra che possono essere usate anche la sera, purché vengano rispettate le condizioni di sicurezza. Anche se in generale la gente preferisce la pausa pranzo».
Sempre a Correggio c’è una library, «uno spazio dove non ci sono né computer né monitor, ma dove le persone possono fermarsi, leggere un libro e prenderlo in prestito, rilassarsi e staccare la spina. A Milano, poi, ci sono la sala giochi e il teatro (quest’ultimo anche nella sede di LinkedIn, ndr), uno spazio in cui facciamo dei momenti di comunicazione o invitiamo persone esterne a parlare del loro lavoro. Momenti che sono fondamentali in tutte le sedi: una volta al mese vengono raccontate le novità o i progetti che si vogliono mettere in atto. Crediamo», continua l’HR director, «che anche la parte di comunicazione giochi un ruolo importante in ottica di benessere del dipendente: lo fa sentire parte di qualcosa».
L’azienda dà anche molta libertà ai dipendenti di proporre progetti. «In media ogni persona ha 100 ore di formazione l’anno, mezza giornata a settimana circa. C’è una parte di formazione cosiddetta ‘hard’ come tool specifici, analytics, ma raccogliamo anche le segnalazioni che vengono da chi lavora con noi. Questo vale per qualsiasi cosa venga considerata attinente e interessante: viene dato il tempo di provarla in azienda. E se i dipendenti propongono e organizzano una iniziativa come lo yoga nella sede di Milano, mettiamo a disposizione lo spazio».
Webranking non sta ancora mettendo in atto iniziative come quelle di Google, ma come dice ancora Magnani: «abbiamo da sempre una grande attenzione verso il work life balance. Stiamo sempre attenti che non ci sia un sovraccarico continuo e ripetuto su un team. Se è un picco momentaneo, lo tolleriamo, ma se è la normalità interveniamo inserendo altre persone o ricorrendo ad automatismi. Non vogliamo che ci sia uno squilibrio, puntiamo sul raggiungimento dell’obiettivo». E a dare ragione all’azienda c’è il fatto che ha ottenuto la certificazione “Great Place to Work” al primo anno di candidatura. Il benessere digitale arriva in azienda.