Vita interiore e intelligenza artificiale

Ormai usiamo chat GPT per qualsiasi cosa: chiedere consigli di itinerari per le vacanze, avere un supporto emotivo in caso di una giornata storta, ricevere spunti su come allenarci
Perché siamo sempre più chiusi in una insicura individualità che considera aperture solo per ricevere approvazione ovunque e da chiunque.
«Se ognuno di noi confessasse il suo desiderio più segreto, […] direbbe “Voglio essere elogiato”». Perché, rifletteva Emil Cioran ne La caduta del tempo, «nessuno è sicuro di ciò che è, né di ciò che fa», e, dunque, «non chiede che di essere ingannato, di ricevere approvazione ovunque e da chiunque». «La malattia è universale», concludeva lo scrittore nel 1963. Sessant’anni dopo, il quadro è persino peggiorato.
Viviamo in una società di connessioni continue, incontri e scontri costanti, eppure sempre più rinchiusi in un’individualità insicura, aperta solo per ricevere approvazione ovunque e da chiunque. A detta di innumerevoli studi di sociologia e psicopatologia, siamo immersi in un’epoca dove l’Altro è assente o falsamente presente. È l’epoca del narcisismo, una forma di narcisismo moderno, in cui l’individuo non cerca più solo conferme, ma pretende adorazione.
Il narcisismo è diventato uno dei temi centrali del dibattito culturale e psicologico contemporaneo. Ma cos’è, esattamente? È un tratto della personalità che può declinarsi in forme più o meno marcate, fino a sfociare in vere e proprie patologie. Il narcisismo è una malattia quando compromette in modo significativo la capacità di entrare in relazione autentica con gli altri.
Siamo di fronte a personalità dominate da una profonda insicurezza emotiva, dalla volontà di dominio, da un’ossessione per l’apparenza. Molti amici, ma nessun dialogo; molte relazioni, ma nessun legame; molte storie, ma nessun amore.
Il bisogno di essere approvati non è solo una pulsione narcisistica, ma una componente strutturale della psiche umana. Il problema nasce quando l’intero valore dell’identità personale si costruisce solo sullo sguardo dell’altro.
Nella società contemporanea, questa ricerca si è trasformata in una pretesa di adorazione, in cui ogni relazione è finalizzata all’auto-esaltazione. L’empatia è assente, e qualsiasi rifiuto diventa un’offesa insopportabile.
Il narcisismo moderno trova terreno fertile in un contesto culturale che premia l’immagine, l’ego digitale, la performance costante. I social media, in particolare, hanno amplificato il culto dell’io, rendendo la visibilità una forma di sopravvivenza simbolica.
Viviamo in un’epoca narcisista dove tutto è fluido, modellabile e adattabile all’esigenza individuale. L’altro non è più un soggetto, ma uno specchio riflettente da cui ricevere conferme. Quando ciò non accade, viene immediatamente sostituito.
Questa dinamica porta a una crescente distanza emotiva, a relazioni superficiali e a una difficoltà crescente nel connettersi autenticamente. Il narcisista si muove in un mondo popolato da persone-eco, incapaci di offrire reale opposizione o profondità.
Il risultato è l’isolamento: relazioni liquide, esperienze smaterializzate, una moltitudine di connessioni senza vera comunicazione.
Nell’epoca attuale, il narcisismo trionfa come valore dominante. L’identità si costruisce sull’apparenza, mentre la sostanza viene trascurata. L’io fragile e iper-esposto non tollera limiti, regole, strutture. Ogni relazione è funzionale al suo mantenimento.
Fantasie di successo illimitato, bisogno continuo di attenzione, incapacità di amare: questi sono i tratti ricorrenti di una personalità narcisistica oggi molto diffusa.
Il narcisista non chiede giudizio, ma adorazione. Pretende di essere visto, contemplato, elogiato. Ogni relazione è unidirezionale: l’altro esiste solo per ingrandire il suo ego.
Se non riceve ciò che desidera, svaluta immediatamente la persona che ha di fronte. È un meccanismo perfetto per mantenere la propria grandiosità.
Il narcisismo in amore produce dinamiche relazionali distruttive. Il partner viene idealizzato e poi svalutato. Le relazioni sono spesso sbilanciate, dominate dal bisogno di controllo e dalla mancanza di reciprocità. Ne derivano sofferenze profonde, relazioni instabili e cicli di dipendenza affettiva difficili da spezzare.
Narciso, racconta Ovidio nelle Metamorfosi, si innamora della sua immagine riflessa e finisce per affogare in sé stesso. È il simbolo di un’esistenza chiusa, incapace di conoscersi e di aprirsi all’Altro.
Il narcisista, incapace di introspezione, costruisce difese sempre più solide per evitare qualsiasi forma di autoconsapevolezza. I social media diventano uno scudo perfetto, un filtro che impedisce il confronto con la realtà.
Ovidio racconta anche la storia di Eco, la ninfa costretta a ripetere le parole degli altri. È l’immagine perfetta della persona che vive accanto a un narcisista: priva di voce, priva di identità, completamente dipendente.
Eco si consuma per amore, fino a diventare pietra. Una metafora della dipendenza affettiva, in cui la persona perde sé stessa pur di mantenere il legame.
I rapporti tossici con personalità narcisistiche sono spesso caratterizzati da manipolazione emotiva e da cicli disfunzionali. L’Altro viene attirato, idealizzato, consumato e poi rifiutato.
E quando l’eco non funziona più, viene sostituita: è la logica del consumo relazionale, dove nessuno è davvero insostituibile, ma tutti sono temporaneamente utili.
Siamo nella società del consumo anche delle persone. Le relazioni diventano usa e getta, specchi in cui vedere la propria immagine idealizzata, fino a quando non riflettono più ciò che vogliamo.
Il narcisista è un consumatore seriale, l’Eco una figura intercambiabile. Nessuno ha un valore in sé: l’importante è servire la funzione del riflesso.
Il mito di Narciso ed Eco, narrato da Ovidio, è una metafora che attraversa i secoli. Dalla letteratura alla psicanalisi, il narcisismo è stato studiato come espressione di una personalità che teme la verità e rifugge la profondità.
Oggi, parlare di narciso Ovidio o di malattia narcisismo significa guardare al nostro tempo e comprenderne le derive.
Uscire da queste dinamiche richiede rompere lo specchio. Solo accettando i propri limiti, la propria vulnerabilità, è possibile costruire relazioni autentiche.
Il primo passo è riappropriarsi della propria voce, come Eco, che alla fine sopravvive come suono. Ma quel suono deve diventare parola propria, non eco di un altro.
Nel trionfo dell’apparenza, il risultato finale è un vuoto generalizzato. Relazioni senza spessore, emozioni superficiali, identità fragili. L’assenza dell’Altro è l’assenza di sé stessi. Abbiamo bisogno di senso, di profondità, di verità. Non di ulteriori specchi.
*Articolo pubblicato il 9 agosto 2023 e sottoposto a successive revisioni