Verso la prossima pandemia

Avatar photo
Well being


Verso la prossima pandemia

Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità stilato con la Banca Mondiale, sono gli 17 agenti patogeni che hanno dato luogo a focolai che avrebbero potuto diventare epidemici e poi pandemici.

Il 25 marzo 2024 i test di laboratorio hanno confermato un’ipotesi che tutti speravano essere sbagliata: le mucche di un allevamento in Texas, che mostravano segni di sofferenza e avevano iniziato a produrre meno latte, erano state contagiate da un ceppo di influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità (Highly Pathogenic Avian Influenza o HPAI), arrivato a loro chissà come, probabilmente da qualche uccello selvatico. Una prima assoluta, anche per virus come quelli influenzali, dotati di un’estrema adattabilità agli animali più diversi e finora trovati in decine di specie, ma non nei bovini da latte.

Un campanello d’allarme globale per la sanità pubblica

La scoperta ha rappresentato molto di più di una grana per la filiera del latte, pur insidiosa viste le dimensioni del business in un paese come gli Stati Uniti: è stata un campanello d’allarme per le autorità sanitarie di tutto il mondo, che da tempo candidano i virus influenzali al poco invidiabile ruolo di più probabile agente responsabile della prossima pandemia. Il passaggio ai bovini da latte, avvenuto in una quindicina di Stati e in oltre quattrocento capi, pone infatti sfide del tutto inedite, visto che non si possono applicare misure analoghe a quelle messe in campo per il pollame come la soppressione di migliaia di animali, per evidenti motivi economici e logistici.

I rischi per i lavoratori e il potenziale spillover verso l’uomo

Intanto, mentre si organizza la reazione, sono già decine i casi di lavoratori di quegli allevamenti contagiati, anche se per nessuno di loro, finora, ci sono stati sintomi gravi. Per lo più, l’influenza si è manifestata con malessere e congiuntivite. Ma il punto è un altro, ed è probabilistico: la presenza di H5N1 in luoghi dove vivono sempre numerose specie animali a stretto contatto con l’uomo costituisce un rischio molto rilevante di rimescolamento genico, di adattamento di un virus zelig, bravissimo nel trovare modi per infettare nuove specie (cioè, fare uno spillover), che in qualsiasi momento potrebbe apprendere come infettare meglio e arrivare all’uomo in modo più efficiente, provocando una malattia più grave.

Le risposte (ancora insufficienti) delle autorità sanitarie

Che fare? Come evitare che questo virus faccia ciò che sa fare meglio? La risposta data dalle autorità sanitarie degli Stati Uniti è emblematica delle sfide che ci troviamo ad affrontare, e del fatto che, anche se abbiamo imparato qualcosa dal Covid, abbiamo trascurato o sottovalutato moltissimi altri aspetti cruciali e i sistemi sanitari sono ancora assai lontani dall’organizzare per tempo reazioni davvero efficaci. E questo anche se, in teoria, tutti sanno ciò che va fatto. E cioè: isolare gli allevamenti con i focolai, controllando tutti gli animali presenti quando sono vivi e non solo le carcasse, come si fa ora, in caso di dubbio. Analizzare il latte prima che arrivi sul mercato. Verificare i macchinari: H5N1 si trasmette attraverso il latte e la mungitura, e il fatto che il virus sia comparso in allevamenti distanti migliaia di chilometri suggerisce che sia stato trasportato sui camion. Sottoporre tutti i lavoratori a test specifici: secondo un’indagine recente, il 7% di loro sarebbe infetto, spesso senza sintomi, e per questo le cifre ufficiali sarebbero grandemente sottostimate. Vaccinare animali e umani: esistono già vaccini efficaci, ma si deve accelerare la produzione e migliorare la distribuzione e l’immunizzazione. Condividere i dati di sequenziamento con tutta la comunità scientifica internazionale meglio di quanto non si stia facendo, anche se questa è una delle poche cose che, dopo il Covid, funziona meglio. Invece, come hanno sottolineato più volte numerosi esperti, continuano a prevalere gli interessi di mercato rispetto a quelli della prevenzione, perché i primi sono troppo rilevanti. E ciò significa che ci sta giocando con il fuoco.

Nuovi spillover: H5N1 isolato anche nei suini

A fine 2024 H5N1 è stato isolato in alcuni suini deceduti nel giro di pochissime ore dai primi sintomi, in allevamenti dove era stato già isolato: un ulteriore spillover che va nella direzione delle previsioni, purtroppo.

Epidemie dimenticate: l’Mpox e la mancata lezione del Covid

La crisi dell’aviaria, però, non è l’unico caso degli ultimi mesi che dimostra come la comunità internazionale non abbia imparato granché dal Covid: è solo uno tra tanti. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), stilato con la banca Mondiale e presentato a Berlino nel 2024 ci sono stati 17 agenti patogeni che hanno dato luogo a focolai che avrebbero potuto diventare epidemici e poi pandemici, tra i quali, oltre all’aviaria, il cugino terribile di Ebola, Marburg, tuttora scatenato in alcuni paesi africani e, soprattutto, l’mpox, la cui diffusione in Africa e non solo sembra inarrestabile.

La diffusione dell’Mpox: povertà e disinteresse

Quella dell’mpox è un’altra vicenda esemplare, anche se per motivi diametralmente opposti rispetto a quelli dell’aviaria, riassumibili in due parole: povertà e disinteresse. Scoperto nel 1970 nella repubblica Democratica del Congo, il vaiolo delle scimmie o, come è stato rinominato (anche perché l’animale serbatoio sono i ratti), Mpox, è stato al centro di una prima epidemia nel 2022, con casi in tutto il mondo, compresa l’Europa e il Nord America. Le misure adottate allora lo avevano fatto tornare sotto controllo, ma quest’anno un altro ceppo, chiamato 1 (quello del 2022 era il 2b), si è rapidamente diffuso in una ventina di Paesi, non solo in Africa (per esempio, in Svezia, Thailandia, Germania, Norvegia e in Australia, paese che nell’agosto 2024 ha registrato il secondo numero più alto di casi al mondo), soprattutto a causa dei viaggi, uccidendo già più di mille persone.

L’allarme degli esperti e la mancanza di vaccinazioni

Nonostante gli accorati appelli degli infettivologi, che hanno più volte sottolineato come il rischio risieda nel fatto che, con l’aumento della circolazione contemporanea di più ceppi, il virus potrebbe mutare, diventare più contagioso e più mortale, la situazione continua a peggiorare. In Africa. l’incidenza è aumentata del 500% nell’ultimo anno. Il motivo è chiaro: anche se per l’OMS già da agosto si tratta di un’emergenza globale, e anche se esiste più di un vaccino specifico, non si sta vaccinando. A fine 2024 era stato promesso poco meno di un milione di dosi da distribuire in otto Paesi africani oltre alla Repubblica Democratica del Congo, la nazione più colpita: una quantità irrisoria, visto che secondo le stime ne servirebbero almeno dieci milioni per una prima copertura dei soggetti più a rischio.

Sorveglianza insufficiente e rischio di nuove mutazioni

Intanto, la sorveglianza è insufficiente e le diagnosi sono ancora più lacunose. A eccezione di Paesi quali la Nigeria, poi, non sono state adottate neppure misure per gestire il consumo di carne selvatica, che secondo diversi studi costituisce un fattore di trasmissione rilevante, da tenere presente, oltre a quello dei contatti interpersonali. Anche da questo punto di vista, dunque, il Covid non ha lasciato tracce, e quasi nulla sembra essere cambiato.

Mancanza di farmaci e prospettive future

Contro l’Mpox non esistono farmaci specifici e, anche se si ricorre ad alcuni approvati per altre forme di vaiolo, l’”armamentario” farmacologico è più che carente. Le crisi dell’aviaria e dell’Mpox sono in evoluzione continua, per ragioni e in condizioni diametralmente opposte, mentre il mondo è distratto e non si preoccupa granché di adottare le misure necessarie. Fino al prossimo spillover, o al prossimo riarrangiamento genico.

*Articolo pubblicato su Changes Futuri

Avatar photo

È una giornalista scientifica e una scrittrice con un passato da ricercatrice e un dottorato in farmacologia. Oggi collabora con i principali gruppi editoriali italiani (GEDI, Il Sole 24 Ore) e con diversi siti (Il Tascabile, Lucy, Ilfattoalimentare.it e altri) e svizzeri (assediobianco.ch e Ticonoscienza.ch) su temi inerenti alla salute, l'alimentazione, la sostenibilità, la scienza e la promozione della cultura scientifica. Tiene lezioni e partecipa a trasmissioni radiofoniche e televisive, incontri e podcast. Il suo ultimo libro è Alzheimer spa – Storie di errori e omissioni dietro la cura che non c’è (Bollati Boringhieri, 2024).