Perché non possiamo fare a meno di Taiwan
Una storiella americana – quasi una leggenda metropolitana perché di difficile attribuzione – racconta di una grande impresa manifatturiera, probabilmente una cartiera di Chic
Internet e le App sono un alleato prezioso contro le disuguaglianze sociali. Changes celebra la Giornata Internazionale delle persone con disabilità con le storie dell’impegno tecnologico per i disabili.
Internet e le App sono un alleato prezioso contro le disuguaglianze sociali. Changes celebra la Giornata Internazionale delle persone con disabilità con le storie dell’impegno tecnologico per i disabili.
Sono circa 4 milioni e 360 mila, vivono prevalentemente nel Mezzogiorno e 2 milioni e 600 mila di loro sono over 65 anni. Sono i numeri delle persone disabili in Italia, diffusi nel 2018 dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane. Una fotografia sfuocata di un fenomeno di difficile determinazione, basti pensare che nel 2013 l’ISTAT stimava in ben 13 milioni e 177 mila le persone portatrici di qualche disabilità nel nostro paese.
Alla loro inclusione sociale è dedicata la Giornata Internazionale proclamata ogni anno il 3 dicembre dall’ONU. In Europa i numeri della Commissione di Bruxelles descrivono una situazione in cui solo il 48% dei disabili è occupato (il tasso generale Eurostat è del 72,2%) e ben il 70% di loro versa in condizione di povertà o deve affrontare problematiche fisiche, economiche o sociali.
Inclusione sociale significa pari condizione di istruzione, di accesso al lavoro e di godere equamente dei diritti di cittadinanza. Ostacoli fisici, sociali, economici e culturali diventano spesso vere e proprie barriere. Per abbattere le barriere della disabilità un prezioso aiuto può arrivare proprio dalla tecnologia. Scuola, lavoro, mobilità, sono tanti gli ambiti in cui la digitalizzazione delle nostre vite può favorire l’inclusione del disabile.
Tutto nasce e passa dal web, che con il suo universalismo connette punti lontani nello spazio e nel tempo. Da anni si parla di Web Usability, la capacità di utilizzare con facilità il contenuto del web da parte dell’utente. «La forza del Web sta nella sua universalità. L’accesso da parte di chiunque, indipendentemente dalle disabilità, ne è un aspetto essenziale». Sono parole del padre di internet Tim Berners-Lee, ritenuto assieme a Robert Cailliau il co-inventore del World Wide Web.
Tim Barners-Lee è a capo del World Wide Web Consortium, che nel 1997 ha lanciato la Web Accessibility Initiative (WAI), per promuovere l’accessibilità del web. Dagli strumenti di e-government, all’e-commerce, alle reti social, internet è un mondo che può davvero aprire prospettive di inclusione altissime per i disabili. «Il digitale consente alle diversità umane di esprimere le proprie potenzialità» ha detto a Changes il presidente di FIABA Giuseppe Trieste, «ma occorre superare il digital divide. Sono ancora troppi i limiti geografici, anagrafici e culturali che impediscono all’intera popolazione e alle persone con disabilità di utilizzare con pari opportunità le varie tecnologie».
Sulle potenzialità del web, sull’Intelligenza Artificiale e sui Big Data hanno puntato da tempo i protagonisti della cosiddetta App Economy. Migliaia di start up sono proliferate negli ultimi anni per offrire strumenti digitali per l’inclusione sociale del disabile.
E-reader e assistenti vocali sono utilizzati in programmi ad hoc per non vedenti. È il caso di Horus, della startup Eyra, un dispositivo wearable, che attraverso sistemi di intelligenza artificiale, permette ai non vedenti e ipovedenti di leggere testi, riconoscere fotogrammi, utilizzando occhiali ricaricabili senza connessione internet.
Diversi dispositivi hanno poi permesso ai non udenti di vedere i film al cinema. Moviereading è un vero e proprio database di sottotitoli in diverse lingue, che sfrutta il microfono dello smartphone per sincronizzarsi con il film in visione e far scorrere le scritte in tempo con il susseguirsi delle scene.
Per i sordi è nata nel 2013 Pedius che in 9 paesi al mondo tramuta in voce i messaggi scritti dall’utente, consentendo così un autonomo utilizzo del telefono anche per le persone con difficoltà uditive. «Da anni lavoriamo per rendere accessibili alle persone sorde i servizi telefonici pubblici e privati. E stiamo lavorando per rendere il nostro sistema un servizio di welfare aziendale», ha detto il founder di Pedius, Lorenzo Di Ciaccio. Geolocalizzazione e crowdsourcing sono invece gli strumenti su cui punta l’app Kimap, della startup fiorentina Kinoa. «Kimap è una sorta di navigatore» ha spiegato a Lapo Cecconi, CEO di Kinoa. «Un dispositivo installato sulle carrozzine riesce a rilevare gli ostacoli nelle varie vie cittadine e poi il sistema usa i big data e la geo-localizzazione per mappare i percorsi, aggiornabili dall’utente in tempo reale». L’app è stata presentata nel corso della giornata “Generazione UNICA” svoltasi il 26 novembre presso la sede della Corporate academy del Gruppo Unipol da sempre impegnato in questo ambito come dimostrano l’inclusion day dell’11 settembre o l’hackathon dell’8-9 novembre.
App e tecnologie digitali si applicano anche sui banchi di scuola, attraverso giochi multisensoriali, lavagne interattive, strumenti di realtà virtuale che aiutano gli alunni con bisogni educativi speciali a inserirsi nei percorsi di apprendimento.
Un mondo ricco di opportunità, che per essere colto deve necessariamente passare dalla formazione del corpo-docente. A scuola da anni si parla di Universal Design for Learning, un approccio psico-pedagogico che affronta le sfide della valorizzazione delle diversità, dell’educazione inclusiva e l’uso critico delle tecnologie.
Il passaggio dalla teoria alla pratica è tuttavia problematico, visti i tanti deficit strutturali della nostra scuola: nel 2019, secondo i dati del MIUR, a fronte di un aumento degli studenti disabili non vi è stato un proporzionale aumento dei docenti di sostegno, tanto che in Italia il rapporto rimane troppo alto (1,72 alunno a docente).
Uscendo dalle aule scolastiche e ritornando sul mercato digitale, dietro l’angolo permane un nuovo rischio. Ad allertarci è sempre Giuseppe Trieste di FIABA: «I servizi, come gli spazi di lavoro e delle città non devono essere pensati per i disabili, ma per tutti. Progettare app, servizi e tecnologie solo per i disabili può favorire nuove discriminazioni e costruire sistemi con mercati esigui e di scarsa profittabilità economica». E in un settore digitale che non può precludere dall’aspetto economico e di business questo potrebbe rappresentare una ulteriore, nuova e inaspettata barriera, difficile da valicare.