Ci innamoreremo di intelligenze artificiali?

Risponde l’intelligenza artificiale L’idea di provare sentimenti autentici per un’entità artificiale, un tempo relegata alla fantascienza (da Her di Spike Jonze a Ex Machina
L’inclusione digitale è una sfida urgente: il digital divide non è solo tecnologico, ma riguarda equità, accessibilità e partecipazione alla vita online.
Internet e le app sono oggi alleati preziosi contro le disuguaglianze sociali. Se usate in modo consapevole, le tecnologie digitali possono colmare distanze, offrire opportunità e garantire diritti. Tuttavia, esistono ancora importanti divari da superare: culturali, economici, infrastrutturali e, soprattutto, legati all’accessibilità digitale. In Italia, oltre 4,3 milioni di persone con disabilità – concentrate prevalentemente nel Mezzogiorno e in larga parte over 65 – affrontano quotidianamente barriere fisiche e virtuali.
Per rendere davvero inclusiva la società digitale serve un impegno collettivo, tra pubblico e privato, per progettare piattaforme accessibili, promuovere la cittadinanza digitale e garantire pari opportunità a tutti, senza lasciare nessuno indietro.
Il concetto di digital divide si è evoluto. Oggi non riguarda solo l’accesso fisico alla rete o la disponibilità di dispositivi, ma include anche le competenze digitali, l’accessibilità dei contenuti e la capacità di partecipare attivamente alla società connessa. In questo contesto, il digital divide per le persone con disabilità diventa particolarmente critico: limiti tecnologici, design non inclusivo e scarsa alfabetizzazione digitale possono trasformarsi in vere e proprie barriere alla partecipazione.
Come afferma Tim Berners-Lee, il padre del web: “La forza del Web sta nella sua universalità. L’accesso da parte di chiunque, indipendentemente dalle disabilità, ne è un aspetto essenziale”. Superare questo divario non è solo una questione tecnica, ma una sfida sociale e culturale che coinvolge tutti. Scopri di più sulla società dei poli opposti
Inclusione nel web significa garantire a ogni cittadino, a prescindere da condizione sociale o disabilità, la possibilità di accedere, comprendere e utilizzare in modo autonomo le tecnologie digitali. L’inclusività digitale è un obiettivo chiave per una società giusta, in cui i diritti si esercitano anche attraverso il digitale: dall’istruzione al lavoro, fino ai servizi sanitari e pubblici.
Come sottolinea Giuseppe Trieste, presidente di FIABA, «il digitale consente alle diversità umane di esprimere le proprie potenzialità, ma occorre superare il digital divide». Un web realmente universale è quello progettato per tutti, che abbatte barriere anziché crearne, e che considera l’accessibilità un diritto, non un optional. Leggi anche: come essere phygital
Dietro l’apparente neutralità della tecnologia si nascondono spesso barriere invisibili: interfacce non leggibili da screen reader, moduli online impossibili da compilare senza mouse, video senza sottotitoli o didascalie. A ciò si aggiungono bassi livelli di alfabetizzazione digitale tra le fasce più anziane e fragili della popolazione, nonché una copertura infrastrutturale ancora insufficiente in molte aree del Paese.
Il risultato è che milioni di cittadini rischiano di essere esclusi dalla partecipazione digitale, con conseguenze su istruzione, lavoro e accesso ai servizi fondamentali.
Negli ultimi anni, la App Economy ha aperto nuove strade per l’inclusione. Start-up e imprese innovative stanno sviluppando tecnologie intelligenti che migliorano l’autonomia e la qualità della vita delle persone con disabilità.
Alcuni esempi virtuosi:
Queste soluzioni dimostrano che inclusione digitale e innovazione possono andare di pari passo, soprattutto quando il design è pensato per tutti.
Molti attori – pubblici e privati – stanno contribuendo a ridurre il digital divide attraverso progetti mirati. Il World Wide Web Consortium (W3C), con la Web Accessibility Initiative (WAI), promuove da anni standard tecnici per rendere il web fruibile a tutti.
Parallelamente, le istituzioni stanno investendo in piattaforme accessibili, servizi pubblici digitali più semplici e formazione digitale per cittadini e imprese. Anche grandi aziende si stanno muovendo in questa direzione, sviluppando strumenti user-friendly e lanciando hackathon e giornate di sensibilizzazione come quelle promosse dal Gruppo Unipol, da sempre attento a questi temi.
Tuttavia, è fondamentale evitare che la progettazione digitale si rivolga solo alle persone con disabilità, come avverte ancora Trieste: «Servizi e tecnologie non devono essere pensati per i disabili, ma per tutti». L’universal design è la chiave per evitare nuove esclusioni.
La scuola è il primo spazio dove l’inclusione digitale può diventare realtà. Lavagne interattive, giochi multisensoriali, realtà virtuale: sono strumenti che, se ben utilizzati, possono facilitare l’apprendimento di alunni con bisogni educativi speciali.
L’approccio dell’Universal Design for Learning (UDL), adottato in molte scuole, mira a costruire ambienti di apprendimento flessibili, capaci di valorizzare la diversità e favorire l’autonomia. Tuttavia, restano forti limiti: mancano investimenti, formazione adeguata del corpo docente e un numero sufficiente di insegnanti di sostegno. Il risultato è che molte opportunità restano inespresse.
Colmare il divario digitale in ambito scolastico significa investire nel futuro, non solo dei singoli studenti, ma dell’intera società.
L’accessibilità digitale è il fondamento di una società davvero inclusiva. Superare il digital divide, soprattutto per le persone con disabilità, non è più rimandabile. Servono tecnologie inclusive, politiche coraggiose e una cultura del progetto centrata sulla persona.
Il digitale, se ben utilizzato, può essere lo strumento più potente per abbattere le disuguaglianze e costruire un futuro aperto a tutti. Perché i diritti, oggi, passano anche attraverso uno schermo accessibile.
*Articolo pubblicato a dicembre 2019 e sottoposto a successive revisioni