L’amicizia non è un like
Quanti amici hai? Ma soprattutto: con “amici” cosa intendi? Nell’epoca in cui viviamo non è una domanda banale. Dal 2004, anno in cui è nato Facebook seguito da Instagram f
Tra nuove e vecchie regole, questa formula ha un beneficio sociale evidente, garantendo una mobilità individuale efficiente alternativa al trasporto pubblico. Restano ancora tanti problemi di sicurezza.
La micromobilità si riferisce alla circolazione di persone utilizzando mezzi di trasporto leggeri e compatti, come monopattini, biciclette, scooter o hoverboard elettrici. Questi mezzi sono pensati per essere utilizzati per spostamenti brevi all’interno delle città, contribuendo a ridurre l’inquinamento e il traffico urbano. La micromobilità non è certo una novità di questi ultimi anni: la bicicletta ha una lunga storia come mezzo di trasporto, risalente a diversi secoli fa.
La bicicletta cominciò ad essere impiegata su larga scala come mezzo di trasporto diffuso a partire dal XIX secolo, con lo sviluppo della bicicletta moderna con pedali e catena. In quegli anni, divenne sempre più popolare come mezzo di trasporto nelle città e nelle aree rurali, offrendo un modo economico e pratico per spostarsi. Negli ultimi decenni, la bicicletta ha acquisito ancora più importanza come mezzo di trasporto sostenibile e salutare.
Negli ultimi anni si è però assistito ad una rivoluzione, promossa dall’elettrificazione: sono nati molti altri mezzi di trasporto individuale, resi possibili dal fatto che non era più necessario che la forma motrice fosse fornita dal trasportato stesso.
Si parla quindi di micromobilità elettrica, che viene realizzata da una molteplicità di veicoli:
L’elettrificazione ha anche permesso un rinnovato sviluppo della sharing micromobility, mobilità condivisa. La possibilità cioè di disporre di un mezzo per spostarsi per brevi tratti, ad un costo molto contenuto. Inizialmente questa si è sviluppata solo con le biciclette. Queste però, per esigenze operative (massima robustezza, nessun interesse a rubarle, anche solo parti di esse) devono essere piuttosto pesanti e, quindi, piuttosto faticose nel loro utilizzo.
L’elettrificazione è stata introdotta anche in questo settore, permettendo la condivisione di mezzi diversi dalla bicicletta, monopattini e scooter elettrici. Rispetto al classico car sharing l’utilizzo di veicoli più leggeri permette costi (per chi offre il servizio e per chi ne usufruisce) sensibilmente inferiori e di adottare più facilmente soluzioni cosiddette “free floating”: il veicolo viene preso laddove disponibile e lasciato alla destinazione, non in stalli predefiniti.
Nel Settimo rapporto nazionale sulla sharing mobility rilasciato a ottobre 2023 troviamo che per quanto riguarda la micromobilità, il numero di viaggi effettuati utilizzando servizi di bikesharing, scootersharing e monopattino-sharing nel 2022 ha superato i 43 milioni, pari all’87% del totale del vehiclesharing (che comprende anche le auto), per un totale di 112 milioni di km percorsi, cioè il 57% delle percorrenze totali, ovviamente le percorrenze in media sono inferiori rispetto al car sharing.
In crescita i dati dei noleggi dei singoli servizi rispetto al 2021, che vanno dal +108% del bikesharing free-floating, al più 42% dello scootersharing, passando per i monopattini e il bikesharing station-based che rispettivamente segnano un +39% e un +24%. Guardando all’offerta dei 21 nuovi servizi attivati in Italia nel 2022, ben 16 sono servizi di micromobilità. Non da meno il dato sulle flotte, dove la quota della micromobilità sul totale arriva al 95%, cioè 107 mila veicoli leggeri, poco ingombranti ed elettrici che permettono ai cittadini di spostarsi in maniera più veloce nel crescente traffico urbano e contribuiscono a una maggiore sostenibilità.
Le biciclette a pedalata assistita sono assimilate alle biciclette se:
Se la bicicletta ha invece un vero e proprio acceleratore, indipendente dall’azionamento dei pedali, il veicolo viene considerato uno scooter con i relativi obblighi (casco ed assicurazione), e può raggiungere una velocità di 45 Km/h (laddove possibile, cioè non nelle zone pedonali)
Al fine di ridurre i rischi per i conducenti dei monopattini, sono previste regole specifiche nell’attuale codice della strada per questi. I conducenti quindi:
I monopattini possono circolare:
I monopattini non possono circolare:
Recentemente si stanno introducendo nuove modifiche come l’obbligo di targa ed assicurazione e l’obbligo del casco per tutti. Sanzioni sono previste anche per chi abbandona il mezzo creando intralci a veicoli o pedoni (“sosta selvaggia”).
Sull’obbligo del casco per motocicli, scooter, monopattini e biciclette elettriche (non a pedalata assistita) c’è un generale accordo: il loro utilizzo deve essere reso obbligatorio, dati i rischi e l’importante beneficio che il casco offre per limitare le conseguenze più gravi degli incidenti. Ma questo non è anche vero per le biciclette tradizionali, a pedali o con assistenza elettrica? In questo caso nasce però un dilemma, che ha frenato fino ad oggi una legislazione in questo senso. Il dilemma nasce dal fatto che l’obbligo del casco, con le relative sanzioni, potrebbe portare ad una riduzione nell’utilizzo della bicicletta: ciclisti insofferenti all’utilizzo del casco potrebbero passare ad altri mezzi di trasporto, auto o trasporto pubblico, ad esempio. Oppure spingerli ad usare scooter elettrici o monopattini, visto che comunque diventa necessario indossare un casco.
Diminuirebbe quindi l’esercizio fisico per queste persone: minore esercizio fisico significa anche maggiori rischi di obesità, rischi cardiocircolatori e così via. La vita media diminuirebbe. Diversi studi hanno quindi messo in evidenza come il beneficio del casco obbligatorio sulle biciclette potrebbe avere si vantaggi (minori conseguenze degli incidenti) ma anche effetti negativi (abbassamento vita media) che potrebbero avere impatti più importanti. Per questo motivo l’utilizzo del casco per le biciclette rimane fortemente consigliato, ma non obbligatorio.
Sinora si è solo parlato delle micromobilità delle persone, ma in città è necessario anche spostare merci, e molto spesso un furgone, anche se elettrico, ha dimensioni spropositate rispetto alla quantità di merce presente a bordo. Un mezzo molto più piccolo potrebbe essere più adeguato e potrebbe anche spostarsi più facilmente in aree fortemente pedonalizzate, come i centri urbani delle nostre città. Ci sono quindi molte aziende che offrono prodotti chiamati cargo-bike, biciclette elettriche o a pedalata assistita, dotati di vani “importanti” per il trasporto di merci. Posso essere a due o tre ruote.
Uno dei problemi che rendono la micromobilità difficile a diffondersi è la sicurezza. Muovendosi in mezzo al traffico stradale biciclette e monopattini sono molto vulnerabili se coinvolti in incidenti con vetture o, peggio, con veicoli commerciali. I rischi sono legati al fatto che la micromobilità condivide la stessa struttura stradale della mobilità tradizionale, basata su auto, moto e veicoli commerciali. Se il traffico fosse separato, con carreggiate dedicate alla micromobilità, i rischi sarebbero sicuramente inferiori e, di conseguenza, l’utilizzo di questi mezzi sarebbe favorito. Da uno studio di Legambiente si apprende che la velocità media per i trasferimenti urbani in auto è di 9,1 km/h a Milano, mentre scende a 8,5 km/h a Roma e addirittura a 7,3 km/h a Napoli. Una bicicletta elettrica o un monopattino che viaggia a 15 km/h su una corsia dedicata sarebbero quindi estremamente competitivi in termini di tempi di percorrenza. Ricavare uno spazio da dedicare alla mobilità “leggera” è però estremamente difficile nei centri urbani delle città italiane, soprattutto nei centri storici.
I benefici in termini di sostenibilità ambientale della micromobilità sono decisamente importanti. Il dato è ovviamente molto variabile, ma mediamente si stima che ogni auto trasporti 1,5 persone. In altre parole, mediamente su ogni due vetture ci sono due guidatori e un passeggero. Anche considerando che le due vetture siano delle 500 o Panda, queste pesano circa una tonnellata l’una. Quindi per spostare tre persone occorrono circa due tonnellate di vetture, o 30-50 kg di monopattini. O, detto in altro modo, con il peso necessario per spostare tre persone in auto, si possono spostare cento persone in monopattino elettrico. Se consideriamo invece l’energia necessaria il calcolo è più complesso, intervengono molti altri fattori, ma la riduzione è comunque di due ordini di grandezza.
Torniamo alla domanda iniziale la micromobilità è una opportunità o un rischio? Il beneficio sociale è enorme, mantenendo comunque una mobilità individuale efficiente, che non dipende dalla qualità del trasporto pubblico. Sull’altro piatto della bilancia troviamo i problemi di sicurezza, il rischio di furti dei mezzi, l’esposizione ai capricci del tempo. Forse l’ultimo punto richiede un certo sforzo da parte dell’utente, ma certamente le amministrazioni delle città possono essere di grande aiuto per superare i primi due problemi, soprattutto il primo, separando dove possibile il traffico delle auto da quello della micromobilità.