Contratto sociale: cosa ci tiene ancora uniti?

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Contratto sociale: cosa ci tiene ancora uniti?

Viviamo in una società sempre più polarizzata. Quali sono le cause e cosa può ancora tenerci insieme? Riflessioni sul contratto sociale.

In un mondo sempre più segnato da disuguaglianze, crisi ambientali, conflitti culturali e polarizzazione politica, la coesione sociale sembra vacillare. Gli eventi estremi, come l’alluvione di Valencia, non sono solo catastrofi naturali: diventano lenti di ingrandimento che mostrano crepe profonde nel contratto sociale. La fiducia reciproca, la collaborazione, il senso di appartenenza – elementi fondamentali per il vivere comune – sembrano erodersi sotto il peso di interessi contrapposti, disuguaglianze economiche e una crescente sfiducia verso le istituzioni. Ma cosa tiene davvero unita la società? E come possiamo tornare a esserlo?

La polarizzazione nella società moderna

Viviamo in una società sempre più divisa in poli opposti: ricchi e poveri, centro e periferia, élite e cittadini comuni, iperconnessi e digitalmente esclusi. Queste divisioni non sono soltanto economiche, ma anche culturali, generazionali e territoriali. Gli eventi recenti mostrano con chiarezza come un territorio mal governato – dove pochi decidono e molti non hanno voce – possa diventare il detonatore di proteste, rabbia e sfiducia verso chi dovrebbe rappresentare e proteggere.

Le dinamiche polarizzanti si riflettono anche nella nostra alimentazione, nella salute, nella possibilità di accedere a risorse primarie: da un lato, miliardi di persone in sovrappeso o malnutrite da eccessi industrializzati, dall’altro, miliardi che vivono nell’insicurezza alimentare. Questa frattura tra poli estremi alimenta una spirale di precarietà, conflitto e sfiducia che disgrega la coesione stessa del vivere civile.

Le cause della polarizzazione sociale

Alla radice della polarizzazione della ricchezza ci sono scelte sistemiche: un modello economico che privilegia la crescita a ogni costo e si fonda su economie di scala che, mentre aumentano l’efficienza, accentuano le disuguaglianze. Le imprese, pressate dalla logica della competitività globale, sono spesso costrette a trascurare il contesto sociale e ambientale in cui operano.

A questi fattori si aggiungono la fragilità politica, la disinformazione digitale e l’incapacità delle istituzioni di ascoltare i bisogni reali dei cittadini. Come evidenziato anche nel Rapporto dell’Osservatorio Reputational & Emerging Risk del gruppo Unipol, l’insicurezza ambientale e climatica aggrava la frattura sociale, creando una tensione costante tra chi ha accesso alle risorse e chi è tagliato fuori da ogni possibilità di futuro.

Le conseguenze sulla coesione sociale

Quando la società si polarizza, la coesione sociale si sgretola. Le persone smettono di fidarsi delle istituzioni, degli altri, del futuro. Si rifugiano nell’individualismo o nella rabbia collettiva, come accaduto a Valencia, dove la gestione dell’alluvione ha scatenato proteste e sdegno.

La mancanza di una distribuzione equa delle risorse e delle opportunità trasforma le disuguaglianze in conflitti. Le istituzioni diventano bersaglio di una popolazione che non si sente rappresentata. L’infrastruttura emotiva e civica su cui si regge il contratto sociale – empatia, fiducia, solidarietà – si logora. In questo scenario, il rischio è che la società si disgreghi sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.

Come si ritorna alla coesione sociale?

Ritrovare coesione non significa tornare indietro, ma cambiare paradigma. La tecnologia e la conoscenza ci permettono di creare modelli produttivi sostenibili e territorialmente equi. È necessario investire in un’economia che valorizzi la diversità, la qualità, e la distribuzione giusta delle risorse. Un’economia che riconosca il valore della fragilità come leva per costruire comunità più inclusive e resilienti, come raccontato nell’articolo “Essere fragili è un valore”.

Serve una nuova visione del futuro che restituisca speranza, che promuova la transilienza, ovvero la capacità di gestire l’incertezza in modo attivo e positivo (scopri di più). Solo così possiamo ricostruire un contratto sociale capace di unire invece che dividere.

La coesione sociale nasce dalla giustizia: ambientale, economica e culturale. È tempo di rinegoziare il nostro patto collettivo su basi nuove. Perché nessuno si salva da solo. E perché i veri legami sociali non si costruiscono sull’abbondanza, ma sull’equità.

*Articolo pubblicato a novembre 2024 e sottoposto a successive revisioni

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È​ Vice Segretario Generale per l’Energia e l’Azione Climatica dell’Unione del Mediterraneo. È​ un diplomatico italiano ed è stato coordinatore per l'eco-sostenibilità della Cooperazione allo Sviluppo. È stato delegato alle Nazioni Unite, console in Brasile, consigliere politico a Parigi e, alla Farnesina, responsabile dei rapporti con la stampa straniera e direttore del sito internet del Ministero degli Esteri. Da una ventina d'anni concentra la sua attenzione sui cambiamenti climatici. Nel 2009 la Ottawa University in Canada gli ha affidato il primo insegnamento attivato da un'università sulla questione ambiente, risorse, conflitti e risoluzione dei conflitti. Collabora da tempo con il Climate Reality Project, fondato dal premio Nobel per la pace Al Gore.