La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
La Commissione Europea sta lavorando per far includere i rischi climatici nei modelli di determinazione del rischio di credito. Ecco cosa potrebbe cambiare.
I rischi fisici e di transizione possono modificare profondamente il rischio di default di medio e lungo termine di famiglie, imprese e Stati, con conseguenze dirette sul profilo di rischio di credito dei portafogli detenuti dalle banche. A fronte del pericolo che i rischi climatici, la Commissione Europea sta lavorando per far includere i rischi climatici nei modelli di determinazione del rischio di credito. Ciò rappresenta una sfida importante per gli istituti bancari per via dell’incertezza e della non linearità che li caratterizzano.
I rischi climatici e ambientali in atto se da una parte espongono l’intero ecosistema a danni sempre più irreversibili, dall’altra evidenziano la fragilità del sistema economico. Questo perché impattano sulle tradizionali categorie come quelle dei rischi finanziari. Basta pensare che quando si verificano eventi climatici estremi, i fornitori di materie prime o di beni intermedi sia a livello nazionale che internazionale, possono influenzare l’operatività delle imprese. Ma alluvioni, siccità, inondazioni possono comportare anche una importante riduzione di entrate per famiglie, oltre che per intere categorie di imprese. Per esempio, fra le conseguenze dei cambiamenti climatici, ci preoccupa l’aumento di costi che vengono impiegati per esempio nel ricostruire o attivare politiche di sostegno a favore delle aree più colpite o svantaggiate. Proprio questi aumenti della spesa pubblica, collegandosi anche alla riduzione delle entrate fiscali, generano effetti rilevanti sul rating del debito pubblico. E questi effetti sono logicamente maggiori se si tratta di aree più fragili dal punto di vista dei cambiamenti climatici o con elevati livelli di debito pregresso.
Gli obiettivi sfidanti della Comunità europea per riuscire a rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici sono volti a individuare strategie e linee di intervento anche da parte degli istituti finanziari. Oggi la BCE deve tenere conto degli effetti del cambiamento climatico nello svolgimento dei compiti nell’ambito del suo mandato e ha introdotto considerazioni sul cambiamento climatico nel suo assetto di politica monetaria. L’obiettivo è quello di indirizzare gli istituti finanziari a mantenere il loro ruolo importante per favorire la transizione verso un’economia più sostenibile. A tal fine la BCE ha deciso una serie di misure concrete nelle tre aree integrandole nelle sue funzioni correnti, compresa la politica monetaria e la vigilanza bancaria, migliorando gli indicatori, il monitoraggio dei rischi climatici e l’informativa.
A livello nazionale anche la Banca D’Italia (BI) agisce per fronteggiare i rischi per la stabilità finanziaria connessi al clima. Lo fa:
La crescente rilevanza di questi temi è testimoniata dalla decisione di istituire nel 2022 un Comitato Cambiamenti climatici e sostenibilità, presieduto da un membro del Direttorio e supportato da un nucleo di esperti. Un contributo attivo viene anche fornito alla finanza sostenibile sotto le diverse funzioni che la BI svolge (cfr. Il contributo della Banca alla finanza sostenibile ) e che sono: quella di investitore, di autorità monetaria, di supervisione degli intermediari finanziari, di istituto di ricerca.
Nei documenti ufficiali della BI, la finanza sostenibile (cfr. capitolo 11 Relazione annuale 2020) oltre a comprendere investimenti in diverse tipologie di strumenti finanziari, pone le basi su metriche che misurano la sostenibilità e che, nel tempo, sono state diffuse fra gli operatori. Sono utilizzati i punteggi ambientali, sociali e di governance (environmental, social, governance, (ESG) che vengono assegnati da società private specializzate a un’ampia gamma di strumenti finanziari come le azioni, le obbligazioni societarie, i fondi comuni di investimento e gli indici di mercato. Tuttavia – secondo gli analisti della BI – la difficoltà di elaborare punteggi ESG affidabili e comparabili per i tre profili considerati oggi dipende dal fatto che non esistono regole di rendicontazione dei rispettivi dati, né tassonomie condivise. Viene evidenziato che «la disponibilità di dati con copertura limitata e di qualità e contenuto eterogenei comporta dei rischi: il più rilevante è quello di un’attribuzione ingiustificata di etichette di sostenibilità (greenwashing). Per contenere questo rischio è essenziale riuscire a definire una tassonomia delle attività sostenibili comprensiva e universalmente riconosciuta».
Circa le azioni che svolge la Banca d’Italia per far includere i rischi climatici nei modelli di determinazione del rischio di credito possono essere così sintetizzate:
La BI, in conclusione, rende conto del suo operato al Governo, al Parlamento e ai cittadini attraverso la diffusione di dati e notizie sull’attività istituzionale e sull’impiego delle risorse. È importante conoscere la sua azione sui temi collegati ai rischi climatici perché questo impatta sulla nostra economia. Il Rapporto annuale sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici descrive anche il modo in cui i profili di sostenibilità sono integrati nel processo decisionale, nelle strategie e nella gestione dei rischi relativi agli investimenti, nonché le metodologie per la misurazione di tali profili.