Quantified Self: usare i numeri per conoscere sé stessi

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Quantified Self: usare i numeri per conoscere sé stessi

Hai raggiunto 10.000 passi oggi? Ormai questo pare essere un indicatore del nostro livello di vita sano o meno. Perché siamo arrivati a questo punto.

La “storia dei 10mila passi” è strettamente legata al mercato dei braccialetti fitness e delle App dei nostri smartphone che ci inviano notifiche relative al numero di passi effettivamente fatti nella giornata e risale agli anni ’60. La tendenza a contare il numero di passi ha aperto la strada a tutta una serie di misurazioni di variabili fisiologiche quali: frequenza cardiaca, temperatura, peso, qualità del sonno, corretta idratazione corporea e così via. Il fine ultimo è una maggiore conoscenza e consapevolezza di sé stessi.

Il primo dispositivo a misurare questi famosi 10.000 passi quotidiani come indice di stile di vita sano risale al 1964. Dobbiamo andare in Giappone ed è l’anno delle prime olimpiadi di Tokyo. L’agenzia nipponica Yamasa Tokei lanciò sul mercato Manpo-Kei, letteralmente “il contatore dei 10.000 passi”. Per la prima volta veniva distribuito un dispositivo automatico che indicava l’esatto numero di passi da compiere per essere in salute.

Conoscere il proprio corpo è una tappa fondamentale nel processo di conoscenza di sé. E quindi sempre di più usiamo app che ci monitorano e consigliano come comportarci per prenderci cura di noi: dormire di più, alzarsi dalla sedia di tanto in tanto, bere un bicchier d’acqua, mangiare più proteine ecc. Un aspetto che ha giocato un ruolo importante nel favorire l’uso di questo tipo di App deriva dalla personalizzazione che queste offrono. Avere una lettura individualizzata del propriocorpo permette di essere sicuri di ciò che va bene per sé, quale allenamento, dieta, ore di sonno servono a me, e non ad altri. A tale desiderio di cura personalizzata hanno risposto le aziende tecnologiche costruendo prodotti di tracciamento della nostra salute fisica e non solo.

Quantificarsi: questa è la via proposta dal movimento Quantified Self, nato in California nel 2007. Il movimento è stato lanciato da Kevin Kelley e Gary Wolf, attraverso la rivista Wired. L’intendo è tracciare la vita quotidiana attraverso strumenti tecnologici e quindi raccogliere una serie di dati numerici confrontandoli nel tempo, anche con altre persone.

L’intenzione è favorire una maggior consapevolezza di come ognuno di noi funzioni e favorire l’uso delle informazioni raccolte per modificare le proprie abitudini verso uno stile di vita più sano. È come se avessimo uno specchio che ci rimanda un’immagine di noi non solo legata all’aspetto fisico ma anche alla nostra condizione di salute in quel momento. Le implicazioni legate all’ambito della medicina personalizzata sono effettivamente importanti e quindi le persone potrebbero trarne grandi benefici.

C’è anche un altro lato della medaglia però che ci serve conoscere. Il presupposto implicito è quello dell’inaffidabilità̀ delle sensazioni, dell’insufficienza dell’esperienza fisica soggettiva al fine di prendersi cura di sé. La tecnologia diventa un tramite necessario tra noi e il nostro corpo. Abbiamo bisogno di un App che ci dia un’immagine accurata dei nostri processi biologici e che ci spinga verso comportamenti ritenuti più sani.

Grazie all’odierna “dataficazione” delle più svariate attività umane, tutto diventa quantificabile. Ciò, tuttavia, non pare aver fornito le basi per una più approfondita comprensione dell’uomo e del mondo. Quindi un secondo aspetto su cui vale la pena sollecitare noi stessi, oltre all’uso di App di tracciamento della nostra salute, è anche un maggior ascolto di sé stessi. Per esempio: per sapere se sto vivendo una fase di vita troppo stressante e dunque dovrei cambiare qualcosa, un’App può sicuramente fornirmi dati rilevanti in tal senso. Ma credo sia utile anche allenarsi a prendersi del tempo per chiedersi ogni tanto “come sto?” “come mi senso?” “c’è qualcosa che potrei fare nella mia vita per sentirmi, anche solo di un 10%, meglio rispetto ad ora?”. Perché il rischio della tendenza del quantified self è appaltare alla tecnologia la presa in carico della nostra salute e delle decisioni che possiamo compiere per stare bene.

Concludo con un detto popolare ma, in fondo, vero: «la virtù sta nel mezzo», e dunque usiamo sì le app di tracciamento della nostra salute ma alleniamo anche la nostra capacità di ascolto interiore.

Digital wellness coach, mindfulness trainer e psicologa. Aiuta le persone a costruire e coltivare il proprio equilibrio interiore nell’era dell’iper-connessione digitale. Nei suoi percorsi e masterclass guida in particolare professioniste e professionisti a migliorare le proprie abitudini per avere più focus, tempo e benessere mentale. Organizza anche ritiri digital detox in cui accompagna gruppi di persone a disconnettersi per riconnettersi a sé.