L’inquinamento dell’aria aumenta il rischio di demenza?

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L’inquinamento dell’aria aumenta il rischio di demenza?

Nuove evidenze scientifiche mostrano che lo smog non danneggia solo i polmoni, ma anche la mente. E la ricerca conferma il legame con le malattie neurodegenerative.

Per lungo tempo l’inquinamento atmosferico ci ha fatto temere per l’effetto che può avere sui nostri polmoni e sul nostro cuore. Il nostro sistema respiratorio si è da subito dimostrato, agli occhi della comunità scientifica, particolarmente esposto ai rischi causati da quello che un tempo chiamavamo “smog”. Anche noi cittadini abbiamo capito subito il nesso logico: l’aria è quella che respiriamo e portiamo ai polmoni tutti i giorni, a tutte le ore. Se quell’aria è inquinata, i polmoni, i bronchi e tutto il sistema respiratorio ne risentono. Al cervello, invece, ci siamo arrivati molto tempo dopo.

La ricerca guarda al cervello

Qualche tempo fa la rivista scientifica Nature ha raccontato alcuni aneddoti che rendono bene l’idea di questo ritardo nel comprendere gli effetti dell’inquinamento sul cervello. Nel 2012, quindi non secoli fa, ma solo tredici anni fa, la ricercatrice Deborah Cory-Slechta, dell’Università di Rochester, ricevette nel suo laboratorio dei piccoli cervelli di topo da analizzare per verificare eventuali danni causati dall’inquinamento dell’aria. Cory-Slechta ha raccontato di aver pensato: «Inquinamento dell’aria? Quanto danno potrà mai fare?». I risultati ottenuti poco dopo hanno, però, cambiato radicalmente la direzione della sua ricerca.

È noto che l’inquinamento atmosferico – cioè le particelle liberate nell’aria soprattutto a causa delle combustioni – contribuisce all’emergere di asma, tumori ai polmoni e altre malattie respiratorie. Il particolato fine (le particelle con diametro inferiore a 2,5 µm, note come PM2.5) non è pericoloso soltanto per il nostro sistema respiratorio. Fino a pochi anni fa, come riportano Nature e altre riviste scientifiche, l’interesse per gli effetti dell’inquinamento sul cervello era piuttosto basso. La stessa Cory-Slechta racconta che le sue conferenze su questo tema ebbero così poco successo da farle interrompere. Ora, invece, tutto è cambiato.

Il nesso smog-demenza

Oggi numerosi studi scientifici dimostrano una correlazione solida tra alti livelli di inquinamento atmosferico e un aumento del rischio di demenza. E non c’è solo la demenza: l’inquinamento dell’aria è associato anche a un rischio maggiore di depressione, malattie psichiatriche e disturbi d’ansia. Ci sono inoltre dati consistenti sul legame tra inquinamento e disturbi del neurosviluppo, come l’autismo e i deficit cognitivi nei bambini.

Agli studi scientifici sono seguite nuove precauzioni e raccomandazioni di salute pubblica.
Nel 2020 la commissione della rivista Lancet che si occupa di demenza ha riconosciuto l’inquinamento atmosferico come un fattore di rischio rilevante.
Nel report del 2024, Lancet ha scritto nero su bianco che l’esposizione al particolato fine «è ora di grande interesse e preoccupazione».
Anche le istituzioni pubbliche si stanno muovendo: nel 2022 il Comitato del Regno Unito preposto al controllo degli effetti dell’inquinamento dell’aria ha chiesto ulteriori studi sul legame tra aria inquinata e insorgenza di demenza.
Nel 2021 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato report che sottolineano l’importanza di studiare gli effetti neurologici dell’inquinamento atmosferico, con particolare attenzione ai più giovani e agli anziani.

C’è un dettaglio importante per capire le dimensioni del problema: l’inquinamento atmosferico è ormai un fenomeno globale. Secondo i dati dell’Oms, circa il 99% della popolazione mondiale è esposta a livelli di inquinamento dell’aria superiori a quelli consigliabili. In sintesi, la nostra specie, nel produrre energia e beni, sta inquinando il proprio habitat a un livello tale da compromettere le condizioni di vita ovunque — dall’Asia all’Africa, dall’Europa alle Americhe, fino ai Poli.

Come l’inquinamento dell’aria danneggia il cervello

Ma qual è il meccanismo con cui l’inquinamento dell’aria danneggia il cervello? Il giornalista scientifico Ian Sample, editor del Guardian, spiega che «l’esposizione alle particelle sospese nell’aria provoca un ripiegamento anomalo delle proteine nel cervello, trasformandole in grumi che sono il tratto distintivo della demenza a corpi di Lewy, la terza forma più comune dopo il morbo di Alzheimer e la demenza vascolare».

La comunità scientifica e le associazioni di cittadini, come Cittadini per l’aria in Italia, chiedono da tempo una riduzione delle emissioni, ottenibile con un miglior monitoraggio degli incendi, dei trasporti e delle attività industriali. Come ha detto il neurologo Xiaobo Mao, «a differenza dell’età o della genetica, queste sono cose che possiamo cambiare».

L’ambientalismo come tutela della salute

Anche noi giornalisti che ci occupiamo di temi ambientali possiamo fare la nostra parte: raccontare più chiaramente che le politiche per la riduzione dell’inquinamento atmosferico sono politiche di salute pubblica.
È tempo di ribaltare l’idea che l’ambientalismo sia un gesto esclusivamente altruista: è anche, e soprattutto, una forma di tutela del nostro benessere e della nostra salute mentale.

Crediti foto: Courtesy ESA

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Giornalista, ogni settimana scrive per Wired Italia “Non Scaldiamoci”, la newsletter sulle conseguenze politiche e sociali del riscaldamento globale e delle questioni ambientali. Si è occupato soprattutto di ambiente e politica estera, con un’attenzione particolare al continente africano, per varie testate. Tra queste Il Foglio, Wired Italia, Linkiesta, Rolling Stone, Repubblica ed Esquire Italia. Ha scritto reportage dall’Africa, dalla Norvegia, dall’Australia, dalla Polonia, dalla Francia e dal Parlamento europeo. È editor della rivista di saggistica e approfondimento culturale L'indiscreto e dal 2020 al 2022 ha insegnato all’Università degli Studi di Ferrara.