Prevenzione e consapevolezza: gli strumenti per ridurre i danni

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Una relazione esclusiva non è più un fatto scontato, ma una possibilità tra molte. In un’epoca di trasformazioni sociali e affettive, si ridefiniscono i legami, i desideri e le regole del convivere.
Per secoli la monogamia ha rappresentato la struttura portante dell’organizzazione sociale e affettiva dell’Occidente. Rafforzata dall’etica cristiana e consacrata dalle istituzioni, è diventata il modello dominante delle relazioni amorose, al punto da sembrare naturale, ovvia, persino universale. Un’educazione sentimentale che, più che insegnare a sentire, ha trasmesso una grammatica dell’emotività fondata sull’esclusività e sulla stabilità. Oggi, però, qualcosa è cambiato. E sta cambiando in profondità.
Viviamo in un’epoca di ridefinizioni: di ruoli, identità, forme di convivenza. La monogamia, in questo contesto, smette di essere un automatismo e si trasforma in scelta. In molte realtà sociali – soprattutto urbane e ad alta scolarizzazione – emergono modelli relazionali alternativi: relazioni aperte, poliamore, convivenze fluide o reti affettive non codificate. La coppia monogamica non è più l’unico scenario immaginabile.
Questo non significa la fine della monogamia. Ma il fatto che venga messa in discussione, rinegoziata, talvolta rifiutata, indica che ha perso quella invisibilità che la rendeva indiscutibile. Ora la si guarda, la si interroga, si valuta se sia davvero la forma più autentica e funzionale per esprimere intimità e amore.
Dietro questo movimento non c’è solo la spinta verso nuovi modelli, ma un processo più ampio di riformulazione simbolica: si chiede all’amore di non coincidere più con il possesso, ma con la libertà. L’intimità viene ripensata come uno spazio di possibilità, non come recinto esclusivo. Si tratta di abituarsi a nuovi linguaggi dell’affetto, a una maggiore fluidità delle alleanze emotive.
Ma sarebbe ingenuo pensare che tutto questo avvenga solo sul piano culturale. Anche quando viene rivista o superata, la monogamia continua ad agire come struttura interiore. Secondo Carl Gustav Jung, il nostro inconscio collettivo è abitato da archetipi: forme profonde che plasmano il nostro modo di vivere i legami. Tra queste, l’idea dell’unione elettiva – dell’unico riconosciuto e riconoscente – conserva ancora un’enorme forza simbolica.
Questo spiega perché, anche in contesti relazionali più liberi, possa emergere una nostalgia o una ferita quando viene meno quella sensazione di essere l’unico per l’altro. È una dinamica che tocca corde profonde: non solo sociali, ma psichiche. E che richiede onestà verso la propria struttura affettiva.
In definitiva, la libertà – anche in amore – non consiste nel rifiuto delle forme, ma nel saperle riconoscere, attraversare, abitare con consapevolezza. Scegliere la monogamia, oggi, non è più seguire una regola: è comprendere il proprio desiderio.
E accettare che, a volte, ciò che scegliamo è anche ciò che, segretamente, ci sceglie.