Nutriscore: dieci cose da sapere

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Nutriscore: dieci cose da sapere

L’indicatore della salute dei prodotti alimentari sta dividendo i Paesi europei. Come funziona e perché fa tanto discutere.

Lo hanno già rinominato l’indice delle polemiche. Nutriscore misura la salute dei cibi e dovrebbe fornire ai consumatori indicazioni chiare. Alcuni Paesi europei lo hanno già introdotto, altri, tra cui l’Italia, lo ritengono poco affidabile e dannoso per il made in Italy, opponendosi quindi alla sua prossima adozione. Dieci punti per saperne di più. 

1) Cos’è il Nutriscore
È un indicatore della salubrità di un cibo messo a punto dal nutrizionista francese Serge Hercberg e basato su un algoritmo che esamina gli elementi positivi (le fibre, le proteine) e quelli negativi (il sale, lo zucchero, i grassi saturi, le calorie) di 100 grammi o 100 ml di un alimento o di una bevanda. La valutazione complessiva viene espressa in cinque colori, dal verde al rosso, e in cinque lettere, dalla A alla E (rossa, è la categoria peggiore). Come previsto già al momento della sua ideazione, ogni tre anni l’algoritmo viene verificato per cercare di renderlo sempre più efficace. Nel luglio 2022, per esempio, la revisione dell’indice ha portato l’olio extravergine di oliva a salire di livello e passare dal bollino giallo al verde (B).

2) Da quando dovrebbe essere introdotto?
La decisione europea sul Nutriscore, fissata per la seconda metà del 2023, è slittata al 2024 per la scadenza dell’attuale legislatura. La decisione sarà rilevante perché, nel contesto della strategia F2F (Farm to Fork), la UE propone un’etichettatura nutrizionale obbligatoria per tutta l’Europa, dietro sollecitazione dell’Organizzazione mondiale della sanità che nel 2020 ha raccomandato l’introduzione sui cibi confezionati di un’etichetta esplicativa detta Fopl, da Front-of-Pack Label, cioè posta sul lato anteriore delle confezioni, sintetica, semplice, intuitiva e di facile interpretazione per gli acquirenti.

3) Ha dei limiti?
Sì. Gli esperti addetti alla valutazione periodica del Nutriscore avrebbero voluto apportare alcune modifiche che, a causa della normativa attuale sulle etichette, al momento non possono essere realizzate. Per esempio, i membri del comitato scientifico avrebbero voluto modificare il parametro degli zuccheri, focalizzandolo sugli “zuccheri aggiunti” agli alimenti sulla base delle raccomandazioni dell’Oms di limitarli a non più del 10% delle calorie quotidiane. Per farlo, però, sarebbe necessario cambiare il regolamento europeo 1169/2011 sulle etichette alimentari, che non prevede che i produttori di alimenti inseriscano nelle etichette l’indicazione sugli zuccheri aggiunti. Altri temi in via di definizione riguardano le bevande edulcorate artificialmente e i dolcificanti.

4) Chi lo usa?
ll Nutriscore è già stato adottato da Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna, Lussemburgo, Belgio e Svizzera, e il numero di aderenti potrebbe aumentare, anche grazie alla spinta di quasi 50 associazioni europee dei consumatori. A ciò si aggiungono una lettera alla Commissione Europea firmata da 400 scienziati di tutto il continente e numerose prese di posizione a favore dell’indice da parte di società scientifiche di medici. Il sistema invece è osteggiato da Italia, Grecia, Ungheria, Romania e Lettonia.

5) Perché l’Italia non lo vuole?
Il governo italiano ha ribadito più volte la sua contrarietà al Nutriscore. Coldiretti lo ritiene un «sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto», che penalizza ingiustamente le eccellenze nazionali, come prosciutti e formaggi, e pure l’Accademia dei Georgofili di Firenze, storica istituzione della ricerca agronomica nazionale, lo ha bocciato. A essere contestate sono le incongruenze del nuovo sistema, come il fatto che il Nutriscore decide la qualità di un prodotto senza considerare a quantità media consumata, anche se c’è una bella differenza tra mangiare, per esempio, 50 o 500 grammi di Grana. Il Nutriscore inoltre non tiene in considerazione il grado di trasformazione degli alimenti o gli additivi presenti, ma solo il loro equilibrio nutrizionale. Per questo cibi genuini ma grassi come olio d’oliva e burro hanno valutazioni spesso inferiori a pietanze confezionate ricche di conservanti.

6) Ci sono alternative?
Sì, a livello mondiale sono state adottate diverse etichette, quali i bollini neri ottagonali del Cile, il semaforo tricolore britannico, il sistema a stelle australiano e quello “a fette” olandese. Il nostro Paese ha presentato il NutrInform, un indicatore “a batteria” (ovvero con una grafica che mostra i valori nutrizionali come la quantità carica di una batteria a pile) che indica la presenza percentuale dei nutrienti contenuti in specifiche porzioni di prodotto, riferendosi ai valori giornalieri di riferimento. In realtà il NutrInform non è una totale novità, bensì l’imitazione di etichette già adottata oltre 20 anni fa in Francia e in Europa dall’industria alimentare, chiamate RI Reference Intakes. Le somiglianze si vedono qui: https://ilfattoalimentare.it/nutri-score-contro-nutrinform-battery-scienza.html

7) Possiamo provare il sistema italiano?
Sì. L’app di NutrInform Battery è la versione digitale dell’etichetta. L’applicazione è stata lanciata tra giugno e luglio del 2022 su Play Store (dove ha raggiunto finora 100.000 download) e App Store.

8) Il NutrInform ha dei limiti?
Sì. Il primo è il riferimento alla porzione e non alla misura standard di 100 g di cibo (o 100 ml per i liquidi), raccomandata dall’OMS perché consente un confronto oggettivo dei prodotti alimentari sulla stessa base ed evita l’uso di porzioni spesso variabili a seconda dei produttori. Basti pensare che per le pizze la porzione consigliata varia da marca a marca e se alcune propongono una porzione da 100g, altre arrivano a quasi il doppio. È quindi impossibile fare un calcolo accurato in base alle dimensioni delle porzioni. Non a caso un sistema simile, proposto da 6 grandi multinazionali, è stato abbandonato nel 2018: due anni dopo uno studio ha dimostrato che, a differenza del Nutriscore, induceva i consumatori addirittura ad aumentare le porzioni consumate.

9) Il Nutriscore aiuta davvero a nutrirsi meglio?
Sì. Lo sostiene un rapporto dell’Efsa (autorità europea per la sicurezza alimentare) del marzo 2022, che conclude che gli schemi sulla parte anteriore della confezione possono aiutare i consumatori a fare scelte più attente alla salute. Al contrario, una grande quantità di lavori scientifici ha dimostrato la totale inefficacia dei sistemi RI (con grafica simile al NutrInform), difficili da interpretare per i consumatori.

10) Il Nutriscore danneggia il made in Italy?
È vero che l’indice contrassegna olio d’oliva, formaggio e salumi come mediamente dannosi a causa del loro contenuto di grassi. Pertanto, Nutriscore tende a discriminare la dieta mediterranea, ampiamente considerata come benefica, e non tiene conto dei benefici positivi del consumo moderato di determinati prodotti, quali il vino. Tuttavia, è altrettanto vero che classifica in maniera oggettiva tutti i formaggi e insaccati: quindi penalizza anche i prodotti i francesi, olandesi, spagnoli o tedeschi, in modo univoco.

Mantovana, giornalista da oltre 15 anni in Mondadori, collabora a numerose riviste nazionali su temi di attualità e stili di vita. Ha collaborato a una monografia sul cinema di Steven Spielberg e curato la traduzione dall’inglese di un saggio sul Welfare State. ​