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Il futuro dell’esplorazione spaziale dipenderà dalla capacità della comunità internazionale di trovare un equilibrio tra le ambizioni tecnologiche e il rispetto per i principi etici e ambientali per preservare il cosmo come risorsa universale.
Se si considera la lunga cronologia della corsa umana verso territori sempre più remoti e inesplorati, è trascorso relativamente poco tempo da quando abbiamo iniziato a compiere i nostri primi passi oltre l’atmosfera terrestre. Dopo aver per millenni accompagnato e illuminato da lontano le fatiche degli esploratori terrestri, è infatti solo negli ultimi decenni che il cosmo è diventato una meta da raggiungere e da conquistare.
Inizialmente, la corsa allo spazio era appannaggio esclusivo delle superpotenze mondiali: spinte dalla volontà di dimostrare la propria superiorità tecnologica e scientifica, Stati Uniti e Unione Sovietica assegnarono all’allora neonata esplorazione spaziale il ruolo di arena per una competizione non solo scientifica, ma soprattutto simbolica e strategica.
Con l’evolversi degli scenari geopolitici terrestri, la partecipazione all’esplorazione spaziale si è progressivamente ampliata, coinvolgendo un numero sempre crescente di nazioni. Queste hanno cominciato a includere l’esplorazione extra-atmosferica tra i propri obiettivi strategici, contribuendo ad arricchire la visione globale delle attività spaziali e a diversificare le prospettive sulla conquista del cosmo.
Nel giro di poco, l’esplorazione spaziale si è successivamente aperta a inclinazioni spiccatamente commerciali: il progresso tecnologico ha infatti dischiuso ben presto innumerevoli opportunità legate allo sfruttamento delle risorse del cosmo, aprendo nuovi orizzonti economici e industriali e sdoganando la possibilità per le imprese private di giocare un ruolo da protagonista nella space economy.
Il rovescio della medaglia evidenziato da questo scenario emergente è rappresentato dall’affioramento delle lacune normative presenti nei trattati spaziali esistenti. I cinque Trattati sullo spazio sono infatti risalenti all’epoca della corsa al cosmo e, pur sancendo principi fondamentali come la “non appropriazione” e l’uso pacifico delle ricchezze spaziali, risultano oggi insufficienti a regolamentare attività complesse come l’estrazione delle risorse o la presenza umana stabile su corpi celesti.
Su tali premesse, il dibattito internazionale si è via via intensificato, e gli operatori del diritto spaziale si sono trovati nella condizione di dover bilanciare l’esigenza di salvaguardare i principi contenuti nei trattati con il crescente peso delle imprese private e degli interessi nazionali nella definizione degli orizzonti dell’industria spaziale.
Questa evoluzione rappresenta una sfida per il diritto dello spazio, chiamato a immaginare prima ancora che a garantire un quadro giuridico solido e inclusivo per affrontare le opportunità e i rischi che comportano le nuove frontiere delle attività umane nell’universo.
È noto come la direzione della futura esplorazione del cosmo si orienti verso obiettivi ambiziosi, come la creazione di una presenza stanziale sulla Luna e l’esplorazione umana di Marte. Iniziative come il programma Artemis della NASA dichiarano apertamente l’intenzione di sviluppare un’infrastruttura a lungo termine in grado di ospitare, in un futuro non troppo lontano, vere e proprie comunità nello spazio.
Se, a livello politico e strategico, Artemis rappresenta un partenariato tra Stati, la partecipazione delle società private al programma non è solo incoraggiata, ma è diventata un elemento strutturale fondamentale per la sua realizzazione. Le aziende private, infatti, contribuiscono con tecnologie e innovazioni e svolgono un ruolo cruciale nel definire la portata delle missioni, integrandone e ampliandone gli obiettivi.
D’altra parte, i player privati hanno fatto irruzione sul mercato con una promessa chiara: rendere lo spazio accessibile e sfruttabile commercialmente, mirando a rendere il cosmo un luogo dove sia possibile vivere, lavorare e fare business.
Dalla costruzione di stazioni spaziali commerciali e piattaforme per il lancio di satelliti, all’esplorazione delle risorse lunari e asteroidali, al turismo spaziale, le imprese private stanno ridefinendo i confini delle possibilità umane.
Se è vero che questo fermento ha aperto nuove opportunità economiche, esso ha anche sollevato questioni spinose legate alla regolamentazione dell’uso e dell’accesso alle risorse disponibili. Il rischio è quello di assistere a una vera e propria “corsa all’oro” spaziale dominata da pochi attori privilegiati, con il potenziale di replicare nello spazio le disuguaglianze già presenti sulla Terra.
Per ovviare a questo rischio, è cruciale che i governi e le autorità internazionali si adoperino affinché lo spazio rimanga un bene comune, promuovendone una regolamentazione quanto più stringente e trasversalmente condivisa che bilanci profitto e responsabilità condivisa verso l’umanità e l’ambiente cosmico.
L’esplorazione dello spazio offre opportunità straordinarie, aprendo nuove frontiere per il progresso scientifico e per la ridefinizione del contesto economico globale. Esso è, peraltro, destinato a evolversi, in un futuro non troppo lontano, in una realtà di mercato interplanetario in cui il peso degli interessi in gioco e l’entità delle risorse a disposizione dovranno essere completamente ridefiniti.
Tuttavia, insieme a queste opportunità è innegabile come, quanto più si concretizzano nuove possibilità di sfruttamento commerciale delle risorse spaziali, tanto più emergono profili di responsabilità e sfide etiche nella definizione e nella gestione del rapporto tra l’umanità e il cosmo.
La regolamentazione dell’uso delle risorse spaziali, la sostenibilità delle attività orbitali e la gestione dei detriti spaziali sono solo alcuni tra i temi che necessitano al più presto di una cooperazione internazionale basata su principi di equità e sostenibilità.
È fondamentale ricordare che il cosmo non è solo una frontiera commerciale, ma un patrimonio comune dell’umanità. Di conseguenza, è imprescindibile che lo sviluppo spaziale avvenga in un quadro legale che protegga il futuro di queste risorse per le generazioni a venire, garantendo che lo spazio rimanga un luogo di pace e opportunità per tutti.
Proprio su questo punto, la gestione dell’espansione nell’universo non può prescindere dall’integrazione di pratiche decoloniali, che evitino il ripetersi dei modelli di sfruttamento e appropriazione messi in atto ancora oggi sul pianeta Terra. È necessario adottare un approccio che riconosca la diversità degli interessi e che assicuri una governance inclusiva e sostenibile nel rispetto dei diritti fondamentali.
Il futuro dell’esplorazione spaziale dipenderà dalla capacità della comunità internazionale di trovare un equilibrio tra le ambizioni tecnologiche e il rispetto per i principi etici e ambientali. Solo attraverso un impegno condiviso sarà possibile costruire una presenza umana nello spazio che rappresenti un vero progresso, preservando l’integrità e il potenziale del cosmo come risorsa universale.
*Articolo pubblicato il 7 maggio 2025 e sottoposto a successive revisioni
Crediti foto: Nasa