L’Intelligenza Artificiale sulle auto: ma siamo davvero sicuri?
Il 18 marzo 2018 a Tempe, in Arizona (USA), una ciclista è stata investita e uccisa da un’auto mentre attraversava la strada tenendo la bicicletta.L’aspetto particolare è che
Per venticinque anni la SEO ha guidato il traffico sul web. Ma l’avvento dell’AI e dei modelli linguistici generativi sta riscrivendo le regole. Chi produce contenuti deve ripensare strategie, linguaggi e obiettivi.
Per un quarto di secolo Google ha dettato legge nel mondo del web. Ogni sviluppatore, marketer e redazione ha dovuto adattarsi ai suoi algoritmi, ottimizzando titoli, parole chiave e link interni per scalare la SERP, la pagina dei risultati di ricerca. La logica era chiara: più visibilità organica significava più traffico e più business.
Oggi, però, lo scenario sta cambiando. L’Intelligenza artificiale – con ChatGPT e i suoi “fratelli” – sta rivoluzionando la ricerca online. Sempre più persone pongono le loro domande direttamente ai modelli di AI, saltando del tutto la fase della ricerca su Google.
Come spiega a Changes Marco Camisani Calzolari, ceo di EthicsProfile.ai e divulgatore digitale, «il 58% delle ricerche oggi finisce senza clic. Nessuno apre più i link, nessuno legge le pagine: l’intelligenza artificiale risponde prima, meglio, da sola».
I dati confermano questa tendenza: secondo Similarweb, nel 2025 il traffico mondiale dei siti web effettuato da persone sarà calato del 15%, con punte del 31% in settori come la salute. L’AI non indirizza più verso i contenuti: li sintetizza, li riscrive, li ingloba. Internet sta cambiando pelle.
Di fronte a questo cambiamento, le aziende devono ripensare il proprio modo di comunicare. Non basta più “piacere” all’algoritmo di Google: serve diventare rilevanti per un modello linguistico (LLM, Large Language Model). Questi modelli, addestrati su miliardi di dati testuali, non mostrano una lista di link ma generano risposte complete, filtrate e contestualizzate. Come dice Camisani Calzolari, «Google ti manda in giro, l’AI ti risponde».
La ricerca online non è più un percorso, ma un punto d’arrivo. E con esso cambiano le regole del gioco per chi crea contenuti, dall’editoria alle aziende.
Non è più questione di keyword o backlink. Per essere citati nei risultati generati dall’AI serve credibilità, trasparenza e autorevolezza. I modelli tendono infatti a privilegiare le fonti verificabili, aggiornate e coerenti.
Nasce così una nuova disciplina, già ribattezzata Generative Engine Optimization (GEO): l’arte di farsi riconoscere dalle intelligenze artificiali come fonte utile, corretta e affidabile. Ma la sfida non è solo tecnica. È culturale. Se ci abituiamo a ricevere risposte “preconfezionate”, rischiamo di perdere la capacità critica e l’abitudine a confrontare le fonti.
Le aziende stanno abbandonando la logica del conflitto e cercando accordi commerciali con i colossi dell’Intelligenza artificiale. Dopo la fase iniziale, in cui si discuteva di vendere i propri dati per l’addestramento dei modelli, oggi l’obiettivo è diverso: essere presenti e ben citati nelle risposte generate dalle AI.
Visibilità, citazione e fiducia diventano la nuova triade del marketing digitale.
Anche l’editoria sta ridefinendo le proprie strategie. Sempre più testate abbandonano la dipendenza dal traffico proveniente da Google e investono in newsletter, app proprietarie e paywall, puntando sulla relazione diretta con i lettori.
Un vantaggio competitivo emerge già: i contenuti audio e video restano difficili da sintetizzare per i modelli di AI, offrendo così uno spazio di autonomia e originalità per chi produce informazione.
Il cambiamento in corso non è solo tecnologico: è culturale e relazionale. Dalla ricerca di link al dialogo con i modelli, dal SEO al GEO, la rete sta vivendo la sua più grande trasformazione dopo l’arrivo dei social network.
E in questa nuova era, non sarà più chi grida più forte a emergere, ma chi saprà farsi ascoltare — anche dalle intelligenze artificiali.