Rivoluzione pubblicità

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Rivoluzione pubblicità

Dimenticatevi del marketing legato ai motori di ricerca come Google e dell’advertising sui social, da Instagram a TikTok. La prossima frontiera è il retail media. Ecco perché e come funziona.

Il mondo del digitale sta per essere travolto da una nuova rivoluzione sul fronte della raccolta pubblicitaria. Ci eravamo ormai abituati, da oltre un decennio, al dominio del marketing legato ai motori di ricerca (Google) e dell’advertising accoppiato agli universi social (Instagram, TikTok, ecc.). Ma ecco che arriva la cosiddetta next big thing, ovvero il retail media. Che poi sarebbero le operazioni di comunicazione e promozione strettamente collegate con le piattaforme web dei grandi retailer, da Amazon a Walmart, da Carrefour a Tesco, da eBay alla cinese Pinduoduo (proprietaria di Temu).

Non è una novità assoluta poiché anche nelle ere analogiche i brand commerciali sapevano benissimo quanto fosse strategico essere presenti nelle catene della grande distribuzione, venire esposti nello scaffale giusto e alla corretta altezza per catturare l’occhio del cliente, e poter lanciare iniziative promozionali sul punto vendita. Tutte cose per le quali pagavano (e pagano) profumatamente l’Esselunga o la Coop di turno. Ma il retail media è in sostanza un nuovo media, gigantesco, formato da tutte le grandi piattaforme di vendita online, un mezzo che rappresenta una sorta di ultimo miglio sul quale i brand pianificano volentieri la loro pubblicità perché in questo modo possono parlare a un target ben predisposto, che già sta per acquistare qualcosa online.

Tutti i numeri del retail media

Giusto per dare due numeri, il World advertising research center (Warc) ha appena rivisto le sue stime pesando gli investimenti pubblicitari in retail media a quota 153,3 miliardi di dollari nel 2024 (+13,7% sul 2023), e a 169,5 miliardi nel 2025. Di questi, Amazon nel 2024 raccoglierà circa 52,7 miliardi di dollari (+24% sul 2023), che poi saliranno a 68 miliardi nel 2025 (+19%). La piattaforma di Jeff Bezos, quindi, da sola intercetta il 37,3% del totale investimenti pubblicitari mondiali sul retail media. Un altro colosso è la cinese Pinduoduo, proprietaria di Temu, che nel 2024 raccoglierà 28,2 miliardi di dollari in advertising sul retail media, +31,3% rispetto al 2023. Da sola assorbe il 45,9% degli investimenti adv sul retail media in Cina. Anche la catena americana Walmart si siede al tavolo dei grandi del retail media, e la sua raccolta pubblicitaria nel 2024 cresce del 26% sul 2023.

Il retail media sta per diventare il secondo più importante mezzo nell’universo digitale, scavalcando i social media, e incalzando la search, ovvero i motori di ricerca). Come spiega Federica Setti, portavoce di Media Hub di Una (che rappresenta in Italia tutti i centri media associati in Una-Aziende della comunicazione unite) e chief research officer di Group M, “in Italia il retail media soffre ancora dell’eccessiva parcellizzazione della distribuzione italiana. C’è già una richiesta altissima da parte delle aziende, ma non siamo negli Stati Uniti, dove, per intenderci, c’è un gigante come Walmart, o in Francia dove la grande distribuzione ha soggetti fortissimi. In Italia ci sono ancora tante catene locali, ci sono le cooperative, soffriamo per la frammentazione dei retailer. Ma il retail media, nel giro di pochi anni, è destinato a diventare il secondo media per investimenti pubblicitari complessivi nel mondo digitale. Non si tratta di una moda, poiché è una opportunità di comunicazione che fornisce dati che andranno a profilare molto bene il target”.

La pubblicità la decide il cliente

I grandi retailer hanno capito che i dati dei loro clienti rappresentano una miniera d’oro per sé stessi e per gli inserzionisti, che poi sono i loro fornitori, permettendo a questi ultimi un accesso protetto ai dati al fine di condurre analisi di business e di creare campagne pubblicitarie ad hoc. Il retail media, quindi, diventa un nuovo paradigma nel digital advertising, perché mentre i canali addressable rimangono gli stessi (e-mail, sito web, app, social media, ecc.), il modo in cui vengono utilizzati i dati per il targeting e la misurazione cambia radicalmente: col retail media, gli inserzionisti, come detto, possono sfruttare i dati dei clienti dei retailer per creare campagne altamente mirate. Questi dati possono includere informazioni come le abitudini di acquisto, le preferenze dei prodotti e il comportamento online. E ciò permette di creare annunci molto più rilevanti e personalizzati, aumentando così l’efficacia delle campagne. Diventa quasi banale ricordare che raggiungere un utente con un messaggio in linea con le sue preferenze funziona molto più di un messaggio generalista.

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.