Intelligenza artificiale, una legge per crescere

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Intelligenza artificiale, una legge per crescere

L’Italia è il primo Paese in UE ad approvare una legge sull’AI. Secondo gli esperti è un passo importante che per concretizzarsi deve attendere però i decreti attuativi

Si intitola Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale la legge che il Senato ha approvato in terza lettura il 17 settembre 2025. Il Disegno di Legge n. 1146 potrebbe rappresentare un passo significativo per quel che riguarda il rapporto tra politica, legislazione e tecnologia. Uno scatto in avanti del nostro Paese, che ha recepito prima degli altri le indicazioni europee, inserite nel AI Act. Ma c’era bisogno di una legge dedicata all’AI? Non era sufficiente estendere a questo settore le norme già esistenti?
Non la pensa così Oreste Pollicino, ordinario di diritto della regolamentazione della intelligenza artificiale, all’Università Bocconi e founder di AIDVISORY. «Di questa legge avevamo assoluta urgenza – replica a Changes – il testo non sostituisce le regole settoriali, ma le integra e le ricompone in una visione unitaria». La necessità di una legge sull’intelligenza artificiale è ribadita anche da Enzo Maria Le Fevre Cervini, Senior Fellow ISPI, secondo cui «l’intelligenza artificiale è una tecnologia abilitante che entra trasversalmente in sanità, giustizia, lavoro, scuola, media. Senza un quadro unitario, il rischio sarebbe stato quello di lasciare spazi vuoti o avere regole contraddittorie».

Cosa prevede l’AI Act dell’Unione Europea?

La legge italiana in materia di AI recepisce l’invito del legislatore europeo a dotarsi di un insieme di norme nazionali che possano normare l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale. Una richiesta contenuta nell’AI Act, la prima normativa europea e globale per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale entrata in vigore nell’agosto 2024. Il suo obiettivo è puntare a sistemi di AI sicuri, etici, affidabili nel rispetto dei diritti fondamentali. Per farlo Bruxelles ha individuato quattro livelli di rischio (nessun rischio, rischio minimo, rischio elevato e sistemi di intelligenza artificiale vietati), per ciascuno dei quali si fissano limiti da non superare per evitare sanzioni.
I 113 articoli e 13 allegati della legge si applicano a tutti i sistemi di IA immessi sul mercato europeo, anche se sviluppati al di fuori dell’UE. Il testo, inoltre, istituisce il Comitato Europeo per l’Intelligenza Artificiale, composto da rappresentanti di ogni stato membro. Ciascun paese è poi chiamato a istituire un’autorità di controllo nazionale, che avrà il compito di vigilare sull’attuazione delle norme e sulle sanzioni.

Cosa prevede la legge italiana sull’intelligenza artificiale?

Secondo Oreste Pollicino, «mentre l’AI Act è una norma che guarda alla sostanza dei requisiti e dei divieti, la legge italiana si concentra sul “chi” e sul “come” deve farli rispettare». La legge è un provvedimento che delega il Governo, che attraverso i decreti attuativi è chiamato a normare il settore secondo i principi espressi dalla legge quadro. Come molti osservatori hanno sottolineato, la legge sposa un approccio antropocentrico, ovvero pone al centro l’uomo, cercando di limitare i rischi dell’uso della tecnologia nei vari settori. Ecco che, per esempio, nella sanità la legge prescrive come l’AI non possa sostituire la decisione umana del medico, e nel lavoro, come spiega Enzo Le Fevre, «chi utilizza sistemi di IA in azienda deve informare i lavoratori e garantire che le decisioni finali non siano puramente algoritmiche».  La legge introduce un nuovo reato di illecita diffusione di contenuti generati o manipolati dall’AI, vieta l’uso dell’AI agli under 14 senza il consenso dei genitori e nel campo del diritto d’autore protegge le opere generate dall’AI se sono opera dell’ingegno umano e limita l’utilizzo di contenuti, provenienti da dataset, che siano coperti da diritti. Un aspetto centrale nella legge è quello della governance, che la norma individua nelle già esistenti Agenzie per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) e Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). Entrambe sono sotto controllo governativo.

I nodi critici: indipendenza, efficacia e risorse stanziate

Proprio la natura governativa delle due autority ha attirato le critiche da parte di chi ha visto in questa decisione un rischio per l’imparzialità della legge. Un approccio, secondo Oreste Pollicino «non in contrasto con il quadro europeo», mentre secondo Enzo Le Fevre «le due autorità non sono indipendenti e quindi rischiano di non essere percepite come imparziali».
Per quel che riguarda le risorse stanziate per il settore, la legge attiva un programma di investimenti da 1 miliardo di euro a favore di startup e PMI. «Poco se paragonato agli investimenti enormi di USA e Cina, perciò va promosso un uso mirato delle risorse», commenta Le Fevre.
Da diversi punti di vista, inoltre, il provvedimento è stato accusato di fumosità, con un rischio di inefficacia. Secondo Oreste Pollicino, «l’efficacia della legge dipenderà dall’attuazione: dai decreti, dalle risorse e soprattutto dalla capacità delle autorità coinvolte di cooperare. Non bisogna dimenticare che l’AI è una tecnologia dinamica: un eccesso di rigidità sarebbe stato controproducente».

Le opportunità offerte dal provvedimento

Essere stato il primo Paese a recepire le indicazioni dell’AI Act, pur con tutte le incertezze del caso, potrebbe consentire all’Italia di ottenere un bel vantaggio competitivo nei confronti delle altre nazioni. È quello che ribadisce Enzo Le Fevre, secondo cui «sapere che in Italia c’è già un quadro chiaro, con regole di tutela e strumenti di sostegno, può attirare startup e grandi player internazionali». «Tuttavia – obietta – la legge sull’IA non è sicuramente sufficiente, serve armonizzare l’intero quadro legislativo».
Con la sola legge, insomma, non si traina un settore così volubile e dinamico come quello dell’intelligenza artificiale. Per questo, come evidenzia Oreste Pollicino, «serve dialogo costante con imprese, università e società civile, per trasformare la norma in cultura diffusa di compliance». Una cosa è certa: l’Italia con questa legge ha risposto presente in un settore come quello dell’AI che non ammette ritardi. In palio c’è un posto in prima fila in uno scenario dalle prospettive tecnologiche ed economiche vastissime.

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Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.