Un voucher contro la fame

Society 3.0


Un voucher contro la fame

L'agricoltura 3.0 è possibile in Mozambico grazie a un progetto di Fao, Ifad e Pma, finanziato dall'Ue. Così i contadini possono comprare sementi e fertilizzanti di qualità con una carta a tecnologia biometrica.

L’agricoltura 3.0 è possibile in Mozambico grazie a un progetto ( il voucher elettronico ) di Fao, Ifad e Pma, finanziato dall’Ue. Così i contadini possono comprare sementi e fertilizzanti di qualità con una carta a tecnologia biometrica.

Alla presentazione era andato perché spinto dalla curiosità. Con umiltà ha ascoltato tutto quello che i tecnici hanno detto, così come gli altri contadini, stropicciati dal sole e piegati dalla fatica di lavorare una terra avara di soddisfazioni. Eduardo Lino, uno dei 4 milioni di piccoli agricoltori che popolano il Mozambico, paese dove ancora il 45% della popolazione sotto i 5 anni ha problemi di malnutrizione, faceva davvero fatica a credere che quella tessera di plastica gli avrebbe permesso di accedere a sementi e fertilizzanti di miglior qualità, tanto da poter aumentare il suo raccolto con colture più ricche di principi nutritivi e destinarne una parte al mercato. Ha pensato fosse l’ennesima vana promessa di cambiamento, ma la mancanza di alternative valide per migliorare il suo magro raccolto, alla fine lo ha fatto cedere. Da quel giorno è passato poco più di un anno. Mesi duri, durante i quali Eduardo Lino ha combattuto contro la siccità e l’ostinazione di un popolo orgoglioso che fatica a cambiare le sue abitudini, ma alla fine ha raccolto i suoi frutti: «Grazie alle sementi acquistate con quel pezzo di plastica ho avuto una migliore resa delle colture e spero di migliorare ulteriormente la mia produzione durante la prossima stagione», ha detto con soddisfazione Lino. Quel pezzo di plastica è il voucher elettronico, uno dei tanti progetti del programma MDG1c che ha un duplice obiettivo: ridurre la fame e migliorare la sicurezza alimentare e la nutrizione in Mozambico.
Sostenuto dal Governo mozambicano e finanziato dalla Unione Europea, che ha messo sul piatto 67 milioni di euro spalmati in 5 anni, il progetto vede coinvolte tre agenzie internazionali: FAO, IFAD (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo) e PMA (Programma mondiale alimentare) e comprende diverse attività: dall’educazione alimentare nelle scuole e tra le donne dei villaggi che si occupano degli orti e della cucina, fino alla formazione dei contadini e alla diffusione del voucher, appunto, disponibile in due tipologie per dare la possibilità a tutti di partecipare. «Uno dei voucher ha un valore di 35 dollari l’anno ed è rivolto a piccoli agricoltori la cui produzione è destinata prevalentemente al sostentamento e l’altro di 130 dollari per agricoltori più strutturati», ha spiegato a Changes Walter de Oliveira, coordinatore FAO per il programma MDG1c. «Per responsabilizzare la popolazione e coinvolgerla maggiormente nel progetto abbiamo scelto di non elargire l’intera somma, ma di contribuire solo per il 70% dell’importo, mentre l’altro 30% viene versato dall’agricoltore, anche a piccole rate», ha continuato de Oliveira.

I contadini vanno a scuola di agricoltura grazie al voucher elettronico

Il contadino può accedere al voucher solo quando avrà versato l’intera parte della somma di sua competenza e ha frequentato uno dei corsi delle 1.800 Farmer Field School (FFS). Si tratta di scuole senza mura presenti sul territorio, dove i contadini di una determinata zona si radunano in gruppo per conoscere nuove piante ricche di principi nutritivi, imparare come si coltivano e sperimentare nuove sementi. I temi di discussione vengono definiti da loro stessi in base alle esigenze del momento. «Sono strutture molto flessibili che FAO ha avviato con successo molti anni fa in Asia e ora sono state importate in Mozambico. Il metodo di insegnamento utilizzato è molto efficace perché la divulgazione delle nuove tecniche di coltivazione non arriva dall’alto, ma viene condivisa alla pari, in questo modo è più facile fare cultura agricola e diffondere le nozioni», ha aggiunto de Oliveira. Sostenitrici accanite del voucher sono state soprattutto le donne, che da subito hanno compreso le sue potenzialità non solo legate allo sviluppo, ma anche alla gestione del budget familiare: la carta non può essere usata nei bar della zona dai loro mariti, e quindi rappresenta la certezza che quei soldi vengano davvero destinati alla terra al miglioramento del raccolto e quindi dell’alimentazione locale.

Tutto l’iter per l’erogazione del contributo economico è attentamente monitorato senza alcuna intermediazione bancaria. Per utilizzare il voucher il contadino deve recarsi in uno dei punti vendita locali specializzati nella vendita di sementi e fertilizzanti. Commercianti che sono stati formati dai tecnici FAO e ai quali è stato dato un tablet con un apposito lettore in grado di leggere il microchip della carta elettronica e di tenere monitorati gli acquisti di ogni singolo contadino. «In caso di perdita del PIN la carta è dotata anche di una tecnologia biometrica in grado di fare la lettura facciale del titolare», ha sottolineato de Oliveira. L’azienda che ha fornito materialmente la carta e la tecnologia che la rende così efficace è ADM, una piccola società giapponese che ha sposato il progetto con entusiasmo. La carta funziona sia online sia offline e tutti i dati dei contadini vengono poi archiviati in un cloud. «La situazione delle vendite da parte dei dealer e gli acquisti dei contadini è controllata in tempo reale dal mio ufficio e ogni 15 giorni il sistema produce una fattura che ci permette di contribuire con la nostra quota al pagamento del materiale acquistato», ha precisato de Oliveria.
Un sistema rigoroso, altamente tecnologico che sta dando i suoi frutti. Basti dire che in un anno i contadini entrati a far parte del programma sono arrivati a 23. 500 e la produzione dei loro campi è passata da mezza tonnellata per ettaro a 1,5 tonnellate per ettaro, ma potrebbe arrivare fino a 4 tonnellate. «Questo significa che gli agricoltori che prima producevano solo per la loro sussistenza, adesso possono destinare parte del raccolto al mercato», ha affermato de Oliveira. «Per conservare meglio il raccolto nel tempo, ognuno di loro ha costruito dei silos in mattoni, realizzati da artigiani presenti sul territorio, dando così vita a una piccola economia locale». Un sistema che funziona e che potrebbe essere replicato con successo anche in altri Paesi in via di sviluppo dove la fame continua a essere troppo diffusa. Tra le cause, la scarsità di infrastrutture, l’instabilità politica, i fenomeni meteorologici estremi o i cambiamenti climatici a lungo termine. Il problema si sta riducendo, basti dire che nel 1990, secondo dati FAO, un abitante su 5 al mondo non aveva abbastanza cibo di qualità, il che significa con il giusto apporto nutritivo, e ora la quota è scesa a uno su 10. Un buon risultato, vero, ma non è ancora abbastanza.

Ho lavorato per 20 anni nelle redazioni di riviste economiche (Gente Money, Panorama Economy) e digitali (News 3.0). Dal 2015 sono freelance. I temi che riguardano il lavoro e il management sono rimasti la mia passione, anche ora che scrivo per l’Italia dal Mozambico. ​​​