La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Credere in sé stessi, mettersi in discussione, arrivare a una visione integrata. Le regole per diventare un leader sono semplici. Seguirle è la cosa più difficile.
Regola numero uno del leader innovatore: sa ascoltare, perché se un collaboratore dice qualcosa c’è un perché. Vale in qualsiasi ambito: il vero leader è colui che sa creare una nuova visione d’insieme, ascoltando con attenzione e diventando il miglior follower dei contributi altrui per arrivare a una sintesi propria, a una visione integrata. Cerchiamo di approfondire questi concetti, ragionando sull’atteggiamento da tenere per innovare e, in particolare, sulla cosiddetta “leadership integrata”.
Di cosa parliamo:
La prima regola del leader innovatore è credere in sé. Non si è leader se non si vuole lasciare un proprio segno, creando un nuovo significato nei prodotti o nei servizi che si desidera proporre al resto del mondo. Esemplare, a questo proposito, fu il lancio del MacBook Air nel 2008. In occasione della presentazione ufficiale Steve Jobs disse: «Non c’è il disk drive. E sapete perché? Perché noi non pensiamo che la maggior parte dei clienti ne sentiranno la mancanza. Noi non pensiamo che avranno bisogno di un disk drive».
L’imprenditore, scomparso 10 anni fa (il 5 ottobre 2011), era certo, assieme ai suoi collaboratori, che per innovare occorresse guardarsi dentro, individuando nuove soluzioni. Un approccio, questo, “inside-out”, il cui punto di partenza è la propria visione del mondo. Come ricorda Roberto Verganti, docente al MIP Politecnico di leadership innovation, «un marketing manager di Apple ha affermato che la ricerca di mercato in Apple consisteva in Steve che si guardava allo specchio al mattino e chiedeva a sé stesso cosa volesse».
Tuttavia, come insegna Verganti (autore del libro dal titolo “Overcrowded: il manifesto di un nuovo modo di guardare all’innovazione”), «credere in una nuova direzione non garantisce che questa abbia senso. Certo, se noi stessi non amiamo una visione, sicuramente la gente a cui la proponiamo non la potrà amare. Questa, però, è una condizione necessaria, ma non sufficiente».
L’approccio “inside-out” deve essere arricchito dalla riflessione critica. Serve, in sostanza, mettersi in discussione. È solo il pensiero critico che ci può permettere di passare da un’idea a un’altra, abbracciando nuove visioni del mondo. Parliamo della capacità di “reframing” ossia della riflessione critica che non consiste nella critica agli altri, ma nel cambiare occhiali.
«Il pensiero critico – racconta Verganti – è lo strumento per sfidare il nostro quadro cognitivo, per scuoterci e sbarazzarci di un passato che potrebbe non avere più senso. Inoltre, il pensiero critico permette di creare il futuro. Infatti, la nostra visione iniziale è solo un’ipotesi vaga, il cui valore non è del tutto chiaro neppure a noi stessi. Il pensiero critico ci spinge ad approfondire, a confrontare le nostre ipotesi con quelle degli altri e a trovare interpretazioni nuove e più articolate».
Un terzo passaggio da fare è quello della capacità di integrare diverse visioni. Il vero leader innovatore è il miglior follower, perché – dopo aver evitato di selezionare l’idea migliore tra quelle proposte ed evitato il compromesso – è capace di valorizzare il contributo degli altri in una visione integrata. È quella visione che – prosegue Verganti – «converge su dove si vuole andare in una direzione più forte, profonda e autenticamente condivisa».
Se accendiamo la nostra curiosità e la nostra creatività – tira le somme il docente – «riusciremo a integrare diverse visioni, facendolo con rispetto, con grande stile di leadership e carisma». Il risultato sarà un nuovo modo di guardare al nostro lavoro per andare assieme ai collaboratori in una direzione più forte e autenticamente condivisa. Quella direzione condivisa di cui abbiamo più volte parlato su Changes.