Dalla denuncia all’autonomia: le nuove strategie per contrastare la violenza di genere

Society 3.0


Dalla denuncia all’autonomia: le nuove strategie per contrastare la violenza di genere

Il contrasto alla violenza di genere sta cambiando volto: non solo protezione e repressione, ma anche prevenzione e autonomia economica. Changes ne ha parlato con Rosalba Taddeini.

Per quanto sembri paradossale, la crescita del numero di donne che si rivolge ai servizi di supporto e di protezione è una buona notizia. Stando all’aggiornamento dell’Istat sulle chiamate effettate al 1522, il servizio di pubblica utilità messo a disposizione dal Dipartimento Pari opportunità per le vittime di violenza e di stalking, sono cresciute del 25,8 % le numero di segnalazioni via chat e via telefono pervenute all’helpline nel corso del 2024 rispetto all’anno precedente. Segno che, mentre il numero di reati è rimasto sostanzialmente stabile tra il 2023 e il 2024, sono cresciute le donne che hanno consapevolezza dei rischi e richiedono supporto e informazione sul tema della violenza e dello stalking. Changes ha parlato delle misure adottate nel nostro Paese in difesa delle donne con Rosalba Taddeini, componente del Direttivo di Differenza Donna, un’associazione italiana impegnata nella difesa dei diritti delle donne e nella lotta contro la violenza di genere e Responsabile dell’Osservatorio violenza alle donne con disabilità della stessa associazione.

Come è cambiato negli ultimi anni il contrasto alla violenza di genere e cosa si intende oggi con tale definizione?

Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin c’è stata una maggiore attenzione sul tema della violenza, che purtroppo ha prodotto interventi quasi esclusivamente sul versante normativo, confondendo un fenomeno sistemico strutturale culturale e patriarcale con un’emergenza e un problema di sicurezza. L’Italia ha leggi di contrasto alla violenza di genere efficaci che non trovano un’efficace applicazione perché ancor oggi viene trascurato un aspetto molto importante: la formazione tecnica e culturale tra i diversi attori. L’aspetto formativo è molto importante in quanto molto spesso non avere un quando chiaro di che cosa sia la violenza di genere, può portare a una sottovalutazione del fenomeno a causa di stereotipi e pregiudizi nei confronti delle donne.

Quali sono gli strumenti più recenti (codice rosso, aggravamento reato di femminicidio, reddito di libertà) per le vittime di violenza? E quali hanno dimostrato più efficacia?

La Legge n. 69 del 2019, conosciuta anche come Codice Rosso, ha introdotto misure per velocizzare i procedimenti penali relativi ai reati di violenza domestica e di genere. La legge prevede che, nei casi di denuncia di maltrattamenti, violenza sessuale, stalking e altri reati di violenza, le forze dell’ordine trasmettano immediatamente gli atti alla Procura, la quale è tenuta a sentire la vittima entro tre giorni. Tra le altre disposizioni, la legge ha introdotto nuove fattispecie di reato, come la deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.) e l’induzione al matrimonio. Il Codice Rosso ha segnato un notevole passo avanti per migliorare la tempestività e l’efficacia dell’intervento giuridico nelle situazioni di pericolo.
Un’altra norma decisiva è la Legge n. 168 del 2023, con cui il legislatore italiano ha rafforzato ulteriormente la tutela delle donne vittime di violenza domestica introducendo l’estensione delle misure cautelari, l’allontanamento del convivente violento anche in assenza di querela e il rafforzamento delle misure di protezione per le vittime di reati legati alla violenza domestica e di genere. Tra le innovazioni più rilevanti, vi è l’obbligo per i giudici di valutare la pericolosità sociale dell’imputato già nelle fasi preliminari del procedimento e di disporre misure restrittive efficaci, inclusa la sorveglianza elettronica, per evitare contatti tra la vittima e l’aggressore. Questa legge prevede anche un ampliamento delle forme di assistenza economica e psicologica per le donne vittime di violenza, potenziando il ruolo dei centri antiviolenza e delle case rifugio, con particolare attenzione alle donne migranti e in condizioni di vulnerabilità.
Queste riforme legali testimoniano l’impegno crescente delle istituzioni italiane nel contrastare la violenza maschile contro le donne, anche se permangono sfide significative, come la disomogeneità nell’applicazione delle norme e la necessità di una formazione più diffusa tra operatori del diritto, forze dell’ordine e servizi sociali. Legislazione a parte, uno strumento significativo è il Reddito di Libertà: un contributo economico per le donne vittime di violenza. l’importo è di 500 euro al mese per un massimo di 12 mesi. Esiste inoltre un congedo lavorativo per le donne vittime di violenza (richiesto direttamente all’INPS) che ha una durata massima di 90 giorni. Per le giornate di congedo la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità giornaliera pari al 100% dell’ultima retribuzione. Il congedo deve essere fruito entro tre anni dal provvedimento di protezione. Si aggiungono poi i provvedimenti previsti dallevarie Regioni italiane che, nel corso del tempo, hanno adottato leggi specifiche per affrontare la violenza maschile contro le donne, formalizzando e sostenendo le reti di intervento costruite da organizzazioni della società civile femminista, enti locali, uffici giudiziari, forze dell’ordine e strutture sociosanitarie.

Ha senso estendere l’attenzione dalla protezione delle donne alla prevenzione dei reati?

Purtroppo, la narrazione pubblica della violenza ancora si concentra su come la donna avrebbe potuto prevenire quelle stesse condotte violente che hanno cagionato la sua morte. La prevenzione rimane un’azione cruciale delle nostre attività, proprio per la consapevolezza della necessità di arginare interventi svincolati da una lettura della violenza quale problema sociale, che attribuiscono alle donne profili di “colpevolizzazione”. È necessario dispiegare la prevenzione su due piani tra loro comunicanti, quello individuale e quello generale. A livello individuale il lavoro delle operatrici nei colloqui con le donne e nel percorso di ospitalità mira a superare la normalizzazione dei comportamenti di controllo, limitazione della libertà, della svalutazione continua di sé e delle proprie capacità in modo da rafforzare l’autonomia e la valorizzazione delle competenze e risorse della singola donna. A livello di prevenzione generale, cioè sociale e collettivo, i centri antiviolenza e le case rifugio strutturano percorsi formativi della rete territoriale promuovendo la condivisione di momenti di confronto con gli stessi assistenti sociali, con le forze dell’ordine, con le insegnanti e educatrici delle scuole del territorio dove sono collocati i centri e le case rifugio e dunque che accolgono i figli e le figlie delle donne accolte.

L’educazione affettiva dei ragazzi fa la differenza?

Senza ombra di dubbio. Differenza Donna ha scelto da anni di lavorare anche con le adolescenti e gli adolescenti con l’obiettivo di favorirne la crescita, considerando il “genere” come apprendimento necessario, di sé, degli altri e delle altre, della visione del mondo. Siamo convinte che l’educazione al rispetto di sé e la cura delle relazioni tra pari costituiscono le basi sicure per la formazione di nuove generazioni, che promuovano una cultura di genere non-sessista e paritaria prevenendo così la violenza nelle sue varie manifestazioni. La pratica che le socie di Differenza Donna adottano attraverso le loro diverse professionalità – psicologhe, avvocate, operatrici, sociologhe, docenti- si basa attraverso percorsi di prevenzione con focus sull’alfabetizzazione emotiva, la de-strutturazione degli stereotipi di genere, l’attivazione di letture critiche del fenomeno della violenza.

Qual è l’azione più urgente da effettuare per contrastare la violenza di genere secondo voi?

La violenza di genere si può contrastare solo cambiando il paradigma sociale e culturale in cui è radicata. Per farlo serve una strategia a lungo termine, che miri a un cambiamento profondo con interventi formativi, sensibilizzazione e prevenzione. Le istituzioni dovrebbero promuovere l’educazione alla parità di genere, introdurre programmi di educazione nelle scuole, sensibilizzare l’opinione pubblica, lanciare campagne pubbliche per aumentare la consapevolezza sui diritti delle donne e soprattutto creare una rete di supporto e contesti sicuri in cui le vittime possano denunciare gli abusi.

Mantovana, giornalista da oltre 15 anni in Mondadori, collabora a numerose riviste nazionali su temi di attualità e stili di vita. Ha collaborato a una monografia sul cinema di Steven Spielberg e curato la traduzione dall’inglese di un saggio sul Welfare State. ​