AI-first o human-last? Il futuro del lavoro

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AI-first o human-last? Il futuro del lavoro

Non è la prima volta che la tecnologia fa paura. Già negli anni ’30 l’economista John Maynard Keynes parlava di “disoccupazione tecnologica”. A che punto siamo? Cosa ci insegnano i casi Duolingo, Klarna e Shopify.

Duo è morto. Anzi, no. Anzi, forse sì. Tutto è cominciato con un’abile trovata di marketing: la scomparsa della mascotte di Duolingo – il gufetto verde Duo – ha fatto impazzire il web. Poi il colpo di scena: era tutta una trovata per creare hype. Ma qualche settimana dopo, la svolta: Duo muore di nuovo, questa volta per davvero (almeno per una parte della community).
La causa? Un annuncio su LinkedIn: “Duolingo diventa AI-first”, e con questo anche l’addio a parte dei suoi collaboratori esterni, sostituiti da algoritmi. Risultato: shitstorm globale. Recensioni negative, proteste, post indignati. Ma il caso Duolingo è solo la punta dell’iceberg.

AI e tagli al personale: non è più fantascienza

Duolingo, Klarna e Shopify: tre nomi, un trend. Nel 2023 Klarna – colosso svedese dei pagamenti – ha ridotto del 40% il proprio organico, attribuendo la decisione alla crescente efficienza dell’intelligenza artificiale.
Shopify, piattaforma che supporta milioni di piccole imprese nell’e-commerce, ha fatto un passo in più: prima di ogni nuova assunzione, i team devono dimostrare che l’AI non può fare il lavoro.
Lo scenario è chiaro: siamo nel pieno di una nuova corsa all’oro. L’oro si chiama produttività, scalabilità, efficienza. Ma il rischio è di perdere qualcosa per strada. Indovina cosa? Esatto: le persone.

AI-first, ma senza diventare human-last

A San Francisco campeggiano cartelloni pubblicitari con un messaggio provocatorio: “Stop Hiring Humans”. No, non è una puntata di Black Mirror, è la realtà. Un mondo in cui l’AI non è più solo uno strumento, ma la base di ogni decisione aziendale.
Per molti, essere AI-first è l’unica via per sopravvivere nel mercato. Ma come ci insegna il caso Duolingo (che dopo la shitstorm è tornato sui suoi passi), l’intelligenza artificiale non può – e non deve – sostituire del tutto quella umana.
Anche Klarna, dopo i tagli, ha iniziato ad assumere di nuovo. Forse è un segnale. O forse è un ripensamento strategico. In ogni caso, è un invito alla cautela.

Il lavoro del futuro? Si chiama apprendimento continuo

Non è la prima volta che la tecnologia fa paura. Già negli anni ’30 l’economista John Maynard Keynes parlava di “disoccupazione tecnologica”. Ma oggi, con l’AI generativa, la paura riguarda anche lavori ad alto contenuto intellettuale. Secondo il CEO di Anthropic, l’AI potrebbe spazzare via il 50% delle professioni entry-level da ufficio nei prossimi cinque anni.
Cosa significa tutto questo? Una sola cosa: non possiamo permetterci di restare fermi.
La conoscenza dell’AI sta diventando un requisito base, come saper usare Word o Excel. E insieme a lei, cresceranno anche gli standard di efficienza e creatività.
Ma attenzione: le competenze tecniche non bastano. Per restare rilevanti, dobbiamo investire nelle nostre qualità più umane. Empatia. Creatività. Pensiero critico.
L’equilibrio è possibile: usare l’AI per essere più umani. Il futuro non è un bivio tra AI e persone. È un sentiero da costruire insieme. La vera sfida non è diventare più simili alle macchine. È usare la tecnologia per diventare versioni migliori di noi stessi. E magari, ogni tanto, salvare un gufetto verde.

Crediti foto: Courtesy Artisan

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Economista, consulente strategico e corporate trainer. Si è formato all’Università Bocconi di Milano e all’INSEAD di Fontainebleau, e ha girato il mondo per lavoro e per passione: Head of Business Development Unit di Finmeccanica in Russia, Senior Manager di McKinsey a Londra e Principal di AlphaBeta a Singapore, dove ha gestito progetti con aziende del calibro di Google, Uber e Microsoft. In precedenza, ha lavorato anche presso Goldman Sachs e le Nazioni Unite a New York. Tornato a Bari, ha fondato la Disal Consulting e si occupa di ricerca, consulenza, comunicazione e formazione per grandi aziende italiane (Ferrari e UniCredit), colossi digitali (Netflix e Amazon), istituzioni multilaterali (World Economic Forum) e governi nazionali (Francia, Cina e Germania). Insegna alla IE Business School di Madrid e alla Nanyang di Singapore, e dirige il Master in Digital Entrepreneurship presso H-Farm, dove cerca di trasmettere l’importanza dello storytelling per la riuscita di un progetto imprenditoriale. Dopo il successo del suo primo libro Flow Generation - manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili, ha pubblicato con Hoepli Phygital - il nuovo marketing tra fisico e digitale.