Gestione del rischio catastrofale: i modelli di successo in Europa

In un’Europa flagellata dalle catastrofi climatiche e naturali i singoli Paesi si muovono in ordine sparso nella gestione di questo rischio che colpisce senza preavviso e sempre
I polmoni del Pianeta stanno non sono più un alleato sicuro contro il cambiamento climatico. Una situazione che mette a rischio l’equilibrio globale e solleva interrogativi urgenti sulle strategie di gestione ambientale.
Un tempo alleate nella lotta al cambiamento climatico, oggi le foreste rischiano di diventare parte del problema. È l’allarme lanciato da Etifor, spin-off dell’Università di Padova, che rivela un’inquietante inversione di tendenza: in diverse aree del mondo, gli ecosistemi forestali stanno emettendo più anidride carbonica (CO₂) di quanta riescano ad assorbire. Una condizione che mette a rischio l’equilibrio globale e solleva interrogativi urgenti sulle strategie di gestione ambientale.
Le foreste, da sempre considerate veri e propri “polmoni verdi” del pianeta, assolvono a una funzione cruciale: attraverso la fotosintesi assorbono CO₂ e la immagazzinano nella biomassa e nel suolo, contribuendo a contrastare l’effetto serra. Tuttavia, questa funzione è sempre più compromessa da una combinazione di fattori che minacciano la salute delle aree boschive.
Incendi devastanti, eventi climatici estremi, degrado del suolo, infestazioni parassitarie e l’innalzamento delle temperature stanno trasformando le foreste da pozzi di carbonio in fonti di emissioni. E il fenomeno, purtroppo, non riguarda più solo zone isolate.
Il Canada rappresenta l’esempio più evidente di questo ribaltamento. Con 361 milioni di ettari di foreste, il paese avrebbe tutte le carte in regola per essere un pilastro della mitigazione climatica. Eppure, secondo dati governativi, negli ultimi vent’anni le sue foreste gestite – pari a 225 milioni di ettari – sono passate dall’assorbire in media 30,5 milioni di tonnellate di CO₂ l’anno a emetterne 131,2 milioni. Un cambiamento drammatico.
A determinare questa situazione concorrono diversi fattori: nel solo 2023, gli incendi hanno bruciato 15 milioni di ettari, ovvero circa il 4% della superficie forestale nazionale. A ciò si aggiunge l’impatto degli insetti xilofagi, come il coleottero del pino (Dendroctonus ponderosae), che ha compromesso oltre 20 milioni di ettari nella Columbia Britannica tra il 2000 e il 2020.
Il fenomeno non risparmia il Vecchio Continente. In Finlandia, l’assorbimento netto di CO₂ è risultato negativo già nel 2021, a causa soprattutto dell’intensificazione dei tagli legnosi e dell’aumento delle emissioni dal suolo, innescato dal riscaldamento climatico. Anche in Estonia, dal 2020, si registra una tendenza analoga.
In Germania, il mix tra siccità e infestazioni ha causato dal 2017 una perdita dello stock di carbonio forestale pari a 41,5 milioni di tonnellate. Il messaggio è chiaro: la crisi climatica, unita a una gestione spesso poco lungimirante, sta spingendo le foreste europee verso un punto critico.
Nel quadro globale, l’Italia sembra rappresentare un’eccezione. Secondo il National Inventory Document 2025 di ISPRA, le foreste italiane assorbono oggi il 14% delle emissioni nazionali di CO₂, un valore più che raddoppiato rispetto al 2022.
Ma è davvero una buona notizia? Gli esperti di Etifor invitano alla prudenza. L’aumento potrebbe derivare più da un affinamento delle metodologie di calcolo – grazie anche alla nuova Carta Forestale Nazionale – che da un reale miglioramento delle condizioni ambientali. Dati più accurati sono un passo avanti importante, ma occorre verificarne la solidità, soprattutto perché da queste stime dipendono le politiche climatiche del Paese.
Come sottolinea Davide Pettenella, Senior Policy Advisor di Etifor, l’incremento delle temperature potrebbe trasformare le foreste in “emettitrici” di CO₂, a meno che non si investa in una gestione forestale attiva. Non basta lasciar fare alla natura: il rewilding passivo, in un mondo profondamente alterato dai cambiamenti climatici, rischia di risultare inefficace o addirittura dannoso.
Occorre ripensare la gestione delle foreste come strumento centrale nelle strategie di adattamento e mitigazione, valorizzando le competenze scientifiche, la pianificazione territoriale e il monitoraggio costante. Perché i polmoni del Pianeta possano tornare a respirare davvero.
Crediti foto: Ivars Utinans/Unsplash