Adattarsi al clima: le città cambiano colore
Le aree urbane risentono più delle aree rurali del surriscaldamento globale. Il cosiddetto “effetto isola di calore” può aumentare le temperature di 4-5 gradi centigr
Si chiamano Masdar, Neom, Sidewalk le nuove smart city che stanno ridisegnando il modo di abitare e di vivere. Changes ne ha parlato con Gloria Pignatta, ricercatrice italiana dello SMART Centre di Singapore, polo d’eccellenza del MIT di Boston.
Si chiamano Masdar, Neom, Sidewalk le nuove smart city che stanno ridisegnando il modo di abitare e di vivere. Changes ne ha parlato con Gloria Pignatta, ricercatrice italiana dello SMART Centre di Singapore, polo d’eccellenza del MIT di Boston.
Netturbini robotizzati, emissioni zero, pedonalizzazione spinta. E poi sistemi di gestione del traffico, veicoli a guida autonoma e case a consumi zero. Sembra di fare sempre un salto nel futuro, leggendo dei progetti sulle smart cities. Eppure le città intelligenti rappresentano spesso realtà consolidate. Dai progetti di riqualificazione degli agglomerati urbani esistenti, passando per realtà nuove di zecca, l’obiettivo resta quello di costruire monumenti (abitabili) alla sostenibilità. Da un lato riducendo l’impronta dell’uomo sull’ambiente, dall’altro generando nuovi stili di vita che migliorino la qualità della vita del singolo. All’interno di un processo di urbanizzazione ormai irreversibile, in cui la necessità resta regolare i flussi di merci e persone nelle megalopoli del futuro.
«Alla base di una Smart City c’è un’accurata analisi dei dati, che permette alle macchine e ai dispositivi tecnologici di prendere decisioni e modificare il loro stato o quello dei sistemi collegati, sulla base delle informazioni ricevute dall’ambiente circostante. La città diventa adattiva, resiliente, sicura, coordinata. E di conseguenza molto più efficiente e competitiva nel rispondere alle esigenze dei cittadini», spiega a Changes Gloria Pignatta, ricercatrice italiana dello SMART Centre di Singapore, polo d’eccellenza del Massachusetts Institute of Technology di Boston (MIT). Nello slancio verso un futuro a zero emissioni, e nel tentativo di affrancarsi dal business petrolifero, il governo degli Emirati Arabi ha varato diversi progetti di città intelligenti. Ha fatto molto discutere il piano di realizzazione di Masdar City, la prima città al mondo a zero emissioni.
A soli 15 chilometri da Dubai, Masdar punta tutto sulla mobilità elettrica e sui veicoli a guida autonoma per merci e passeggeri. Il taxi si prenota dallo smartphone, arriva, preleva il passeggero e lo porta alla destinazione richiesta, per poi ripartire alla volta dell’indirizzo della nuova prenotazione. Per mangiare street food in strada, invece, sarà sufficiente attendere le cucine itineranti, con banchetti che si muovono autonomamente per la città, vendendo cibo in punti strategici. Un concetto ripreso recentemente dal veicolo e-Palette di Toyota. A Masdar l’80% dell’energia arriverà dal Sole e sarebbero stati già installati pannelli solari per la produzione di 40 mila MW di energia. Una sola centrale fotovoltaica realizzata su una superficie di 21 ettari dovrebbe coprire più della metà dei fabbisogni energetici. Con la previsione di coprire i tetti di tutte le abitazioni con pannelli solari e di realizzare un impianto per scopi domestici che punti alla desalinizzazione dell’acqua delle falde sotterranee.
Eppure del piano presentato ormai dieci anni fa, Masdar City conserva solo l’ambizione di diventare la prima città al mondo a zero emissioni. Mubadala, fondo d’investimento statale, ha puntato su Masdar 22 miliardi di dollari. A dieci anni dalla presentazione del progetto, però, i lavori di realizzazione delle strutture sarebbero fermi al 5% del totale. Il governo emiratino pianificava di riuscire ad attrarre a Masdar City non meno 50 mila abitanti. In realtà secondo gli ultimi report della stampa internazionale a Masdar sarebbero di stanza non più di 2 mila persone, impiegate principalmente a studiare nel campus che il MIT ha deciso di inaugurare e nella nuova sede dell’Agenzia Internazionale per le Rinnovabili (IRENA). Così il governo emiratino ha deciso di spostare la data di fine lavori dal 2016 al 2025, bocciando l’idea già sul tavolo di realizzare la nuova Masdar 2.
Il secondo progetto su cui ha deciso di puntare il principe ereditario della monarchia saudita Mohammed bin Salman è quello di costruire la città intelligente NEOM. La smart city, parte di un enorme distretto economico-innovativo, muoverà investimenti per almeno 500 miliardi di dollari. Oltre 300 miliardi arriveranno, secondo i piani, dalla cessione di una piccola partecipazione del 5% nel gigante saudita petrolifero Aramco. A guidare il progetto di realizzazione di NEOM sarà Klaus Kleinfeld, già CEO di Siemens, che ha confermato come l’area interessata riguarderà oltre 26 mila chilometri quadrati. La nuova smart city baserà i suoi consumi esclusivamente su energia prodotta da fonti rinnovabili, mentre la prima fase dei lavori dell’intera zona industriale interessata dovrebbe essere completata entro il 2025. Eppure sarà davvero difficile scegliere di abitare a NEOM: i prezzi delle case partiranno da una base di un milione di dollari. Ciononostante finora in 1.800 avrebbero già acquistato, mentre circa 900 inquilini avrebbero optato per l’affitto.
L’ultimo progetto di città intelligente in salsa emiratina è stato già ribattezzato invece Soustanable City. La città sostenibile annunciata dal principe Mohammed bin Salman ospiterà esclusivamente servizi di mobilità autonoma, tra cui droni per persone. Soustanable City sorgerà a 30 chilometri da Dubai e costerà 354 milioni di dollari, ospitando nel complesso 500 abitazioni. Ai residenti sarà concesso di muoversi esclusivamente su mezzi pubblici, auto elettriche connesse e carrozze trainate da cavalli. Del resto quel che importa è la sostenibilità dei trasporti, non la tecnologia fine a se stessa. Eppure a giocare un ruolo da protagonisti nella svolta delle città intelligenti sono proprio le multinazionali tech come Microsoft e Google.
«Ad oggi non esiste un modello ben definito di Smart City. Per questo motivo Google ed altre grandi compagnie tecnologiche hanno deciso di investire molto, con l’obiettivo di diventare i leader nell’enorme mercato delle Smart Cities. Questi modelli di città rappresentano inoltre dei grandi centi per la raccolta dati e per questa ragione risultano di grande interesse per le grandi società che lavorano con i dati», spiega a Changes Gloria Pignatta, ricercatrice italiana dello SMART Centre di Singapore. Il gigante fondato da Bill Gates non sarà direttamente coinvolto nella realizzazione di Belmont. Eppure la città intelligente che sorgerà a 80 chilometri da Phoenix, negli Stati Uniti, verrà costruita con 80 milioni di dollari che arriveranno direttamente dalla Belmont Partners, la società che amministra le attività filantropiche dell’uomo più ricco del mondo. La smart city ospiterà fino a 182 mila abitanti, grazie a 80 mila unità abitative. Vi sorgeranno scuole, centri commerciali e uffici. Mentre il punto forte sarà la gestione digitale di tutte le infrastrutture, grazie allo sfruttamento dei dati sugli spostamenti di cittadini e persone, immancabilmente su veicoli a guida autonoma. E tutela dei dati personali a parte, chi vorrà attraversare il deserto alla volta di Las Vegas potrà imboccare presto l’Intestatale 11.
Ammonta a poco meno di 50 milioni di dollari, invece, l’investimento sulla smart city targata Google. La holding Alphabet che controlla il più importante motore di ricerca in Europa e Stati Uniti ha firmato un accordo ufficiale con la città di Toronto, negli USA, per la costruzione di Sidewalk. La collaborazione, nata su iniziativa dell’amministrazione pubblica di Toronto, risentirà molto dell’esperienza maturata dalla controllata Waymo nell’ambito della guida autonoma. Nella città di Google si viaggerà sui Taxibots, trasportati a destinazione da veicoli e autobus senza conducente. I parcheggi costeranno cari, per scoraggiare eventuali avventori automuniti. La raccolta differenziata verrà completata da robot-netturbini a quattro ruote, mentre le abitazioni “flessibili” verranno realizzate per essere composte e ricomposte senza abbattere muri interni. Aria condizionata? Neanche per sogno. A casa Google un complesso sistema di refrigerazione naturale assicurerà il caldo d’inverno e il fresco d’estate. Del resto sarebbe difficile pensare di ridurre l’impronta dell’uomo sull’ambiente, senza generare nuovi stili di vita.