L’accelerazione verso l’Identità digitale

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L’accelerazione verso l’Identità digitale

Spid, CIE e IT Walet: lo sviluppo dell’ID Digitale nel nostro Paese procede a buon ritmo. E nel campo è arrivata dall’Europa l’accelerazione decisiva.

C’è un “io” digitale nel nostro prossimo futuro, un’identità virtuale che potrebbe agevolarci la vita, proprio grazie alla digitalizzazione e alla virtualizzazione del rapporto con i fornitori dei servizi e soprattutto con la pubblica amministrazione. Ne abbiamo avuto un saggio già durante la pandemia, quando il rischio contagio scoraggiava i rapporti fisici e di prossimità e il mondo si affannava nella rincorsa verso la remotizzazione della nostra socialità. Tra questi campi c’è proprio l’avvio del processo verso la costruzione dell’identità digitale, ovvero quella che Giorgia Dragoni, direttrice Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano definisce come «quell’insieme di dati che consentono di identificare in modo univoco una persona, un’azienda o un oggetto. Questi, poi, vengono raccolti, memorizzati e condivisi digitalmente per permettere agli utenti l’accesso a vari servizi».

I benefici dell’identità digitale

Alcuni esempi concreti di questi servizi riguardano i servizi della PA come quelli catastali, tributari o anagrafici, quelli sanitari, l’acquisto di beni e servizi tramite eCommerce, la fruizione di servizi di mobilità, di turismo o di intrattenimento. «L’identità digitale consentirà di relazionarsi con tutti i provider di servizi comodamente da remoto, senza doversi recare negli uffici», evidenzia Giorgia Dragoni, intervistata da Changes.

Il tutto con un livello di sicurezza molto elevato, visto che, come sottolinea Dragoni, «l’identità digitale è un elemento sicuro, che abilita la creazione della fiducia tra utente e fornitore di servizi». Proprio l’elemento della sicurezza è uno dei nodi centrali del dibattito attorno alle ID digitali e su di lui ruota in Italia il confronto tra la Carta d’Identità Elettronica (CIE) e lo SPID. «In questo momento – dice Dragoni – la CIE è l’identità digitale che rispetta maggiormente i canoni di sicurezza richiesti anche in sede europea, mentre SPID ha un livello di sicurezza sostanziale, ma che per essere utilizzato a livello europeo deve aggiungere un ulteriore livello di accesso rispetto ai tre oggi previsti». Un elemento quest’ultimo che sta determinando in Italia il progressivo allontanamento dallo SPID, come più volte ribadito a livello istituzionale.

Le tecnologie abilitanti dell’Identità digitale

Alla base dello sviluppo dei modelli di identità digitale vi è la gestione e l’elaborazione di grandi quantità di dati. Su di loro si basa uno degli elementi tecnologici centrali per quel che riguarda la sicurezza dell’ID digitale: i sistemi di riconoscimento biometrico, dal volto, alla voce alle impronte digitali. In questo campo è rilevante anche lo sviluppo dell’intelligenza artificiale con i suoi algoritmi allenati da vasti dataset che possono raffinare il riconoscimento dell’utente evitando furti di identità.

Nessuna identità digitale sarebbe tuttavia possibile senza lo sviluppo ormai avanzato del concetto di Blockchain, ovvero di quel registro di dati distribuito, trasparente e immodificabile che permette all’identità digitale di essere decentrata e auto-sorvegliata, senza la necessità di subire il controllo centralizzato. Un elemento determinante anche a livello di sicurezza e di lotta alle frodi e agli abusi.

Lo sviluppo dell’identità digitale in Italia

Il modello di italiano di lancio dell’ID digitale si basa essenzialmente sulla diarchia costituita dalla Carta d’Identità elettronica e dallo SPID. Il fatto che per quest’ultimo, come detto, è previsto un progressivo e graduale spegnimento può rappresentare un controsenso, se solo si guardano i dati di utilizzo dei due sistemi. «Ad oggi lo SPID conta 40.8 milioni di id attive, l’82% della popolazione maggiorenne italiana, mentre a fine 2024 si contavano appena 6 milioni di CIE attivati, a fronte di 53.5 milioni di carte d’identità smart fisiche», riporta Giorgia Dragoni.

Tuttavia, sempre secondo Giorgia Dragoni, la decisione di abbandonare lo SPID (per ragioni come visto di sicurezza) non rappresenta un passo indietro. «Sarà un processo lento – osserva – e questo favorirà la transizione verso altri modelli». A favorire questo passaggio concorrerà anche il modello del cosiddetto IT Wallet. Noto anche come Sistema di Portafoglio Digitale Italiano, si tratta di un progetto grazie a cui i cittadini possono conservare e utilizzare i documenti (Carta d’identità, patente, tessera sanitaria, ecc.) in formato digitale. Dallo scorso dicembre questo è possibile attraverso l’app IO. «Oggi IT Wallet non lo considererei una ID digitale», evidenzia Giorgia Dragoni. «Si tratta piuttosto di una sorta di repository dove tenere i nostri documenti. Nel prossimo futuro, tuttavia, saranno valorizzati i diversi modi di utilizzo online e offline dei documenti. Solo allora si potrà parlare di Identità digitale vera e propria»

L’ accelerazione europea

Per meglio comprendere l’evoluzione dell’IT Wallet è necessario pazientare e scoprire le linee guida che dovrebbero essere pubblicate a breve. A loro guardano con trepidazione i vari soggetti pubblici e privati interessati ad erogare il servizio. «C’è una data limite certa in cui tutto questo deve avvenire: il 24 dicembre 2026”, sottolinea Giorgia Dragoni. «Un anno dopo ci sarà una nuova scadenza che riguarderà l’accettazione del wallet da parte dei soggetti privati di servizi, come per esempio banche, assicurazioni e simili».

Queste scadenze sono state imposte dall’Unione Europea. Nel maggio 2024 è entrato infatti ufficialmente in vigore eIDAS2, che ha previsto la nascita di un’identità digitale per tutti i cittadini erogata tramite EUDI Wallet. Su questo modello convergerà anche IT Wallet, permettendo che i benefici introdotti dall’ID Digitale possano essere estesi anche a livello comunitario.

Un processo che ci vede in campo, dunque, con buon tempismo. «L’Italia ha grossi gap da colmare in termini di digitale e digitalizzazione, ma non in termini di identità digitale. Oggi siamo con la Grecia tra i primi Paesi ad aver fatto significativi passi avanti nel campo. Certo i nostri modelli hanno ancora molti limiti, ma dal punto di vista delle tempistiche di sviluppo è stato fatto un buon lavoro. Questo consentirà ai nostri cittadini di familiarizzare da subito con i nuovi utilizzi dell’ID digitale quando questa sarà diffusa sempre di più». Un elemento vitale in un Paese con ancora evidenti problematiche a livello di digital divide.

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Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.