Come funziona la scatola nera dell’auto

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Come funziona la scatola nera dell’auto

Si chiama Event Data Recorder, registratore dati evento, la normativa che rende obbligatori questi dispositivi su tutti i nuovi veicoli immessi sul mercato dell’Unione europea. Come vengono gestiti i dati.

Le “scatole nere” (BlackBox), sono dispositivi che registrano dati prima, durante e subito dopo un incidente. Servono per poter comprendere, dopo l’incidente, le cause che lo hanno determinato. Sono note per la loro applicazione sugli aerei, il dispositivo è molto robusto e può sopravvivere, o almeno conservare internamente i dati registrati, anche in caso di incidente molto grave. È stata inventata nel 1953 proprio a seguito di un incidente aereo.

Si chiama “scatola nera” non per il suo colore, che è tipicamente arancione, ma perché spesso l’aereo prende fuoco nell’incidente, e quindi la scatola nera, quando viene recuperata, è effettivamente nera. Questi dispositivi si sono evoluti permettendo l’invio dei dati registrati in tempo reale e diffusi anche sulle autovetture. Le case automobilistiche le hanno proposte per offrire servizi di assistenza ai loro clienti, non solo in caso di incidente, ma anche per problemi di tipo meccanico e di altro tipo.

Nel caso di problema meccanico la BlackBox può trasmettere la posizione del veicolo e dei dati diagnostici, per permettere una adeguata assistenza. In caso di incidente la BlackBox si attiva automaticamente e, grazie ai dati registrati prima, durante e dopo l’incidente, informare l’operatore della necessità di un intervento di soccorso medico anche senza un dialogo con il conducente, che potrebbe essere incosciente.

Le assicurazioni, in particolare Unipol, hanno favorito la diffusione delle scatole nere connesse, offrendo pacchetti scontati a chi accettava di installarle sui propri veicoli. Il cliente, oltre allo sconto, poteva avere servizi di assistenza di vario tipo, come, ad esempio, la chiamata di emergenza in caso di incidente. L’assicurazione, grazie ai dati della BlackBox, può chiarire le responsabilità dell’incidente e, inoltre, evitare frodi: incidenti non avvenuti o con conseguenze “dichiarate” molto più gravi rispetto alla dinamica dell’incidente stesso.

Come riportato in un recente articolo di Changes, sono attive nel nostro Paese 9,9 milioni di Black Box assicurative con un tasso di penetrazione fra gli automobilisti italiani del 21,5%. Una percentuale significativa di queste box è di Unipol, società a cui sono riconducibili oltre 4,2 milioni di scatole nere, secondo i dati più recenti aggiornati a giugno 2023. La provata utilità nella ricostruzione degli incidenti ha portato a considerare la possibilità di rendere obbligatoria la funzione di registrazione su tutti i veicoli di nuova produzione.

La normativa si è, quindi, focalizzata nella promozione di un dispositivo in grado di registrare dati prima, durante e dopo l’incidente, e conservare queste informazioni internamente al dispositivo stesso, a disposizione di enti e autorità autorizzati a leggerle, a differenza delle Black Box assicurative che hanno anche un localizzatore GNSS e una connessione cellulare GSM per poter conoscere la posizione del veicolo e trasmettere le informazioni sull’incidente in tempo reale.

Il regolamento Europeo sull’Event Data Recorder

La normativa che rende obbligatoria l’installazione della Black Box, denominata Event Data Recorder (registratore dati evento) è entrata in vigore per tutti i paesi dell’Unione Europea nel 2022, per tutti i nuovi modelli e dal 2024 sarà obbligatoria per tutti i nuovi veicoli immessi sul mercato. Si tratta del regolamento UNECE R160: uniform provisions concerning the approval of motor vehicles with regard to the Event Data Recorder.

La Commissione Europea, nel decidere questa introduzione obbligatoria, ha considerato i seguenti vantaggi nel breve e medio termine:

  • Il dispositivo, oltre a permettere di definire le responsabilità dell’incidente, consente di avere informazioni molto precise sulle cause dell’incidente stesso. Queste informazioni sono estremamente importanti per decidere in merito alle future politiche per migliorare la sicurezza del trasporto: conoscere le cause permette di poter concentrare i futuri interventi per ridurre le cause che concorrono maggiormente agli incidenti stessi, in pratica ottimizzare il rapporto tra costo (aggiuntivo sul veicolo) e beneficio (numero di incidenti evitati).
  • Sapere che esiste un dispositivo sul veicolo che registra il comportamento del guidatore, ad esempio la velocità del veicolo, dovrebbe “promuovere” comportamenti meno pericolosi, perché in caso di incidente non sarà possibile sfuggire alle proprie responsabilità.

Comprendere le cause degli incidenti

Lo scopo principale del dispositivo, oltre a determinare le responsabilità, è quindi quello di raccogliere informazioni sull’incidente, per poter risalire facilmente alle relative cause, e questi dati vengono trasmessi, in forma strettamente anonima, a centri tecnici che li analizzano per:

  • Determinare le cause dell’incidente;
  • Investigare sul ruolo avuto da parte dei sistemi di sicurezza, attivi e passivi, nel cercare di evitare l’incidente e mitigarne le conseguenze;
  • Comprendere se sistemi disponibili sul mercato, ma non presenti sul veicolo incidentato, avrebbero potuto evitare o mitigare significativamente l’incidente.

Se in una gran parte di incidenti almeno uno dei veicoli coinvolti fosse dotato di questa Black Box, diventerà possibile, per le autorità pubbliche, adottare in futuro misure molto più mirate ed efficaci per ridurre gli incidenti stessi.  Attualmente il beneficio di un dispositivo per il miglioramento della sicurezza viene calcolato sulla base di sperimentazioni, simulazioni e calcoli teorici. Le sperimentazioni sono ovviamente molto limitate. Solo dopo diversi anni che il dispositivo è presente e diffuso sul mercato diventa possibile valutarne il beneficio reale, ad esempio confrontando le statistiche di incidenti con veicoli dotati o meno del dispositivo.

Grazie all’Event Data Recorder diventa invece possibile misurare questo beneficio fin da subito, con i primi incidenti che coinvolgono veicoli dotati del dispositivo sotto esame. Da notare anche che queste analisi possono anche mettere in evidenza una eventuale “inefficacia” del dispositivo, e quindi la necessità, ad esempio, di cambiarne le specifiche di funzionamento.

Le caratteristiche dell’Event Data Recorder

Il dispositivo si attiva nel caso il veicolo subisca accelerazioni/decelerazioni superiori a quelle “normali”, cioè dovute al motore/freno del veicolo stesso. In particolare, si attiva se la velocità del veicolo, sia in senso longitudinale che laterale, cambia di più di 8 Km/h in 150 millisecondi (o meno). Questa variazione corrisponde ad una accelerazione/decelerazione di circa 1.5g, cioè 1.5 volte l’accelerazione di gravità.

Questo valore non è troppo elevato per permettere di registrare anche incidenti con dinamica relativamente bassa, ad esempio urti con un pedone o un ciclista. Il dispositivo potrebbe quindi anche attivarsi in presenza di “non incidenti”, ad esempio incontrando una buca o un piccolo ostacolo. Questo non rappresenta un problema: il dispositivo registra l’evento e poi si rimette nuovamente in attesa di un evento successivo. La memoria del dispositivo non si riempie mai: se è piena si procede a cancellare gli eventi cronologicamente, partendo dai più vecchi. Eventi che hanno fatto scoppiare gli airbag vengono però “bloccati” e non si cancellano a meno di interventi esterni.

Dati che vengono registrati

Prima dell’evento. Queste informazioni, per poter essere disponibili in anticipo rispetto all’evento, vengono registrate continuamente, per il periodo di tempo richiesto. Quando accade l’evento le informazioni vengono “congelate”, cioè copiate in una memoria elettronica che conserva l’informazione anche in assenza di alimentazione elettrica.

Nei cinque secondi prima dell’incidente viene registrato:

  • Velocità del veicolo (2 misure al secondo)
  • Posizione acceleratore (2 misure al secondo)
  • Attivazione o meno del pedale freno (2 misure al secondo)
  • Posizione sterzo (2 misure al secondo)
  • Numero giri motore (2 misure al secondo)
  • ABS (attivato, in intervento, guasto, 2 misure al secondo)
  • Controllo di stabilità (attivato, disattivato, guasto, in intervento, 2 misure al secondo)

Un secondo prima dell’incidente viene registrato:

  • Stato cintura sicurezza guidatore (allacciata, non allacciata)
  • Stato cintura sicurezza passeggero (allacciata, non allacciata)
  • Stato Airbag (spia anomalia accesa?)
  • Abilitazione airbag passeggero (disabilitato o meno)

Subito dopo l’incidente. Nel momento che si attiva l’evento partono invece tutte le registrazioni “post crash”.

Nel momento dell’incidente si registra:

  • Tempo, dall’evento, al quale si è attivato l’airbag guidatore
  • Tempo, dall’evento, al quale si è attivato l’airbag passeggero
  • Tempo, dall’evento, al quale si sono attivati gli airbag laterali (guidatore e passeggero)
  • Tempo, dall’evento, al quale si sono attivati gli airbag laterali a tenda (guidatore e passeggero)
  • Tempo, dall’evento, al quale si è attivato il pretensionatore del guidatore
  • Tempo, dall’evento, al quale si è attivato il pretensionatore del passeggero

Successivamente all’evento, per 250 millisecondi si registra:

  • Variazione di velocità longitudinale (100 misure al secondo)
  • Variazione di velocità laterale (100 misure al secondo)

Entro 300 millisecondi (o la fine dell’evento se termina prima) viene registrata:

  • la massima variazione di velocità longitudinale, ed in quale istante viene raggiunta;
  • la massima variazione di velocità laterale, ed in quale istante viene raggiunta
  • in quale istante viene raggiunta la massima variazione di velocità risultante complessiva.

L’evento si considera concluso quando la velocità diventa zero. Altri dati vengono registrati solo se disponibili, come le accelerazioni longitudinali e laterali dopo il crash, le caratteristiche degli occupanti veicolo (adulto, bambino), l’angolo di ribaltamento del veicolo, eventuali urti secondari dopo il primo.

Analisi dei dati

Le informazioni registrate prima dell’evento sono ovviamente molto utili per definire le responsabilità da parte del guidatore del veicolo:

  • procedeva a velocità eccessiva?
  • Da dove proveniva? Si trovava nella sua corsia di marcia (queste informazioni si ricavano dalla posizione finale del veicolo e dalla registrazione dell’angolo sterzo/velocità nei 5 secondi precedenti)?
  • Era distratto/addormentato (quando ha cominciato ad intervenire sul freno e sullo sterzo per evitare l’incidente)?

Oltre alla responsabilità da parte dei conducenti, questi dati possono permettere di verificare l’efficacia dei dispositivi di sicurezza attiva/preventiva (ABS, ESP, sistemi anticollisione, ecc.) presenti e costituire una base dati per analizzare, nel futuro, il potenziale beneficio che si potrebbe ottenere con nuovi o differenti dispositivi di sicurezza.

Le informazioni Post Crash sono, invece, utili per verificare l’efficacia dei dispositivi di protezione passiva. Dall’analisi della dinamica del veicolo è possibile calcolare le sollecitazioni (decelerazioni) a cui gli occupanti sono stati sottoposti. Correlando queste sollecitazioni alle conseguenze dell’incidente (traumi subiti) è quindi facile poter calcolare quanto sono stati efficaci i sistemi di protezione passiva (cinture, pretensionatori, airbag, ecc.) nel ridurre le conseguenze dell’incidente.

Ma la privacy?

Questi dati registrati chi li può leggere? È possibile opporsi al loro utilizzo? I dati registrati dall’Event Data Recorder sono dati sensibili e quindi soggetti alla legge sulla Privacy. Non sono quindi accessibili a tutti, ma solo a chi è autorizzato a leggerli. Il regolamento Europeo rimanda alle leggi nazionali e regionali la definizione dei soggetti autorizzati a leggerli.

In linea generale nel caso nell’incidente siano rimasti dei feriti in modo serio (o morti), gli organi di polizia intervenuti sono tenuti ad acquisire tutte le informazioni disponibili utili alle indagini e quindi possono leggere queste informazioni. Le autorità nazionali possono poi identificare organizzazioni autorizzate ad acquisire, in forma anonima, queste informazioni (dalla polizia o direttamente dai veicoli incidentati) allo scopo di investigare sugli incidenti, sulle prestazioni dei sistemi di sicurezza passiva e comprendere meglio le circostanze nelle quali un incidente avviene al fine di contribuire ad uno sviluppo di veicoli sempre più sicuri.

Ma servono davvero?

Dall’anno 2000 la Commissione Europea si è posta l’obiettivo di dimezzare il numero dei morti per incidenti stradali in ogni decennio. Nell’ultimo decennio di riferimento (2010-20) questa riduzione è stata del 36% in Europa (del 42% in Italia). Per questo decennio (2020-30) l’obiettivo non è solamente dimezzare i morti, ma anche i feriti gravi. Gli interventi si inquadrano in un piano strategico che comprende, oltre al miglioramento dei veicoli, anche l’educazione stradale, regole di circolazione più stringenti, maggiori controlli e strade più sicure.

Contemporaneamente all’Event Data Recorder, sui veicoli di nuova produzione sono stati resi obbligatori diversi dispositivi per migliorare la sicurezza ed evitare incidenti: sistemi anticollisione, per il mantenimento della corsia di marcia, per adottare velocità secondo i limiti, per ridurre la distrazione e la guida in condizioni non adeguate (sonnolenza o sotto l’effetto di alcool o droghe). Questi dispositivi ovviamente aumentano il costo dei veicoli e quindi la Commissione Europea, prima di decidere sulla loro obbligatorietà, ha condotto studi per verificarne l’effettiva efficacia nel ridurre in modo significativo gli incidenti, sia in numero che in termini di gravità. Ad esempio, il sensore che aiuta a non dimenticarsi di un bambino a bordo del veicolo è obbligatorio sono in Italia: il numero di incidenti di questo tipo è, per fortuna, così basso che la Commissione Europea non ha ritenuto necessario renderlo obbligatorio in tutta l’Unione Europea.

La Commissione Europea si è anche posta, oltre all’obiettivo di dimezzare i morti nel 2030 (cioè scendere a meno di 10.000/anno in tutta Europa), di arrivare a “zero” morti nel 2050. L’obiettivo è molto ambizioso e richiede quindi, non potendo pensare di far lievitare troppo i costi di acquisto di una vettura, interventi molto limitati ma di grandissima efficacia: per identificare questi interventi saranno fondamentali i dati raccolti dagli Event Data Recorder.

Si spera poi che la sicurezza di non poter sfuggire alle proprie responsabilità porti ad un miglioramento generale del comportamento dei guidatori. L’esperienza delle assicurazioni è confortante in questo. Molte, Unipol in particolare, hanno promosso sconti importanti sul premio assicurativo ai guidatori che accettano di installare una BlackBox sul proprio veicolo. Questo sconto è ovviamente correlato alla diminuzione di rischio di incidenti (con responsabilità) che le assicurazioni hanno riscontrato nei veicoli equipaggiati di Black Box assicurativa.

La speranza che l’Event Data Recorder possa quindi promuovere una guida più prudente è realistica. Sarà importante che questa presenza sia opportunamente resa nota a tutti gli acquirenti di nuovi veicoli in modo tale che il beneficio diventi reale e massimo possibile. Si potrebbe pensare che la soluzione ideale sarebbe che questo Event Data Recorder possa anche collegarsi BlackBox assicurativa, con il consenso del proprietario del veicolo, almeno per quanto riguarda la registrazione degli eventi relativi all’incidente. Problematiche di tipo tecnico e legate alla protezione della privacy rendono per il momento problematica una integrazione dell’Event Data Recorder nella BlackBox assicurativa.

I nuovi veicoli dispongono di un secondo dispositivo obbligatorio, l’emergency call, che contiene un localizzatore GPS e una connessione GSM. Anche l’emergency call, come l’event data recorder, deve sopravvivere in caso di incidente. L’integrazione dei due dispositivi potrebbe permettere di realizzare una BlackBox con le caratteristiche necessarie per un impiego anche ai fini assicurativi e, cosa più importante, per promuovere ancora più concretamente comportamenti di guida virtuosi. Per questo però occorrerà un ulteriore sforzo normativo.

Ma per realizzare l’obiettivo “Zero morti” entro il 2050, questo tipo di sforzo normativo, in assenza di una, auspicabile ma forse non realistica, naturale adozione generale di comportamenti di guida virtuosi, sarà necessario.

Nato a Carmagnola il 14 Settembre 1956. Si laurea nel 1980 in Ingegneria Elettrica, con la votazione finale di 110/110 e lode. Specializzazione in Automazione Industriale. Dopo un paio di anni di esperienza come sistemista software entra nel 1982 al Centro Ricerche FIAT. Fino al 1990 si occupa di automazione industriale e robotica, realizzando sistemi innovativi per il montaggio e l’ispezione, utilizzando sistemi di visione artificiale. Nel 1990 la tecnologia della visione artificiale diventa matura per essere utilizzata anche sul prodotto, veicolo, e quindi inizia a sviluppare sistemi di ausilio alla guida (radar anticollisione, mantenimento corsia, sensore angolo cieco). Diventa dirigente nel 1995, e gestisce i team di sviluppo di sistemi di informativa di bordo, assistenza alla guida, telematica e interfaccia con il guidatore. Coordinatore di numerosi progetti a finanziamento Europeo. Nel 2003 coordina per Fiat il progetto regionale Torino Wireless. Nel 2012 assume l’incarico di direttore della sicurezza presso l’ACEA, l’associazione Europea dei costruttori di veicoli, a Bruxelles. Rientrato in Fiat Chrysler Automotive nel 2017, lascia l’azienda nel novembre del 2017, per avviare una attività in proprio di consulenza industriale.