Plastica in mare: come raccoglierla e cosa farne

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Plastica in mare: come raccoglierla e cosa farne

Cestini e aspirapolvere scendono "in acqua" per catturare plastica per mari, oceani e fiumi. Andiamo alla scoperta di come funzionano e di come viene reimpiegata la plastica recuperata.

Chi nuota in mare, passeggia sulla spiaggia, esce in barca per diletto o per pescare lo sa, vi è una specie aliena in continua crescita, specie in “laghi” come il Mar Mediterraneo: parliamo della plastica.

In Europa sono di recente entrate in vigore le normative volte a ridurre (o eliminare) l’impiego di alcuni prodotti di plastica monouso, ma in generale i volumi di rifiuti che finiscono nell’oro blu del Pianeta è davvero notevole. Le stime parlano di circa 150 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica già sversati, con un aumento annuo di circa ulteriori 8 milioni. A questo ritmo (considerato anche la riduzione dei pesci a causa della sovrappesca), secondo il World Economic Forum si ipotizza che nel 2050 il peso della plastica negli oceani supererà il peso complessivo degli animali marini.

I primi di marzo 2022 a Nairobi si è inoltre tenuta l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unea-5) durante la quale i 175 Paesi partecipanti hanno preso una decisione storica: entro il 2024 dovrà essere approvato un documento legalmente vincolante per fermare tutto ciò. Come ha detto durante l’evento il ministro per il clima e l’ambiente norvegese Espen Barth Eide: l’inquinamento da plastica è un’epidemia. Bisogna quindi affrontarla con serietà e globalmente.

Fermare la plastica prima che arrivi a mare

Tra le “autostrade” che portano la plastica nei mari, vi sono innanzitutto i fiumi. Alcuni studi ipotizzano che 10 fiumi nel mondo siano da soli responsabili del 90% della spazzatura presente in mari e oceani, tra questi ad esempio il fiume Giallo, il Nilo e il Gange.

Vista la difficoltà di recuperarla a valle, da anni si stanno studiando sistemi di raccolta per cercare di ridurre gli sversamenti. Per bloccare questi tapis roulant di spazzatura, negli Stati Uniti (ove si stima che l’80% della plastica degli oceani arrivi dai fiumi) la Ocean Clean Up ha lanciato una sfida: far navigare nei corsi d’acqua degli Interceptor, delle barche barriere alimentate da energia solare che, sfruttando la corrente , riuscirebbero a catturare 50 mila chili di rifiuti al giorno (se non di più!).

Barriere anti marine litter in Italia

In Italia abbiamo corsi d’acqua davvero importanti, non solo per la nostra storia, cultura e agricoltura, ma anche nell’apporto agli sversamenti in mare. Per questo sono iniziati anche nel Belpaese dei progetti di barriere anti marine litter. Ad essere interessati sono i fiumi “romani” come il Tevere e L’Aniene che attraverso un progetto della Regione Lazio ora vedono raccogliere tonnellate di plastica che viene poi destinata a riciclo.

E non è assolutamente l’unico caso italiano: dal 2019 è infatti partito  “Po d’Amare”, che ha dato il via al posizionamento di barriere lungo il corso d’acqua del fiume più grande ‘Italia. Anche in questo caso una doppia vittoria perché quanto recuperato è stato destinato alla raccolta differenziata.

Come raccogliere la plastica in mare

Cosa fare invece con tutta quella plastica che non viene intercettata prima? Per quelle tonnellate già sversate? Se riprenderla tutta è impossibile – come quella che giace nelle profondità o è degradata n frammenti microscopici – cercare un modo di recuperare ciò che galleggia è fondamentale. Buste, frammenti, reti da pesca, sacchetti, bottiglie finiscono per essere ingeriti da pesci, mammiferi e tartarughe, da un lato entrando nella nostra catena alimentare e dall’altro spesso decretando la morte degli animali marini. Per questo sono tanti i progetti che cercano di porre un freno a tutto ciò. Vediamone alcuni.

Cestini e ruote aspira plastica in porto

I Seabin hanno la forma di cestini ma non vanno messi sulla banchina. Sono galleggianti e vengono posizionati in porti o comunque in prossimità della terraferma per consentirne l’alimentazione elettrica. Questi speciali aspirapolvere riescono a dragare macro e microplastiche fino a 1,5 kg al giorno per cestino. Una volta pieno, può essere svuotato e riposizionato.

Nel porto di Baltimora è conosciuto come Mr.Trash Wheel. Trattasi di una ruota che percorre il porto di Inner Harbor alimentata dal vento o dalle rinnovabili raccogliendo rifiuti. Gioca in squadra col fratello, Professor Trash Wheel, che fa da diga, impedendo ai rifiuti presenti nel porto di uscire in mare aperto.

Non solo plastica

Sebbene la plastica sia la più evidente (rimanendo spesso in superficie), vi sono tanti tipi di rifiuti che finiscono nell’immensità del blu. La Pelikan, barca ecologica messa a punto dall’azienda anconetana Garbage Group, non solo combatte il plastic marine litter, ma riesce anche a trattenere e separare i rifiuti oleosi.

Barriere a misura di oceano

Gli oceani, con i loro spazi smisurati, presentano problemi di plastica proporzionati alla loro estensione, ovvero enormi. A realizzare barriere addirittura di 2 km è la Ocean Cleanup. Immaginate una grandissima “U” a caccia di frammenti galleggianti nel vortice sub tropicale del nord del Pacifico con un ambizioso obiettivo: ripulire il 50% del garbage patch entro 5 anni.

Oggetti che danno una seconda vita alla plastica

Raccogliere i frammenti per evitare che inquinino flora e fauna marina è fondamentale, ma si pone anche la questione di cosa farci dopo con queste tonnellate di rifiuti. In gran parte il raccolto dal marine litter è composto di plastiche riciclabili. In pochi anni sono molti i progetti di recupero e riciclo  messi su… o giù inteso come per terra. Tra le idee più di successo vi è sicuramente la linea di sneakers Adidas X Parley che nascono dalla collaborazione del noto brand sportivo con la ong green Parley for the Oceans. Il 75% delle scarpe è realizzato con un filato prodotto riciclando la plastica proveniente da mari e oceani. Lo sapevate? Un altro esempio, stavolta made in Italy, è quello dei costumi “Ocean Breeze” ideata da Mermazing. La collezione è realizzata utilizzando l’ ECONYL ® un filato di Nylon 100% che ridà vita alle reti da pesca abbandonate e recuperate negli oceani. Pensate poi che anche Barbie e il suo gruppo di amici hanno una linea di fashion dolls, “Barbie loves the Ocean” in cui sono stati impiegati parti di plastica derivante dalle raccolte di rifiuti di costi d’acqua. Questi sono solo alcuni dei tanti esempi che speriamo consentano un giorno di dire che ripulire gli oceani sia stato un gioco da ragazzi.

Specializzata su temi ambientali e sui new media. Co-ideatrice del premio Top Green Influencer. È co-fondatrice della FIMA e fa parte del comitato organizzatore del Festival del Giornalismo Ambientale. Nel comitato promotore del Green Drop Award, premio collaterale alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2018 ha vinto il prestigioso Macchianera Internet Awards per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all'economia circolare. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione e docenza sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.