Media: l’Italia si fida

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Media: l’Italia si fida

Nonostante i due anni di pandemia, l’aumento delle fake news e dell’informazione di propaganda, nel nostro Paese la credibilità delle notizie continua a crescere, in assoluta controtendenza rispetto a quanto accade a livello globale. I risultati dell’Edelman trust barometer.

L’Edelman trust barometer è il rapporto più atteso dalla comunità dei media e degli opinion maker. E l’edizione 2022 (indici da 1-49= sfiducia; da 50-59= neutralità; da 60 a 100= fiducia) presenta novità che potrebbero realmente fare la differenza quando ci si trova di fronte alla scelta dei territori dove allocare al meglio i propri investimenti. L’Italia, infatti, si stacca dai trend medi rilevati sulle 29 nazioni coinvolte dalla indagine (campione di 36 mila persone): è un paese dove, nonostante i due anni di pandemia, la fiducia continua a crescere, in assoluta controtendenza rispetto a quanto accade sia a livello globale, sia in Europa. 

Pure in relazione alla informazione e ai media gli italiani mantengono inalterato il loro indice di fiducia (50), un risultato assolutamente positivo rispetto, ad esempio, al 47 della Germania (-5 punti sul 2021), al 39 degli Usa (-6) o al 35 del Regno Unito (-2). Da segnalare anche un diffuso europeismo degli italiani, secondi solo agli irlandesi a livello continentale quanto a fiducia nei confronti dell’Unione europea, con un indice che raggiunge 60 (+5 punti in paragone al 2021). I soggetti a cui fare riferimento quando si parla di fiducia sono in Italia il proprio datore di lavoro, con un indice più alto rispetto a paesi come Spagna, Germania, Francia, e poi gli scienziati, i colleghi di lavoro, le autorità sanitarie e il proprio ceo. 

Il business, insomma, e questo è un trend comune un po’ ovunque, diventa l’istituzione più credibile, una forza di coesione della società, capace di eseguire piani e strategie che portino a risultati concreti, e di premiare il merito e la competenza. Tutto ciò, spiega Fiorella Passoni, amministratore delegato di Edelman Italia, «rappresenta una grande opportunità per le aziende, che hanno l’occasione di diventare una guida per continuare a fare crescere il livello generale di fiducia nel paese. Le aziende hanno un ruolo sociale cui non possono più sottrarsi: i dati ci dicono che sette italiani su dieci vogliono che i leader aziendali interagiscano con la società e con i vari stakeholder e soprattutto che prendano posizione sulle principali tematiche sociali. Questo non vuol dire che il business debba sconfinare nella politica: le aziende dovranno occuparsi di policy e non di politics, ossia di fatti concreti, per rassicurare le persone sul proprio futuro, fornendo loro informazioni affidabili e chiare. In questo quadro, come emerso dall’ultimo Forum di Davos, è importante sottolineare il ruolo strategico della comunicazione che, grazie alla sua capacità di formare le abitudini, sarà fondamentale per il recovery di alcune industry come, ad esempio, quella del turismo. Sarà però necessario che le aziende, ma anche tutte le istituzioni, cambino la propria narrazione facendola diventare più diretta, positiva ed empatica».

Sfiducia all’estero nei confronti dei governi

Come detto, la fotografia dell’Italia scattata dal Rapporto di Edelman si differenzia rispetto ad alcune tendenze complessive rilevate sui 29 paesi indagati dal Trust barometer

In questi due anni di pandemia i governi sono stati centrali come non mai, con un controllo, anche sanitario, senza precedenti imposto sui cittadini. Se in Italia questo non ha comportato particolari tensioni verso l’esecutivo, nel mondo invece, sia sui governi, sia sui media si è abbattuta una ondata di sfiducia, accusando queste due istituzioni di essere elementi divisivi nella società e di alimentare un clima di diffidenza generale. I governi favorirebbero sia la divisione, sia la disinformazione per incassare voti nelle urne, i media, invece, per raccogliere click sul web.

L’indice di fiducia medio mondiale relativo alle fonti di informazione è pari a 59 per i motori di ricerca (-3 punti rispetto al 2021), a 57 per i media classici (-5), 43 per i media controllati direttamente dalle aziende (+1) e 37 per i social media (-8), canale che, soprattutto durante la pandemia, ha perso clamorosamente di credibilità, essendo stato il vettore principale delle fake news: basti pensare che l’indice è addirittura a quota 19 in Francia e a 20 in Germania. 

Quanto alle figure di riferimento, massima fiducia verso gli scienziati (75, +2 punti sul 2021), poi stabili “i miei colleghi di lavoro” (74), in crescita “il mio ceo” (66, +3), le autorità sanitarie (63, +3), cui seguono “i cittadini del mio paese” (58, stabile), la figura del ceo in generale (49, +1), i giornalisti (46, +1) e, ultimi, i leader di governo (42). 

Cina batte Russia

Il Trust barometer, con interviste fatte prima della invasione russa in Ucraina, mostra come la situazione a Mosca e dintorni fosse già molto compromessa: uno dei paesi con il più basso indice di fiducia nella democrazia (32), nel business (34), nel governo (37) e nei media (29). Un clima, insomma, talmente negativo che aveva bisogno di una svolta eclatante.

Il regime cinese, invece, esce molto bene dal Rapporto Edelman: la Cina è infatti il paese col più alto indice di fiducia nella democrazia (83, +11 punti), seguito dagli Emirati arabi uniti (76, +9 punti), ovvero due nazioni dove il concetto di democrazia è molto relativo. 

Pechino guida anche la classifica della fiducia nel business (84, +14 punti), davanti a Indonesia (81, +3) ed Emirati arabi uniti (78, +11), un segnale di come la pandemia abbia anche spostato gli equilibri economici mondiali verso Oriente. La Cina è prima per fiducia nei media (80, +10), nei governi (91, +9), e nelle autorità sanitaria (93, +12). 

Insomma, vittorie su tutta la linea. E, se si confrontano gli indici di fiducia in Cina e negli Usa, emerge bene in quale direzione sembra vadano le cose. Capitolo governo: Cina 91 (+9) e Usa 39 (-3). Capitolo business: Cina 84 (+14) e Usa 49 (-5 punti). Capitolo media: Cina 80 (+10), Usa 39 (-6).

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.