Talento o passione? Due vie per trovare la realizzazione

La scelta tra talento e passione è uno dei dilemmi più ricorrenti nella vita personale e professionale. Cosa conta di più per trovare la realizzazione: avere talento naturale in
Nuove tecnologie, esigenze ambientali, desiderio di autenticità e ricerca del benessere ridefiniscono il modo in cui ci muoviamo. Dal nostalgia travel, passando per le calmcations fino alla fuga dall’overtourism, quali sono i principali travel trend che segneranno il presente e il futuro del turismo.
Sì, viaggiare. Più facile a dirsi (o a cantarsi, in questo caso) che a farsi. Se da un lato gli ultimi anni hanno segnato una ripresa su larga scala del settore turistico, grazie anche all’effetto rimbalzo dopo il periodo pandemico, è altrettanto vero che la situazione globale non è certo così favorevole: guerre, crisi economica, instabilità generale rendono il viaggiare una pratica che può essere complicata e ansiogena. C’è anche un motivo apparentemente virtuoso: è il ventaglio sempre più ampio di possibilità di modulare i propri viaggi in base a passioni culturali, attitudini rispetto allo spostamento, possibilità di spesa e così via, che aumentano a dismisura le opzioni di scelta ben oltre la vecchia dicotomia viaggio organizzato/viaggio fai-dai-te. E si sa, la scelta può anche essere paralizzante. Su tutto, il ruolo sempre più determinante e pervasivo (invasivo, direbbe qualcuno) della tecnologia.
Per provare a delineare alcuni dei “travel trends” che segneranno questo e i prossimi anni, non si può quindi non partire dal convitato di pietra in qualunque discorso contemporaneo: l’Intelligenza Artificiale. La tecnologia che sta già cambiando il mondo ha inevitabilmente impattato anche in questo ambito. Assistenti virtuali, chatbot, algoritmi predittivi diventano “consulenti” sempre più utilizzati per pianificare itinerari personalizzati in base a gusti, tempo a disposizione, abitudini e budget. Le piattaforme di booking offrono suggerimenti iper-mirati, mentre le app di viaggio si adattano in tempo reale al comportamento dell’utente e a quello che succede (in termini di offerta culturale, ricettiva, gastronomica ecc.) in una certa località in un determinato momento. L’AI è utilizzata sempre più negli aeroporti per velocizzare check-in, controlli di sicurezza e riconoscimento facciale. Ci sono poi le tecnologie immersive: tour virtuali, realtà aumentata e ambientazioni nel metaverso permettono di esplorare le destinazioni prima di partire. Le agenzie offrono anteprime virtuali degli alloggi, musei e siti archeologici arricchiscono l’esperienza con contenuti AR fruibili via smartphone o visori. Il viaggio è quindi sempre più un ibrido tra fisico e digitale (“phygital”).
L’intelligenza artificiale generativa sta dunque cambiando radicalmente le modalità di approccio al viaggio, ma come sempre c’è da tenere conto del suo lato oscuro, o almeno problematico. Per esempio, le possibilità di monitorare costantemente i prezzi dei biglietti degli aerei porta di riflesso al fenomeno del “dynamic pricing”, che può rendere le tariffe più economiche ma anche più costose. Ci sono poi dei “tech-travel assistant”, come il Claude creato dalla compagnia Anthropic, che una volta installato sul computer sbroglia tutta la parte noiosa di un viaggio – prenotazioni, orari di spostamento, check-in e così via – ma con un forte rischio di frodi.
Ogni trend, inoltre, ne stimola sempre uno uguale e contrario: pare infatti che molti aspiranti viaggiatori della Generazione Z, connotata in parte da una certa forma di reazione antitecnologica e dal bisogno di “rallentare” i ritmi, preferisca rivolgersi alle brochure cartacee e alle buone vecchie guide stile Lonely Planet. Il digital detox si fa quindi sentire anche – forse soprattutto – al momento di fare le valigie.
A proposito di Gen-Z: la sensibilità ambientale è ormai un criterio determinante nella scelta delle destinazioni e delle modalità di viaggio. Strutture eco-friendly, mezzi di trasporto a basse emissioni e attività che rispettano l’ambiente e le comunità locali diventano requisiti sempre più importanti soprattutto per i viaggiatori più giovani. Le compagnie aeree investono – non ancora quanto dovrebbero – in carburanti sostenibili (SAF), il turismo ferroviario conosce una nuova popolarità, molte piattaforme online mostrano etichette “eco” accanto alle offerte. Un green travelling che in alcuni casi è mero green washing (apparenza più che sostanza) ma che certo sul lungo periodo rappresenterà una tendenza irreversibile e obbligata.
L’esigenza di sostenibilità si accompagna a quella di accessibilità e genuinità. In questo senso prende sempre più piede la tendenza al cosiddetto “de-touring”. La classica deviazione dalle rotte più battute, alla ricerca dell’autenticità e in fuga dalla piaga dell’over-tourism. Ovviamente qualunque “posticino alternativo” diventa poi nel corso del tempo destinazione popolare e di moda – un esempio vicino a noi? l’Albania – ma intanto i viaggiatori stanno riscoprendo il piacere, e in molti casi la necessità, di diversificare. Per motivi più o meno simili, si sta accentuando anche una de-stagionalizzazione del viaggio, con i periodi primaverili e autunnali preferiti a quelli di punta (estivi, o legati alle festività).
Approfondire i nuovi trend di viaggio significa anche famigliarizzare con curiosi neologismi in inglese. Qualche esempio? Per cominciare, c’è il “noctourism”, traducibile all’incirca con “turismo notturno”: musei aperti anche in tarda serata, spiagge bioluminescenti, esplorazioni di fenomeni naturali visibili solo di notte. A proposito di questi ultimi, il fenomeno spiega la crescita di popolarità di mete nordiche, dalle Svalbard alle isole Lofoten in Norvegia, dall’Islanda alla Finlandia. Una tendenza che va sotto il nome di “coolcations” (“cool + vacations”), istigata anche dal cambiamento climatico. Dalle vacanze al sole a quelle al fresco, dall’amato Mediterraneo all’estremo Nord.
Ciò che, invece, si può trovare ovunque sono pace, calma, tranquillità, assenza di inquinamento acustico e di stress. Ecco, quindi, la moda delle “calmcations”: pacchetti che offrono soggiorni in resort lontano da tutto, e in particolare dalla tecnologia, immersi in placidi scenari naturali. Quando il viaggio diventa letteralmente l’occasione di “staccare la spina” (o il wi-fi).
Infine, in un mondo nel quale l’accelerazione verso il futuro rischia di creare un sempre più pronunciato spaesamento accompagnato a un bisogno di certezze, sta prendendo piede – soprattutto tra gli appartenenti alla generazione X e i Millennial che si avvicinano alla mezza età – il fenomeno del “nostalgia travel”. Dal ritorno ai luoghi di vacanza dell’infanzia ai viaggi tematici ispirati ai decenni passati, dal turismo “pop” che va a caccia delle location di film e serie tv leggendarie a quello ispirato alle proprie radici famigliari, che in una società fortemente segnate dall’immigrazione ha una importanza sempre più rilevante.
Per sintetizzare, il viaggio pare sempre più focalizzato sulla personalizzazione, l’esperienza trasformativa, la consapevolezza. Più che uno spostarsi, può essere pensato come un “connettersi”: alle proprie esigenze più intime e al proprio passato, alle nuove tecnologie e alle nuove sensibilità.