Un format agile, hi-tech, a vista, concentrato sul gusto tanto quanto sulla velocità. La ristorazione italiana si apre a un nuovo modello che reinterpreta in chiave locale quello internazionale.
Una cucina professionale in tutto e per tutto, ma senza sala. Nessun cameriere ad attendere al pass cucina professionale, solo rider pronti a ritirare piatti caldi. Siamo nel mondo delle dark kitchen, un modello nato per la consegna a domicilio, sempre più diffuso anche in Italia, grazie a soluzioni rapide, tecnologiche e scalabili.
Cambio di paradigma delle cucine
Già nel 2018 UBS si chiedeva: “La cucina è morta?” I calcoli prevedevano un mercato del cibo consegnato a casa in crescita del 20% annuo, fino a 365 miliardi di dollari entro il 2030. Oggi, dopo gli shock del Covid, quel mercato si è consolidato, affiancando il modello tradizionale proprio come lo streaming ha affiancato il cinema.
Cosa sono le dark kitchen
Le dark kitchen – o dark-kitchen – sono cucine professionali pensate solo per il delivery, senza sala né cameriere. Menu verticali – pizza, burger, sushi, poke – cucinati a catena, ottimizzati per velocità, scala e replicabilità. Ma non tutte sono “oscure”: alcune, come Delivery Valley e Kuiri, puntano su cucine a vista e brand curati, sfumature più italiane di questo modello.
Professioni e tecnologie dietro le dark kitchen
Dietro le dark kitchen c’è una rivoluzione organizzativa: nuove figure professionali, gestione digitale delle cucine, sistemi di geomarketing, dashboard per rider, marketing automation e ottimizzazione continua del pass cucina professionale.
Kuiri, ad esempio, offre spazi attrezzati, software gestionali e supporto completo per chef e ristoratori, promuovendo un modello coworking che fa incontrare tradizione, innovazione e scalabilità.
Le dark kitchen stanno cambiando la ristorazione?
Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, nel 2024 il mercato italiano dell’e-commerce ha ormai raggiunto quasi 59 miliardi di euro, con un +6% rispetto al 2023. La componente food&grocery, inclusivo delivery e spesa online, vale circa 4,9 miliardi di euro (+7%).
Nel 2025, le proiezioni parlano di 62 miliardi totali (+6%), con food&grocery e beauty&pharma in crescita intorno al +7%.
Questi numeri confermano che i consumatori hanno cambiato abitudini: ora acquistano su più piattaforme, integrando delivery e ristorazione tradizionale. Il 66% degli italiani è interessato al servizio a domicilio, e in tutti i centri sopra i 50.000 abitanti è già diffuso.
Il futuro delle dark kitchen
Chi scommette sulle dark kitchen punta sull’equilibrio tra tecnologia, qualità e brand identity. Delivery Valley, nata a Milano nel 2021 da un’dea di Maurizio Rosazza Prin e della compagna Alida Gotta, ha scommesso sull’attenzione maniacale al prodotto (es. pizza croccante) e a processi industriali raffinati. Il loro segreto? Proporre la cucina come collezioni di moda, con ricette stagionali pronte in 15 giorni. «Siamo partiti dal salotto di casa per approdare alla nostra cucina ideale. La nostra prima domanda è stata: come deve essere il prodotto per arrivare buono dopo 20/30 minuti? Già prima del Covid stavamo studiano il modello internazionale di dark kitchen, ci sembrava un business interessante, a fronte della crescita esponenziale del mercato delle consegne anche in Europa e in Italia, eppure noioso da replicare in toto. Volevamo qualcosa che avesse caratteristiche più italiane, non tanto legate alla tipologia di cibi proposti, ma all’alta fantasia e all’ossessione per la qualità del cibo». Rosazza Prin paragona i suoi ristoranti virtuali a delle collezioni di moda, con una forte attenzione alla costruzione del brand, dall’idea di partenza alla scelta delle materie prime, fino alla comunicazione, che è la prima vetrina. «Per esempio, la pizza che normalmente arrivava a casa era troppo gommosa perché non reggeva il viaggio. Abbiamo pensato a una tipologia che ha la sua dignità nella singola porzione, con una cottura che la lasci croccante all’esterno e morbida all’interno. Per risolvere a monte il problema dello slittamento del prodotto nel tragitto, abbiamo fatto con il nostro nuovo panificatore dei ragionamenti su una curvatura del design, che permetta alla mozzarella di non scivolare e agli ingredienti di rimanere il più compatti possibile».
Kuiri, fondata nel 2020 da Paolo Colapietro e Alessandro Righetti, è un network di cucine professionali in cloud, pensate per brand virtuali e progetti di delivery, costruite con un approccio da coworking attrezzato. «Ho pensato, come è possibile che esistano coworking per liberi professionisti e creativi e non per il settore della ristorazione? L’idea di partenza era dare vita a un luogo di questo tipo per permettere agli chef di testare le idee prima di introdurle nella propria cucina, ma da subito ho capito che il concetto poteva andare oltre», racconta il ceo Paolo Colapietro