Giovani e famiglia: addio al “modello unico”, viva le differenze

Famiglia tradizionale addio. Anche l’edizione 2025 di GenerationShip mostra con la forza dei dati la profonda evoluzione nel sentire dei più giovani nei confronti di questa isti
Perché i fallimenti sono preziosi se non necessari per la nostra crescita professionale e umana. Ma quando l’errore è giusto? La lezione sulla leadership di Amy Edmondson.
La cultura del fallimento permea di sé anche il contesto della formazione imprenditoriale italiana, ormai, da sempre un po’ restia ad abbracciarne il mantra, e tuttavia c’è un rischio da evitare: trasformare in una moda a tratti intollerabile un tema di grande rilevanza per le scienze sociali.
Guardiamoci attraverso gli schermi e proviamo a rispondere con onestà: quanto ci dà fastidio sbagliare e ammetterlo, prendendoci la responsabilità dell’errore commesso?
La maggior parte di noi cerca di evitare il fallimento e si vergogna quando le cose vanno male, è l’essenza del bel libro di Amy Edmondson, docente di leadership alla Harvard Business School. La dottoressa Edmondson ha trascorso 20 anni a studiare la sicurezza psicologica (psychological safety), ovvero la convinzione che le persone possano agire liberamente sul posto di lavoro senza rischiare punizioni o umiliazioni. Il suo nuovo libro Il giusto errore: la scienza del fallimento (Egea editore) utilizza questi studi scientifici per esplorare come possiamo costruire un rapporto sano con i nostri errori. L’autrice indica alcuni spunti per elaborare e imparare dai nostri errori.
Quando falliamo, il nostro cervello tende a cedere all’istinto di catastrofe e finisce per avere paura. Ma possiamo riorganizzare i nostri fallimenti come esperienze significative.
Cominciate a chiedervi: «Cosa mi ero prefissato di fare?», «Che cosa è successo in realtà?». Queste domande non riguardano il modo in cui abbiamo “sbagliato”. Si tratta di esaminare i fatti. È possibile fare ammenda o correggere la rotta? Esplorare queste domande può aiutare a non farsi prendere dal panico o a non reagire in modo eccessivo.
Invece di provare vergogna, pensiamo a come andare avanti o cambiare direzione. Se una relazione fallisce, potremmo provare una nuova app di incontri, organizzare una festa di divorzio o prendere una pausa dagli appuntamenti. Misurate il vostro successo in base a quanto avete imparato. Un fallimento è una fine, ma come nella carta dei tarocchi crescono germogli tra i corpi dilaniati dalla falce, un ottimista guarda avanti. «Si tratta di esplorare le possibilità».
L’umiltà e l’onestà sono essenziali per una mentalità del “fallire bene”, scrive Edmondson. Condividere i nostri fallimenti con gli altri riduce al minimo la vergogna, incoraggia a dire la verità e offre alle persone la possibilità di imparare dagli errori degli altri. «Normalizza la realtà del fallimento per tutti noi e crea un legame profondo», per usare le parole dell’autrice. A volte pensiamo che i nostri errori ci rendano meno degni di una relazione, sia essa lavorativa o afferente alla vita personale, ma spesso è vero il contrario. «Non ci piacciono le persone perfette. Ci piacciono le persone oneste e vulnerabili».
E allora, se è un buon consiglio dare un esempio, comincio a condividere qualche mio fallimento. Scrivo tanti saggi e organizzo molte presentazioni di libri: spesso e volentieri, sono incontri che vanno deserti, con il desolante silenzio di sedie vuote in libreria. E anche i miei libri, salvo rare eccezioni, non vendono cifre roboanti.
L’istinto è cercare sempre la scusa: «Eh, ma pioveva». «L’orario della presentazione non permette a molti lavoratrici/lavoratori di partecipare». «Il libro è uscito in concomitanza con un best seller che ne ha oscurato le possibilità». E invece proviamo a prenderci la responsabilità dei nostri errori: cosa ho fatto per collaborare alla riuscita dell’evento? Qual è l’obiettivo che mi pongo con gli incontri di presentazione? E non sarà che scrivere un libro ogni anno sia un po’ troppo e che, forse, si possono raccogliere le idee e lasciarle in infusione perché decantino in qualcosa che senti come veramente tuo? Impariamo dai nostri errori, a partire dal rispettarne l’importanza in un contesto dove ci sentiamo sicuri di condividere.