Il lessico calcistico è più veloce della palla
Siamo al sesto minuto del secondo tempo supplementare della partita di calcio leggendaria per antonomasia: Italia-Germania, semifinale dei Mondiali messicani del 1970. I tedeschi h
Perché i fallimenti sono preziosi se non necessari per la nostra crescita professionale e umana. Ma quando l’errore è giusto? La lezione sulla leadership di Amy Edmondson.
La cultura del fallimento permea di sé anche il contesto della formazione imprenditoriale italiana, ormai, da sempre un po’ restia ad abbracciarne il mantra, e tuttavia c’è un rischio da evitare: trasformare in una moda a tratti intollerabile un tema di grande rilevanza per le scienze sociali.
Guardiamoci attraverso gli schermi e proviamo a rispondere con onestà: quanto ci dà fastidio sbagliare e ammetterlo, prendendoci la responsabilità dell’errore commesso?
La maggior parte di noi cerca di evitare il fallimento e si vergogna quando le cose vanno male, è l’essenza del bel libro di Amy Edmondson, docente di leadership alla Harvard Business School. La dottoressa Edmondson ha trascorso 20 anni a studiare la sicurezza psicologica (psychological safety), ovvero la convinzione che le persone possano agire liberamente sul posto di lavoro senza rischiare punizioni o umiliazioni. Il suo nuovo libro Il giusto errore: la scienza del fallimento (Egea editore) utilizza questi studi scientifici per esplorare come possiamo costruire un rapporto sano con i nostri errori. L’autrice indica alcuni spunti per elaborare e imparare dai nostri errori.
Quando falliamo, il nostro cervello tende a cedere all’istinto di catastrofe e finisce per avere paura. Ma possiamo riorganizzare i nostri fallimenti come esperienze significative.
Cominciate a chiedervi: «Cosa mi ero prefissato di fare?», «Che cosa è successo in realtà?». Queste domande non riguardano il modo in cui abbiamo “sbagliato”. Si tratta di esaminare i fatti. È possibile fare ammenda o correggere la rotta? Esplorare queste domande può aiutare a non farsi prendere dal panico o a non reagire in modo eccessivo.
Invece di provare vergogna, pensiamo a come andare avanti o cambiare direzione. Se una relazione fallisce, potremmo provare una nuova app di incontri, organizzare una festa di divorzio o prendere una pausa dagli appuntamenti. Misurate il vostro successo in base a quanto avete imparato. Un fallimento è una fine, ma come nella carta dei tarocchi crescono germogli tra i corpi dilaniati dalla falce, un ottimista guarda avanti. «Si tratta di esplorare le possibilità».
L’umiltà e l’onestà sono essenziali per una mentalità del “fallire bene”, scrive Edmondson. Condividere i nostri fallimenti con gli altri riduce al minimo la vergogna, incoraggia a dire la verità e offre alle persone la possibilità di imparare dagli errori degli altri. «Normalizza la realtà del fallimento per tutti noi e crea un legame profondo», per usare le parole dell’autrice. A volte pensiamo che i nostri errori ci rendano meno degni di una relazione, sia essa lavorativa o afferente alla vita personale, ma spesso è vero il contrario. «Non ci piacciono le persone perfette. Ci piacciono le persone oneste e vulnerabili».
E allora, se è un buon consiglio dare un esempio, comincio a condividere qualche mio fallimento. Scrivo tanti saggi e organizzo molte presentazioni di libri: spesso e volentieri, sono incontri che vanno deserti, con il desolante silenzio di sedie vuote in libreria. E anche i miei libri, salvo rare eccezioni, non vendono cifre roboanti.
L’istinto è cercare sempre la scusa: «Eh, ma pioveva». «L’orario della presentazione non permette a molti lavoratrici/lavoratori di partecipare». «Il libro è uscito in concomitanza con un best seller che ne ha oscurato le possibilità». E invece proviamo a prenderci la responsabilità dei nostri errori: cosa ho fatto per collaborare alla riuscita dell’evento? Qual è l’obiettivo che mi pongo con gli incontri di presentazione? E non sarà che scrivere un libro ogni anno sia un po’ troppo e che, forse, si possono raccogliere le idee e lasciarle in infusione perché decantino in qualcosa che senti come veramente tuo? Impariamo dai nostri errori, a partire dal rispettarne l’importanza in un contesto dove ci sentiamo sicuri di condividere.