Oltre 8 mila aziende hanno già ottenuto la certificazione UNI/PdR 125:2022 sulla parità di genere, superando di dieci volte gli obiettivi fissati dal PNRR. Non è solo un traguardo etico, ma una scelta strategica.
Facciamo i conti: secondo le stime della Banca d’Italia, il pieno utilizzo del potenziale femminile nel mercato del lavoro potrebbe generare una crescita del PIL nazionale del 7%: è un dato che da solo racconta quanto l’inclusione non sia semplicemente un obiettivo etico, bensì una strategia vincente per tutto il sistema economico. In tutto questo c’è una tendenza positiva: la parità di genere in azienda ha fatto registrare nel 2025 oltre 8 mila imprese certificate UNI/PdR 125:2022. Come possiamo e dobbiamo interpretare questo dato? Ne abbiamo parlato con Paola Corna Pellegrini, presidente di Winning Women Institute, ossia la società benefit che in Italia – grazie all’impegno del suo fondatore Enrico Gambardella, del membro del board William Griffini e della presidente del comitato scientifico Sonia Malaspina – indica la rotta da seguire, promuovendo la diffusione di una cultura aziendale più equa e meritocratica.
Già 8 mila imprese certificate UNI/PdR 125:2022
Partiamo, appunto, dal dato: oltre 8.000 imprese certificate in meno di tre anni per la parità di genere: «Il dato è straordinario, non solo per l’entità numerica, ma soprattutto per ciò che rappresenta – racconta in esclusiva a Changes la presidente Corna Pellegrini –. È una vera e propria svolta culturale e strategica nel mondo delle imprese italiane. È la dimostrazione concreta che le aziende stanno riconoscendo nella parità di genere un valore fondante, non solo sul piano etico ma anche su quello organizzativo e competitivo. Avendo superato di 10 volte gli obiettivi del PNRR, le imprese italiane hanno compreso che la certificazione UNI/PdR 125:2022 non è un adempimento formale, ma uno strumento concreto per crescere, innovare e attrarre talenti. Inoltre, la parità di genere è anche un requisito normativo, alla luce delle leggi italiane ed europee sulle quote di genere nei consigli di amministrazione e della Direttiva europea sulla Pay Transparency del 2023, che sarà operativa nei Paesi membri dal 2026. Questo rende l’impegno sulla parità non solo una scelta valoriale ma anche un obbligo strategico e normativo».
Parità di genere come equità sociale e leva di competitività
Dietro al dato relativo alla certificazione sulla parità di genere, c’è una visione chiara e netta del lavoro: equità sociale e competitività sono due facce della stessa medaglia: «Non è un’alternativa: la parità di genere è entrambe le cose – prosegue Corna Pellegrini –. È, prima di tutto, un diritto fondamentale che garantisce equità e dignità a tutte le persone, a prescindere dal genere. Ma è anche – e sempre più – una leva strategica per lo sviluppo economico. Le imprese che investono in inclusione e valorizzazione dei talenti, senza stereotipi e discriminazioni, sono più performanti, più innovative e più attrattive. A supporto di ciò, secondo dati Cerved Rating, la presenza di donne ai vertici aziendali contribuisce a ridurre i profili di rischio delle imprese stesse, segnalando una gestione più equilibrata e sostenibile. Per il sistema Italia, questo si traduce in maggiore produttività, migliore reputazione internazionale e una capacità di affrontare il futuro con basi solide. La parità non è solo giusta: conviene».
Cinque passi futuri da fare per la parità di genere in Italia
Guardando al domani, restano da individuare i passi da compiere sulla parità di genere in Italia. La presidente Corna Pellegrini fa una to-do list articolata in cinque punti: «Serve la diffusione capillare della cultura della parità di genere: nelle aziende, nelle scuole e nei media, perché il cambiamento culturale nel nostro Paese è il primo fattore abilitante. Serve la diffusione delle politiche e dei meccanismi premiali per le aziende virtuose legati agli appalti e ai fondi pubblici e non solo: a questo proposito abbiamo lanciato nel 2024 il Manifesto per la Parità di Genere nella Filiera Italiana, un impegno da parte delle grandi imprese capofila a riconoscere premialità in tutte le loro gare alle imprese che hanno conseguito la certificazione per la parità di genere. Serve il supporto alle PMI e alle microimprese affinché possano accedere alla certificazione con strumenti semplici, sostenibili e proporzionati. Servono anche il monitoraggio e la trasparenza dei dati così da misurare e comunicare l’impatto reale delle politiche di parità e favorire la condivisione di buone pratiche. Servono, infine, la formazione manageriale e la leadership inclusiva: è cruciale formare una nuova classe dirigente che sappia interpretare la diversità come risorsa strategica».
L’impegno futuro per la parità di genere dell’Osservatorio
I risultati, come sempre, si ottengono solo lavorando. E Winning Women Institute, dopo aver agito in Italia come stimolo del percorso sulla parità di genere, ha un piano d’azione molto articolato: «L’Osservatorio è nato con l’obiettivo di offrire una base oggettiva e strutturata di dati e analisi sullo stato della parità di genere nelle aziende italiane», aggiunge la presidente Corna Pellegrini. I prossimi passi includono la pubblicazione periodica di report nazionali e regionali, per misurare i progressi e le criticità; le analisi settoriali e tematiche, per comprendere l’evoluzione nei diversi comparti produttivi; la diffusione di strumenti di benchmark per le aziende, che potranno confrontare le proprie performance con quelle del mercato. E tanto altro ancora: «L’ambizione dell’Osservatorio è quella di diventare un punto di riferimento per orientare il cambiamento culturale necessario per realizzare la parità di genere – conclude Corna Pellegrini –. La parità di genere è la leva che consente una maggiore competitività per le aziende e per il sistema Paese, e ci permette di affrontare le sfide demografiche del nostro tempo».