Il lavoro dei sogni esiste davvero o è solo un’utopia?

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Society 3.0


Il lavoro dei sogni esiste davvero o è solo un’utopia?

La ricerca di un lavoro flessibile è il chiodo fisso della Generazione Z che vuole realizzarsi facendo qualcosa di utile per la comunità. Come si fa a non tradire i propri sogni.

Alla fatidica domanda della maestra “cosa vuoi fare da grande?”, i miei compagni di classe rispondevano “il calciatore”, “la ballerina”, “l’astronauta”.
Io invece, come i protagonisti delle storie che mi facevano compagnia la domenica pomeriggio, replicavo sempre “l’archeologo”. Un’affermazione che faceva sorridere bonariamente i miei insegnati e preoccupare “gli adulti” che puntualmente mi suggerivano con presunta saggezza “ma sei sicuro di non voler fare il medico come papà?”.
“No, l’archeologo”, controbattevo io.
Proprio come Indiana Jones, il protagonista di uno dei miei film preferiti, volevo girare il mondo e perdermi in mercatini e strade affollate e polverose per vivere nuove avventure. In realtà, più che l’archeologo, volevo fare l’avventuriero.
Alla fine, ci sono riuscito. Ho abbandonato la mia terra per diventare… un economista. Nell’immaginario collettivo, una figura eterea con i capelli gelatinati imbalsamata in un completo di Ferragamo.

Ma io non mi sono arreso a questo stereotipo – non ho mai indossato un completo di Ferragamo e ho sempre evitato di usare l’inglesismo “spread” più di tre volte in un solo giorno – e sono diventato un economista avventuriero.
Dopo essermi trasferito a Milano, non mi sono più fermato. Ho vissuto a New York, a Mosca, ad Hong Kong e anche negli ultimi anni, nonostante abbia piantato di nuovo le radici nel luogo in cui sono nato, parto alla scoperta di nuove città o Paesi ogni volta che posso.
Proprio come me, oggi molti giovani non riescono ad arrendersi all’idea di dover stare dietro a una scrivania tutto il giorno “per far arricchire qualcun altro”. Secondo uno studio di McKinsey, la Generazione Z cerca un lavoro flessibile che dia un senso alla loro vita e gli permetta di fare qualcosa di utile per la comunità.
Proprio come me, devono adottare una serie di strategie che gli consentano di trasformare quello che hanno nel lavoro dei loro sogni, o in qualcosa di simile.         

Eccone quattro (più una “bonus”) che mi hanno aiutato a non tradire i miei sogni e a diventare un economista avventuriero.

  1. Pensa in grande, agisci in piccolo. Tieni sempre a mente il tuo obiettivo finale, qualunque sia – la pace nel mondo, le emissioni zero, gli Stati Uniti d’Europa – e stabilisci degli obiettivi giornalieri, settimanali o mensili, per avvicinarti sempre di più al traguardo. Possono essere corsi o progetti personali, da portare avanti sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Se riesci a convincere anche solo uno dei tuoi colleghi a fare la raccolta differenziata, sei già più vicino alla meta.
  2. Coltiva la curiosità.Da buon avventuriero, questa è una qualità che non ho mai perso. Non smettere mai di imparare, partecipa a corsi di formazione e condividi le tue nuove competenze con i colleghi.
  3. Esplora le tue passioni (e portale a lavoro). Dedica tempo ai tuoi hobby per mantenere un buon equilibrio tra la vita privata e il lavoro, e ricordarti che puoi sempre “portarli” in ufficio. Se fai un corso di fotografia, puoi proporre di organizzare uno shooting per il sito web o la pagina LinkedIn dell’azienda.
  4. Istaura legami di valore. Alcune persone che incontri lungo il cammino possono diventare preziosi alleati. Costruisci relazioni strategiche partecipando attivamente agli eventi di networking del settore che ti interessa.
  5. Bonus 8 ½. Se non l’hai già fatto, guarda il capolavoro di Federico Fellini per ricordare che, nonostante tutto, l’unico modo per non vivere in un opprimente limbo tra sogno e realtà è unirsi a quella danza finale in cui i due mondi si incontrano in un fanciullesco e liberatorio girotondo. In parole povere, “se la vita ti dà limoni, facci una limonata.”

Ritornando al mio film preferito, come diceva lo stesso Indiana ne “Il Teschio di Cristallo”, se vuoi diventare un bravo archeologo o inseguire i tuoi sogni “devi uscire da questa biblioteca!”. E avere qualche strategia utile.

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Economista, consulente strategico e corporate trainer. Si è formato all’Università Bocconi di Milano e all’INSEAD di Fontainebleau, e ha girato il mondo per lavoro e per passione: Head of Business Development Unit di Finmeccanica in Russia, Senior Manager di McKinsey a Londra e Principal di AlphaBeta a Singapore, dove ha gestito progetti con aziende del calibro di Google, Uber e Microsoft. In precedenza, ha lavorato anche presso Goldman Sachs e le Nazioni Unite a New York. Tornato a Bari, ha fondato la Disal Consulting e si occupa di ricerca, consulenza, comunicazione e formazione per grandi aziende italiane (Ferrari e UniCredit), colossi digitali (Netflix e Amazon), istituzioni multilaterali (World Economic Forum) e governi nazionali (Francia, Cina e Germania). Insegna alla IE Business School di Madrid e alla Nanyang di Singapore, e dirige il Master in Digital Entrepreneurship presso H-Farm, dove cerca di trasmettere l’importanza dello storytelling per la riuscita di un progetto imprenditoriale. Dopo il successo del suo primo libro Flow Generation - manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili, ha pubblicato con Hoepli Phygital - il nuovo marketing tra fisico e digitale.