Emo e Pop Punk: il ritorno dei generi dell’adolescenza tra passato e presente

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Emo e Pop Punk: il ritorno dei generi dell’adolescenza tra passato e presente

Dai centri sociali degli anni ’80 alle playlist di TikTok, la Generazione Z riporta in vita un linguaggio identitario e inclusivo che riflette fragilità, fluidità di genere e ricerca di comunità.

C’è una regola storico-matematica che governa i corsi e ricorsi delle mode musicali: ogni generazione è affascinata dalla cultura pop che dominava nel decennio in cui è nata. Una sorta di revival ciclico che, più o meno ogni vent’anni, riporta in auge suoni, estetiche e immaginari del passato. Negli anni ’70 furono i ’50 a tornare di moda (da American Graffiti a Grease passando per Happy Days), negli ’80 il flower power dei ’60, nei ’90 il grunge riportò in circolo l’hard rock dei ’70. Oggi, per la generazione Z, il richiamo arriva dagli anni Zero: post-hardcore, emo e pop punk sono i generi che più risuonano tra adolescenti e giovani adulti.

Dalle origini dell’hardcore all’onda emo

Le radici di questa riscoperta risalgono agli anni ’80, con la nascita dell’hardcore: una versione più cruda, essenziale e velocissima del punk. Una musica antagonista, suonata nei centri sociali, che presto prese una deriva violenta e machista. In reazione, negli Stati Uniti emerse una variante più inclusiva, che privilegiava la melodia e l’espressione della fragilità emotiva: l’“emo”, contrazione di emotional.
Negli anni ’90 da questo ceppo nacque il pop punk, incarnato da band come Green Day e Blink-182: energia punk unita a ritornelli immediati e cantabili. Emo e pop punk conquistarono la scena globale tra il 2000 e i primi anni Dieci, dando vita a una vera sottocultura.

Una sottocultura tra estetica e psicologia

Capelli decolorati, eyeliner, jeans strettissimi, canotte a rete, piercing e tatuaggi: il look era solo una parte dell’identità emo. Ancora più rilevanti erano i temi dei testi: depressione, ansia, smarrimento giovanile, sensibilità estrema, persino tendenze suicide. Aspetti che spiegano perché molti ragazzi e ragazze di oggi sentano un legame con quei coetanei di vent’anni fa.
Oggi, band storiche come My Chemical Romance, Fall Out Boy, Dashboard Confessional e Paramore sono tornate centrali, mentre nuove formazioni raccolgono l’eredità del genere. Non si tratta soltanto di nostalgia: la rinascita dell’emo e del pop punk si è intrecciata con il periodo della pandemia, quando i giovani hanno trovato conforto in quelle sonorità grazie a TikTok, YouTube e Reddit.

Emo e Gen Z: identità e fluidità

Uno dei punti chiave della sensibilità emo è sempre stata la ricerca identitaria: come resistere alle aspettative sociali, come costruire solidarietà tra chi si sente escluso. Temi che oggi risuonano forti nella Gen Z, alle prese con sfide simili ma in un contesto ipertecnologico e iperconnesso.
Rispetto agli anni Zero, i giovani di oggi aggiungono una nuova consapevolezza politica: la fluidità di genere e la messa in discussione delle dicotomie maschio/femmina si intrecciano naturalmente con estetiche e atteggiamenti della cultura emo.

Generi in evoluzione: dal rock al digitale

Emo e pop punk non sono soltanto revival, ma generi capaci di rinnovarsi. Si ibridano con rap, pop ed elettronica, grazie a modalità di ascolto dominate dallo streaming e dagli algoritmi che favoriscono contaminazioni. Così, linguaggi musicali apparentemente “storici” riescono a vivere nel presente, parlando alle nuove generazioni con la stessa forza di vent’anni fa.

In fondo, il cuore dell’emo e del pop punk rimane lo stesso: accompagnare gli adolescenti nel percorso complesso della crescita, dare voce a fragilità universali e offrire un senso di comunità a chi si sente fuori posto. Un cambiamento ciclico che non smette di raccontare il bisogno, sempre attuale, di riconoscersi nella musica.

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Copywriter, giornalista, critico musicale e docente di comunicazione. In pubblicità ha ideato campagne per brand come Fiat, Sanpaolo Intesa, Lancia, Ferrero, 3/Wind. Insegna comunicazione presso lo IAAD di Torino e la Scuola Holden. Collabora con testate quali Rolling Stone, Il Fatto Quotidiano, Rumore. Ha scritto e tradotto diversi volumi di storia e critica musicale per case editrici come Giunti e Arcana.​