La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
La creatività non è una dote naturale, ma un processo basato su motivazione, conoscenze e capacità. Come fare lavorando in team.
Lo ha insegnato una docente come Teresa Amabile, professoressa di economia aziendale presso l’Harvard Business School: la creatività non è una dote naturale, ma un processo basato su motivazione, conoscenze e capacità creative, ( creativi si diventa ). Cerchiamo, dunque, di capire come si diventa creativi a partire da alcune riflessione del World Economic Forum.
Di cosa parliamo:
I dati raccolti da LinkedIn e dalla piattaforma di apprendimento online Coursera hanno permesso al World Economic Forum di individuare le competenze necessarie per i lavori del domani. Secondo il Future of jobs report 2020 curato dal Forum di Davos, la creatività e l’originalità sono tra le 10 abilità o skills richieste sempre di più da oggi al 2025: in cima alla lista delle competenze troviamo anche il pensiero critico e la risoluzione dei problemi. Infine, altrettanto importanti, risultano essere le abilità di autogestione come l’apprendimento attivo, la resilienza, la tolleranza allo stress e la flessibilità.
Inquadrata l’importanza della creatività, facciamoci aiutare dal manager James Webb Young e dal suo libro Tecnica per produrre idee: si tratta di un manuale datato agli anni Quaranta del secolo scorso, ma ancora molto attuale e spesso citato. Cinque sono le fasi del processo creativo individuate dal pubblicitario americano, inserito nella Hall of Fame dell’American Advertising Federation: preparazione, concentrazione, incubazione, illuminazione e verifica. Per produrre idee, dunque, occorre raccogliere spunti e concentrarci, attendere che nella nostra mente avvenga la sintesi, lasciare che l’idea torni a illuminarci e, infine, misurare e migliorare la nostra soluzione.
Chiarito il processo creativo, non resta che capire come stimolarlo. Le tecniche sono diverse. Vediamone alcune. C’è anzitutto quella nota del brainstorming, modellizzata nel 1957 nel libro Applied Imagination dal pubblicitario Alex Faickney Osborn. Il metodo dell’assalto mentale consiste nel mettere insieme tante teste affinché, dato un problema, si arrivi a individuare una soluzione comune.
Meno nota è la tecnica del brainwriting: sviluppata dal marketer Bernd Rohrbach nel 1968, consiste nella scrittura, da parte di diverse persone, di tre idee su un foglio bianco nell’arco di cinque minuti. Scambiandosi i fogli di lavoro, in 30 minuti i membri del team generano tante idee. Questa tecnica è anche detta 6-3-5 brainwriting: sei sta per il numero delle persone coinvolte, tre per gli spunti vergati a mano e cinque per il tempo a disposizione durante ciascuna delle sei sessioni di scrittura programmate.
Tra le altre tecniche utilizzabili per stimolare la creatività possiamo citare l’analisi morfologica fatta sulla base di parametri chiave e di alternative proposte, quella mappa mentale o mind mapping teorizzata dal cognitivista Tony Buzan e, infine, quella dei sei cappelli per pensare dello psicologo Edward de Bono.
In quest’ultima tecnica ciascun membro del gruppo indossa un cappello: quello bianco permetterà di vedere le cose in modo neutro (senza esprimere opinioni), quello nero consentirà di capire perché le cose possono non andare bene, quello verde sarà l’occasione per dare fuoco alla creatività (grazie al pensiero laterale), quello rosso darà sfogo alla passione, quello giallo sarà lo stimolo a esercitare il pensiero logico, quello blu, infine, sarà portato da chi controllerà il processo dall’inizio alla fine. Grazie ai cappelli, dunque, l’insieme dei professionisti arriveranno a co-creare, individuando prodotti e servizi risolutivi di un problema.
A prescindere dalla tecnica adottata, team creativi si diventa esercitandosi. Questa è la lezione che tutti dobbiamo portarci a casa. Anzi, in azienda.