Una mail inquina il Pianeta?

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Una mail inquina il Pianeta?

Invisibile non è sinonimo di “ad impatto zero” e questa regola si applica anche ai dispositivi che state usando per leggere questo articolo. Scopri quali sono i rifiuti digitali e come ridurli.

Anche il web inquina: dalle materie prime necessarie per realizzare le infrastrutture all’ energia che si consuma per farle funzionare, tutto ha un impatto ambientale.

I consumi energetici del digitale e le emissioni correlate

Ci piace pensare che ciò che è virtuale abbia impatto zero solo perché non lo vediamo. Purtroppo, la realtà è assai diversa perché, oltre alle materie prime necessarie per produrre i device (che, a fine vita, andranno anche smaltiti), una gran parte delle emissioni climalteranti è legata all’energia (in gran parte ottenuta da fonti fossili) utilizzata per far funzionare i server, le infrastrutture della rete, i sistemi di raffreddamento e, ovviamente, per alimentare i dispositivi degli utenti. Secondo i dati riportati anche daFridays for future e da Dataroom di Milena Gabanelli, ben il 3,7% delle emissioni globali di CO2 (pari a quelle prodotte dal trasporto aereo) sono ricollegabili al web: ricerche online, streaming, social network e download pesano sul nostro pianeta.

Quanto pesa una mail sul Pianeta

Secondo i dati diffusi dalla Settimana europea per la riduzione dei Rifiuti 2020, l’impatto di una semplice e-mail da 1 mb corrisponde a quello di una lampada da 60 watt accesa per 25 minuti. Quante e-mail inviamo e riceviamo ogni giorno? Pensiamo anche solamente alle diverse newsletter che quotidianamente troviamo nella nostra casella di posta e che, quasi sempre, non leggiamo. Se spedissimo venti e-mail al giorno per 365 giorni l’anno, a conti fatti, a fine anno avremmo creato 7.300 e-mail che, secondo le stime, generano le stesse emissioni prodotte percorrendo mille chilometri con un’automobile.

Ad incidere non è solo la creazione e l’invio dell’email, ma anche il fatto che spesso questo messaggio digitale rimane online per essere accessibile attraverso tutti i nostri device (lo possiamo rileggere, anche contemporaneamente, dallo smartphone e dal computer) e ciò avviene perché la mail è conservata su dei server il cui funzionamento comporta il consumo di energia.
Spesso a tutto ciò non diamo peso perché, spendendo pochi euro, possiamo comprare uno spazio di archiviazione quasi illimitato per mail e documenti. Le e-mail rappresentano solo uno dei tanti esempi, ma ad incidere sono tutti i servizi resi disponibili in streaming: cloud con i nostri file, video on demand e le cosiddette “call” online. Essere consapevoli di tali consumi e conoscere alcuni trucchi e le buone pratiche per ridurli (o addirittura annullarli) può aiutare a ridurre la nostra impronta ambientale digitale.

Come ridurre l’impatto ambientale delle nostre e-mail

Ora che sappiamo che impatto possono avere le tante e-mail che inviamo e quelle che riceviamo, vediamo come possiamo tenere una gestione più virtuosa di questi strumenti.

Diamo il buon esempio. Se inviamo spesso mail alle stesse persone, lasciamo in bozza le comunicazioni non urgenti per verificare se, nell’arco della stessa giornata, avremo altri contenuti da condividere, riducendo così il numero delle spedizioni. Prestiamo attenzione poi ai destinatari: non inviamo le e-mail “per conoscenza” a soggetti che non siano realmente interessati. In questo modo, peraltro, faremo risparmiare tempo ai destinatari delle nostre e-mail. Alleggeriamo poi il “peso” delle e-mail: se dobbiamo inviare un contenuto che è già presente on-line, basterà condividere il link senza dover allegare l’intero file. Inoltre, laddove possibile, utilizziamo i formati più leggeri – come nel caso di foto o video – se non servono file in alta qualità (ben più pesanti).

Ricordiamo di fare periodica pulizia nella nostra casella e-mail, cancellando i contenuti che non ci servono e salvando eventuali allegati laddove riteniamo che in futuro possano ancora essere utili. Tra i messaggi che riceviamo vi sono newsletter che non leggiamo mai? Chiediamo la nostra cancellazione dalla relativa mailing-list!

Smart sì, ma low carbon!

Oggi l’utilizzo di forme di lavoro o di riunione a distanza, grazie all’uso degli strumenti informatici, è diventato una prassi quotidiana. Condividere documenti attraverso sistemi di cloud storage – servizio che consente di archiviare e gestire i dati online – e realizzare video call per i meeting è ormai un gesto che chiunque di noi compie regolarmente.

La possibilità di avere – gratuitamente o comunque a costi molto contenuti – la disponibilità di tali mezzi virtuali, ci fa perdere a volte, però, il senso della misura: continuiamo, infatti, a conservare documenti – in alcuni casi mantenendo le diverse versioni salvate sino al documento definitivo – migliaia di foto, grafiche e video che si assommano, di giga in giga.

Se vi riconoscete in questa descrizione è arrivato il momento di mettere a dieta il cloud analizzando ciò che non vi serve, cancellando quel che è obsoleto e spostando offline, su un hard disk, ciò che dovete conservare ma che non consultate spesso. Inoltre, quando decidiamo di acquistare un servizio di cloud, cerchiamo di optare per quelli che dichiarano di essere alimentati al 100% da energie rinnovabili.

Un altro consiglio riguarda le video call: non tutti sanno che si consuma più energia tenendo il video acceso. Potremmo quindi mantenere funzionante solo il microfono quando non sia necessario mostrare il volto (ad esempio quando è arrivato il nostro turno di parlare)

Allungare la vita a smartphone, computer e dispositivi elettronici

L’altro grande interrogativo che spesso non ci poniamo è relativo all’impatto di un dispositivo – come lo smartphone o il computer – che di regola viene sostituito quando ancora perfettamente funzionante, magari perché allettati da una campagna pubblicitaria che propone le funzionalità dei nuovi modelli: siamo sicuri di averne realmente bisogno?  Allungare la vita ai device è invece uno dei migliori comportamenti che possiamo tenere. Prendiamo, ad esempio, un cellulare che ha una componentistica davvero variegata: oltre alla plastica, sono tanti e diversi i metalli presenti, alcuni dei quali preziosi, inclusi l’oro e le cosiddette terre rare.

Secondo i dati della SERR 2020, uno smartphone che pesa circa 200 grammi si lascia alle sue spalle ben 86 chili di rifiuti tra materie prime ed emissioni.

Possiamo ridurre l’impatto ambientale dei dispositivi elettrici ed elettronici, utilizzandoli il più possibile e, quando ormai è arrivato il momento di acquistarne un nuovo esemplare, scegliere un modello usato o rigenerato (computer, stampanti ma anche webcam, oggi esiste un intero mondo di refurbished) e – quando dobbiamo disfarci di loro – cercando di allungarne la vita magari donandoli a chi può testarli, aggiornarli e rimetterli in circolo (rivendendoli o mediante iniziative di beneficenza).

È infine indispensabile che i device non più utilizzabili vengano conferiti correttamente per evitare di inquinare la raccolta della frazione secca, ma anche per consentire di recuperare quei materiali preziosi che assicurano il funzionamento dei dispositivi elettronici.

Specializzata su temi ambientali e sui new media. Co-ideatrice del premio Top Green Influencer. È co-fondatrice della FIMA e fa parte del comitato organizzatore del Festival del Giornalismo Ambientale. Nel comitato promotore del Green Drop Award, premio collaterale alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2018 ha vinto il prestigioso Macchianera Internet Awards per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all'economia circolare. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione e docenza sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.