Si chiude un’altra COP, con qualche luce tra le ombre
Le Conferenze delle Parti sul clima, arrivate nel 2024 alla ventinovesima edizione, sono eventi complessi, dove l’obiettivo generale di contrastare i cambiamenti climatici e, neg
Trasformarsi in una media company è oggi una delle strategie più efficaci per un’azienda che vuole consolidare e gestire la propria reputazione e cambiare il modo di comunicare. L’ecosistema editoriale Changes Unipol protagonista al Brand Journalism Festival di Roma.
Negli ultimi anni, il rapporto tra media e aziende è stato oggetto di intense discussioni. Un dilemma perenne, poiché, se da una parte i media tendono a mantenere un ruolo critico e indipendente, dall’altra le aziende ambiscono a costruire un dialogo positivo per rafforzare la propria reputazione.
Nel nostro caso, la reputazione aziendale è molto più di un concetto astratto: rappresenta un vero e proprio asset strategico che influisce direttamente sulle scelte di business. Per questo, dal 2014, Unipol ha avviato un sistema di gestione della corporate reputation che quest’anno compie dieci anni. Il nostro programma si fonda su una costante attività di monitoraggio e di tutela del patrimonio relazionale del Gruppo, integrandosi stabilmente nei processi di pianificazione aziendale.
Sebbene media e aziende spesso abbiano obiettivi distinti, credo che esistano diversi ambiti in cui una collaborazione può generare valore per entrambe le parti.
Temi come la responsabilità sociale d’impresa, la formazione, l’innovazione, lo sviluppo economico e l’occupazione rappresentano territori in cui è possibile operare insieme, fornendo contenuti che siano utili al pubblico e, al contempo, vantaggiosi per le aziende. A cui aggiungere i temi classici delle media relations che a differenza del passato necessitano un ripensamento strategico: se da un lato occorre lavorare con la vecchia cassetta degli attrezzi, dall’altro la spinta impressa dai social e dal mondo digitale in genere costringe tutti gli attori protagonisti ad assumere un atteggiamento più condiviso nelle argomentazioni che devono aspirare ad una purpose strategica evitando una comunicazione dall’alto verso il basso che altrimenti risulterebbe inefficace.
Trasformarsi in una media company è oggi una delle strategie più efficaci per un’azienda che intenda consolidare e gestire la propria reputazione e cambiare il modo di comunicare. I media proprietari (owned media) e i contenuti earned, infatti, contribuiscono in modo molto più duraturo alla reputazione aziendale rispetto ai media a pagamento (paid media). Nella pesante crisi di fiducia verso i media tradizionali e i giornalisti che prosegue ormai da oltre cinque anni, il brand journalism cresce in controtendenza in termini di affidabilità. Lo certifica l’Edelman Trust Barometer 2024 che offre un quadro interessante riguardo alla fiducia nei media aziendali e nelle istituzioni, con particolari implicazioni per l’Italia. Secondo la ricerca, le aziende si distinguono come l’istituzione più affidabile, soprattutto per la loro capacità di bilanciare etica e competenza. Si aprono quindi opportunità estremamente interessanti per le aziende ma anche per quei professionisti che vogliano cogliere la sfida del giornalismo corporate, aiutando le imprese a trasformare contenuti e linguaggi tecnici in informazione accessibile per un target più ampio, individuando gli story-angles più utili ma senza rendere banale o stravolgere il contenuto.
Questa scelta permette di esercitare un controllo diretto e coerente sullo storytelling, evitando distorsioni che potrebbero derivare da canali esterni e garantendo che il messaggio resti fedele all’identità e ai valori del brand. Un’espressione (il brand) che necessita di essere spiegata meglio per evitare che in una frettolosa esegesi del termine si intenda come pubblicità dell’azienda, non è questo ma lo vedremo meglio in seguito.
L’evoluzione in media company risponde alle esigenze del pubblico moderno, che ricerca una connessione diretta e personale con i brand. Fra i possibili modelli di sviluppo, Unipol ha scelto di perseguire la thought leadership in un ambito che è profondamente connaturato al suo business: il cambiamento e l’anticipazione di possibili scenari futuri. La capacità di anticipare tendenze e bisogni che ci ha permesso di distinguerci dai competitor per innovazione, sia nel prodotto sia nella visione del business, è la stessa che ci consente di precedere i cambiamenti (sociali, tecnologici, economici, ambientali) a cui va incontro la nostra società ed è quindi proprio su questi temi che offriamo contenuti informativi di qualità, impegnandoci a essere un punto di riferimento per la comunità dei media, degli opinion maker e per il general public. Abbiamo scelto la strada del long form con la pubblicazione di una media di 160 articoli l’anno per costruire un’immagine di autorevolezza e affidabilità senza mai parlare di prodotti o servizi. In sintesi, siamo un’azienda che ha deciso di diventare editore con l’ambizione di affrontare temi che riguardano le sfide del futuro con opinioni, anche diverse tra loro, che aiutino a comprendere meglio la realtà che ci circonda.
Essere una media company richiede strumenti e canali adeguati, capaci di mantenere alta la qualità dei contenuti, consultando fonti accreditate e praticando il fact checking, per raggiungere nella maniera più efficace il pubblico. Per questo Unipol ha lanciato nel 2016 Changes, un ecosistema di comunicazione editoriale che trae origine dall’Osservatorio Emerging & Reputational Risk Unipol per guardare al futuro attraverso un framework strutturato e un approccio olistico. L’ecosistema include:
Questi strumenti ci permettono di raggiungere un pubblico variegato e di rispondere alle loro aspettative con contenuti di valore, sempre più importanti in un panorama comunicativo dove la reputazione si costruisce e si difende giorno per giorno.
Una media company si distingue anche per le risorse che usa per creare e distribuire contenuti in modo multicanale, sia online che offline. Lavoriamo con un network di una ventina di giornalisti esterni specializzati in temi che riteniamo chiave (innovazione, clima, economia, sociale) che sono coordinati da un team di giornalisti interni all’azienda. E abbiamo scelto di essere editori fino in fondo registrando la nostra testata al Tribunale di Bologna.
Riconquistare la fiducia delle nuove generazioni è una sfida cruciale, che chiama in causa sia le aziende, sia gli editori. Le aziende devono puntare su trasparenza, autenticità e responsabilità sociale, rispondendo alla domanda crescente di impegno concreto su temi sociali e ambientali. Gli editori, dal canto loro, devono mantenere elevati standard di integrità giornalistica e innovare nei modi di presentare le informazioni, adattandosi al linguaggio e ai formati che le nuove generazioni preferiscono. È solo attraverso uno sforzo concertato che si potrà ricostruire una fiducia duratura e soddisfare le aspettative di questi nuovi protagonisti.
Per rispondere alla sfida di una comunicazione più autentica e vicina alla Generazione Z e ai Millennials, Unipol ha lanciato due anni fa l’Osservatorio GenerationShip, un’indagine socioculturale in collaborazione con Kkienn Connecting People and Companies. Questo progetto si distingue per la prospettiva fresca e non convenzionale con cui esplora temi legati al lavoro, alla famiglia, alla socialità e al benessere dei giovani. Con GenerationShip vogliamo ascoltare la voce diretta delle nuove generazioni, interpretare la loro visione del futuro e arricchire la narrazione aziendale con i loro punti di vista, portandoli a diventare veri protagonisti.
Nella nostra strategia di comunicazione rivolta ai giovani, piattaforme come TikTok rappresentano uno spazio chiave. Qui adottiamo un approccio innovativo, invitando i giovani stessi a trattare i temi fondamentali per il nostro brand, utilizzando le loro modalità di comunicazione, più dinamiche e dirette. Iniziative come la rubrica curata da Francesco Oggiano, che ha portato alla ribalta grandi firme giornalistiche, e le attività di welfare con Andrea Nuzzo, testimoniano il nostro impegno nell’aprire nuovi canali di dialogo e narrazione. E anche per questo abbiamo voluto dare una spinta giovane al Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, di cui siamo partner ormai da quattro anni, creando il nostro premio New Ways of Journalism che va alla ricerca dei giornalisti e creator che utilizzano anche media non convenzionali ma hanno la capacità di raccontare il presente.
Come giornalista mi sono fatto spesso questa domanda. In futuro, il concetto di giornale si trasformerà per diventare più vicino alle esigenze delle nuove generazioni: sarà assistito dall’intelligenza artificiale, multimodale grazie all’integrazione di video, podcast e infografiche, e personalizzato per adattarsi agli interessi di ciascun lettore. Queste caratteristiche sono essenziali per far fronte ai cambiamenti tecnologici e culturali, creando un prodotto editoriale capace di dialogare efficacemente con un pubblico giovane e sempre più esigente. Con questo approccio, ci poniamo come ponte tra le generazioni e il futuro, riconoscendo ai giovani il ruolo di costruttori di conoscenza e innovazione.
Oggi, per chi desidera intraprendere una carriera giornalistica, è fondamentale possedere una combinazione di competenze classiche e digitali. Scrittura efficace, verifica delle fonti e pensiero critico restano le basi, ma a queste si aggiungono capacità digitali, multimediali e di storytelling per una comunicazione sempre più interattiva e adattabile alle nuove piattaforme. La sfida per i giovani giornalisti è saper integrare queste competenze in un settore in costante evoluzione, senza mai perdere di vista l’etica e la deontologia, elementi imprescindibili per guadagnare la fiducia del pubblico.