Sei consigli per difenderci dalla plastica
La plastica è presente nella nostra vita quotidiana da oltre settant’anni ed è così fondamentale che la diamo per scontata senza renderci conto della sua pervasività. Secondo
Perché staccare aumenta la produttività e il benessere. Le buone pratiche e alcuni consigli pratici per riuscire nell’impresa.
Immaginate di essere a Bali, sulla spiaggia di Dreamland — il paradiso per ogni surfista — con il vento che vi scompiglia i capelli, il profumo salmastro dell’oceano e il suo ritmo ipnotico che vi invita a unirvi agli altri avventurieri in una danza coreografata. Immaginate di cogliere l’invito, di buttarvi indietro i capelli con le mani piene di sabbia, di raccogliere la vostra tavola tremando per l’adrenalina, di fare i primi passi in direzione di quel movimentato palcoscenico, quando all’improvviso… vi squilla il telefono.
Immaginate ora di dover posare — che in questo caso è un eufemismo, credetemi — la tavola per rispondere a un cliente o a un collega per parlare di lavoro, con il vento che vi sputa con rabbia i capelli e la sabbia negli occhi e in sottofondo il rumore infernale delle centinaia di voci e onde agitate in acqua.
Dagli albori della mia carriera, mi sono ritrovato spesso in situazioni simili, proprio quando stavo per tuffarmi in mare, per andare a fare un pisolino o a prendere un caffè con un amico. Il telefono che squilla o vibra per le continue notifiche fa parte della colonna sonora del mio percorso professionale, insieme a quello del traffico, delle macchinette del caffè e delle stampanti.
Degli ultimi tre sono riuscito a sbarazzarmi da anni, abbandonando la scenografia delle chiassose metropoli e dei tristi uffici, ma per lasciarmi alle spalle il primo ci ho messo più tempo. Un po’ per il senso del dovere, uno dei miei più grandi amici e nemici di lunga data, un po’ perché ho sempre pensato: «ma tanto non mi costa niente, sono solo cinque minuti». Non rendendomi conto che, in realtà, stavo pagando un prezzo molto alto. Nell’era del digitale, disconnettersi è una sfida, ma se non la vinciamo, nemmeno in vacanza, su una spiaggia di Bali, dei Caraibi, o della Sardegna, non solo mettiamo arischio il nostro benessere psicofisico, ma compromettiamo anche la nostra produttività e la qualità del lavoro che svolgiamo.
Per questo, quest’anno ho deciso di provare “the joy of missing out”, la gioia di essere tagliato fuori, non solo dal mondo lavorativo ma anche da quello più complesso nei nostri cellulari. Un concettoche si contrappone alla sempre più diffusa FOMO — Fear of Missing Out —, la pura di perdersi qualcosa.
Ma in che modo possiamo vincere questa sfida?
Ecco quattro buone pratiche che consiglio di seguire per riuscire nell’impresa
Ora immaginate di nuovo di essere a Bali, sulla spiaggia di Dreamland — il paradiso per ogni surfista — con il vento che vi scompiglia i capelli, il profumo salmastro dell’oceano e il suo ritmo ipnotico che vi invita a unirvi agli altri avventurieri in una danza coreografata.
Immaginate di cogliere l’invito, di buttarvi indietro i capelli con le mani piene di sabbia, di raccogliere la vostra tavola tremando per l’adrenalina, di correre in direzione del vostro movimentato palcoscenico e di danzare tra le onde, come se il resto del mondo non esistesse.