Come costruire un futuro per i giovani

Society 3.0


Come costruire un futuro per i giovani

Servono azione personale, sociale e organizzativa. I risultati del rapporto Italia Generativa a cura di ARC dell’Università Cattolica con il sostegno di Fondazione Unipolis.

Un Paese in surplace. Secondo il rapporto Italia generativa, recentemente presentato dal Centre for the Anthropology of religion and Generative Studies (ARC) dell’Università Cattolica di Milano, con il sostegno di Fondazione Unipolis e Alleanza per la Generatività Sociale, l’Italia è come un ciclista che cerca di restare in equilibrio, pure se fermo sul posto (sur place appunto). Insomma, il nostro Paese impegnagran parte delle sue energie per conservare la sua posizione, invece di usarle per progettare e costruire un domani desiderabile, in particolare per le nuove generazioni. Ma il rapporto, che ha il merito di integrare diverse fonti (quali Istat ed Eurostat) per una rappresentazione esaustiva dell’Italia, già dal titolo individua la possibile soluzione: la generatività, che implica lo sforzo di porsi in un tempo lungo, di essere meno prigionieri del breve termine. «La generatività è una logica di azione personale, ma anche sociale e organizzativa» chiarisce Patrizia Cappelletti, membro del Centro di ricerca ARC. «È un agire sociale che nasce dalla consapevolezza da un lato dell’interdipendenza tra tutti gli attori sociali (le istituzioni, le aziende, i cittadini e via dicendo) e dall’altro dei legami tra diverse generazioni e tra persone che sentono di appartenere a qualcosa di più grande del singolo, cioè a un noi, fatto di comunità e territorio».

Alla ricerca di nuove opportunità

In questo modo, la generatività è un metodo e un ammonimento: se vogliamo affrontare i nodi che bloccano il dinamismo e l’iniziativa dei protagonisti della società, dobbiamo trovare un modo nuovo e condiviso di ideare, progettare, realizzare e valutare ciò che i nostri policymaker decidono. Non a caso, per non peccare di autoreferenzialità, il rapporto presenta, per ogni punto “debole” trattato, una best practice europea. Tuttavia, il senso non è che l’Italia debba copiare da altri, bensì investire, come è stato fatto nei modelli citati, in processi davvero trasformativi nel tempo. «Non si tratta più semplicemente di cogliere le opportunità, quanto di generarne di nuove» riassume la studiosa. E questo ad avviso degli autori del rapporto, dovrebbe avvenire lungo le cinque direttrici delineate dal documento, di cui la prima è programmaticamente chiamata “investire il futuro”.

Si tratta di una locuzione che invita a rimettere al centro delle riflessioni collettive il tema del futuro comune, rafforzando il livello di fiducia delle persone e impostando un modello di sviluppo orientato alla sostenibilità e digitalizzazione. «Se in Italia le persone tengono fermi sul conto corrente 1500 miliardi di euro, sono chiari la difficoltà a scommettere sul futuro e il desiderio di mettersi al riparo da ciò che potrebbe avvenire» sigla Cappelletti. Ma questo sbilanciamento sul presente, sostiene il rapporto, si può correggere costruendo un modello di sviluppo più attraente, che induca chi ha paura a lanciare il cuore oltre l’ostacolo e che prenda forma attorno ai concetti di sostenibilità e digitalizzazione.

La seconda direttrice del rapporto è chiamata “prima le persone” e intende lavorare sul calo demografico, su ritardi e squilibri educativi, su una gestione non positiva del fenomeno delle migrazioni. Tra i vari aspetti trattati, c’è la maternità, che in Italia è ancora penalizzante e penalizzata: in questo senso tra i suggerimenti proposti c’è quello di congedi parentali disegnati in senso più paritario, per evitare, scrive il rapporto, che la società italiana si “accartocci su sé stessa”. Quanto all’educazione, occorre un investimento forte nel sistema formativo, che non riguardi una particolare fascia di età, ma favorisca un long life learning.

Ascensore sociale fermo

Uno degli elementi più desolanti del panorama offerto dal Rapporto è poi il terzo punto, la “disuguaglianza demotivante”. Ormai da molti anni la mobilità sociale ascendente si è fermata. In Italia il numero delle persone in povertà ha toccato negli ultimi mesi la cifra di circa 6 milioni e in percentuale vi sono rappresentati più minori di 18 anni che ultra 65. Ma la povertà si innesta su una disuguaglianza che continua a tramandarsi di generazione in generazione e che finora né la scuola né il welfare sono riusciti a intaccare. La quarta criticità è detta “ecosistema della singolarità”: in altre parole, se l’Italia vanta eccellenze in alcuni ambiti, vanno riconosciute le peculiarità del nostro sistema produttivo “correggendo i difetti e sostenendo i pregi”. Il che implica che, in ottica generativa, per garantire il futuro comune occorra riprodurre e riattualizzare quella qualità e varietà che il mondo ci invidia, prendendosi cura dell’ecosistema (sociale e ambientale) che finora lo ha promosso.

Ultimo punto: il bene comune della sostenibilità. «Sostenibilità sociale, oltre che economica, significa rigenerare quel senso di partecipazione a un disegno comune che l’individualismo sta facendo scomparire» precisa Cappelletti. E qui il mutamento è urgente. Perché, terminata l’espansione della globalizzazione, «sarà sempre più necessario imparare a lavorare insieme per ricreare le condizioni per un futuro comune» spiega la docente. Che però, per innescare la fiducia in cittadini impauriti dalla crisi, demotivati rispetto alle possibilità di migliorare la propria situazione, spesso soli e diffidenti verso gli altri, un suggerimento concreto ce l’ha: «Guardarsi attorno e vedere ciò che di esemplare già esiste, per lasciarsi ispirare».Il Rapporto evidenzia, per esempio, come l’Italia superi la media europea nell’efficienza del riciclo dei rifiuti e sia protagonista nell’evoluzione dell’economia circolare, con nuove filiere produttive, oltre che incredibilmente arricchita dalla pluralità di soggetti del terzo settore. Segno che qualcosa si può e si deve fare, perché solo nel fare rigeneriamo la fiducia. «Il desiderio di guardare lontano dà luogo ad “azioni parlanti”: è la concretezza dei comportamenti che ci insegna» riassume Cappelletti. «E così, per ricreare il nostro futuro non servono gli appelli morali, bensì assumersi il rischio dell’azione».

Mantovana, giornalista da oltre 15 anni in Mondadori, collabora a numerose riviste nazionali su temi di attualità e stili di vita. Ha collaborato a una monografia sul cinema di Steven Spielberg e curato la traduzione dall’inglese di un saggio sul Welfare State. ​