La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Di fronte a un problema bisogna diventare brutalmente creativi. Ma quali competenze occorrono? Una guida arriva dal World Economic Forum.
Non c’è che da imparare da Albert Einstein: «Se avessi a disposizione un’ora per salvare il mondo, preferirei dedicare 55 minuti di quell’ora alla definizione del problema e solo i cinque minuti rimanenti alla progettazione di una soluzione». Prima ancora di risolvere il problema, dunque, occorre identificarlo: prima, in sostanza, viene quello che gli inglesi chiamano il problem setting, poi il problem solving. È l’approccio alla comprensione e soluzione del problema, da fare con la massima creatività. Vediamo di cosa si tratta.
Di cosa parliamo:
Partiamo dalle dieci competenze più importanti indicate dal World Economic Forum. Tra queste, oltre alla risoluzione dei problemi complessi e allo spirito critico, c’è la creatività. È la propensione creativa, dunque, quella che dobbiamo coltivare. Tra le competenze emerse ai giorni d’oggi c’è inoltre, secondo l’organizzazione con base in Svizzera, anche l’intelligenza emotiva, quella che ha insegnato a tutto il mondo lo psicologo americano Daniel Goleman.
Prima di passare a riflettere sulla creatività, soffermiamoci sulla gestione tradizionale dei processi di innovazione: da una parte essa vede protagonista la comprensione razionale del problema, dall’altra la soluzione creativa del problema. L’atteggiamento, tuttavia, è per così dire “acritico” nella prima fase, evitando di affrontare il problema in modo originale.
All’opposto, la gestione creativa dei processi di innovazione vede, da una parte, la comprensione creativa del problema e, dall’altra, la soluzione creativa del problema. L’interpretazione originale del problema permette, infatti, di generare soluzioni innovative.
Come spiega Claudio Dell’Era, docente di “design thinking” alla business school del Politecnico di Milano, esistono diversi modelli di riferimento per la gestione creativa dei processi di innovazione. C’è ad esempio quello sviluppato dalla società di progettazione e consulenza IDEO, così come quello della Design School di Stanford e quello proposto dal Design Council. Seppure i modelli proposti dalla IDEO, dalla Design School di Stanford e dal Design Council siano differenti, essi presentano alcuni tratti comuni: il processo di identificazione del problema e la relativa soluzione «è contraddistinto – spiega Dell’Era – dall’alternanza di fasi divergenti, volte all’esplorazione di possibili alternative, e di fasi convergenti con lo scopo di identificare l’alternativa dominante. Le fasi divergenti rappresentano lo strumento operativo per creare un contesto psicologicamente adatto alla propositività e alla creatività. Affinché le fasi convergenti risultino efficaci è tuttavia necessario che il contesto in cui si opera sia accogliente anche nei confronti del pensiero critico». In un articolo pubblicato dall’Harvard Business Review l’economista Gary Pisano invita tutti a essere «brutalmente candidi». In altre parole – tira le somme Dell’Era – «l’alternanza tra divergenza e convergenza è generativa solo quando la creatività e la critica vengono interpretate seriamente e francamente».
Tiriamo le somme, tornando a Einstein, da cui siamo partiti. Di fronte a un problema occorre essere creativi sia nella fase della sua comprensione che in quella della soluzione. Occorre farlo con candida brutalità, ricorrendo a tutta la creatività e alla critica costruttiva che possiamo mettere in campo.