L’energia diventa hi-tech per tutti

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L’energia diventa hi-tech per tutti

Turbine eoliche, pannelli solari, batterie al litio per l'accumulo, sistemi digitali. Così l’innovazione tecnologica spinge il mercato elettrico 4.0 basato su fonti rinnovabili e generazione distribuita. E non è più fantascienza.

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Turbine eoliche, pannelli solari, batterie al litio per l’accumulo, sistemi digitali. Così l’innovazione tecnologica spinge il mercato elettrico 4.0 basato su fonti rinnovabili e generazione distribuita. E non è più fantascienza.

Il vento soffia potente, splende il sole e il prezzo dell’energia indicato sul display si riduce a vista d’occhio. Le pale eoliche girano, le celle fotovoltaiche convertono i raggi in elettricità e la immettono in rete. L’offerta supera la domanda e il prezioso kilowattora diventa conveniente. Basta un click sul cellulare o sul computer di casa per la transazione: chiunque può comprare un po’ di quell’energia verde, risparmiando sulla bolletta mensile. L’accumula ricaricando l’auto elettrica o le batterie domestiche e la userà più tardi, con calma. In alternativa, c’è anche la possibilità di condividerla con i vicini, attraverso forme di aggregazione sempre più flessibili e diffuse.

Questo è il mercato elettrico 4.0, tutto basato sulle fonti rinnovabili e sulla generazione distribuita. Sembra fantascienza, ma potrebbe funzionare già oggi. Le tecnologie ci sono tutte: turbine eoliche, pannelli solari, batterie al litio per l’accumulo, sistemi digitali per elaborare le informazioni dalla rete e per l’incrocio dell’offerta con la domanda, sistemi di comunicazione per il dialogo in tempo reale fra il mercato, la rete, i produttori, i consumatori e la nuova categoria dei “prosumer”, i produttori-consumatori con un tetto fotovoltaico sulla testa. Certo, in futuro le tecnologie saranno ancora più efficienti e i costi di generazione scenderanno. Ma la strada, per il mercato dell’energia, è già segnata.

Eolico e fotovoltaico produrranno metà dell’energia elettrica globale nel 2050, in proporzioni quasi equivalenti, secondo le ultime stime del New Energy Outlook di Bloomberg New Energy Finance (BENF). Insieme all’idroelettrico e a una minima frazione di biomasse, nel giro di trent’anni le tecnologie verdi copriranno il 64% della domanda elettrica. Di conseguenza, da qui al 2050 le fonti fossili scenderanno al 36% della generazione elettrica globale, dal 63% coperto oggi. In questo calo drammatico, il grande perdente sarà il carbone, che passerà dal 38% attuale al 12% nel 2050, mentre il gas si difenderà meglio, soprattutto grazie agli impianti più piccoli e flessibili, capaci di coprire i picchi di domanda che le rinnovabili e gli accumuli, insieme, non riusciranno a sostenere. Gli autori del rapporto ipotizzano un incremento globale della domanda elettrica del 62% rispetto a oggi, grazie alla forte spinta verso l’elettrificazione dei consumi finali, anche nei trasporti e nel riscaldamento degli edifici, con la diffusione dell’auto elettrica e delle pompe di calore al posto delle caldaie a gas.

Naturalmente la competitività delle rinnovabili non è omogenea, perché dipende dal rischio Paese, dalla disponibilità delle risorse, dal costo del denaro, dal peso della burocrazia e dallo sviluppo delle infrastrutture. Gli investimenti affluiranno là dove tutti questi parametri saranno più favorevoli, in particolare in Europa, dove la penetrazione delle rinnovabili raggiungerà il 92% nel 2050, mentre negli Stati Uniti arriverà al 55%, in Cina al 62% e in India al 75%. In Germania, secondo le stime degli analisti guidati da Michael Liebreich, le rinnovabili arriveranno al 70% del mix già nel 2030, con il gas e il carbone a coprire il restante 30%, mentre il nucleare sarà uscito di scena. Da notare che la Germania, partita da premesse molto sfavorevoli rispetto all’Italia, forte dell’idroelettrico alpino e di un’ottima insolazione, in pochi anni è arrivata al 44% di generazione da fonti rinnovabili, contro il nostro 38%. Il tutto grazie a una politica di supporto per le fonti verdi ben congegnata, costante e senza sbalzi.

Le stime di BENF, che sono sempre molto prudenti, si basano essenzialmente su due fattori: la crescente competitività delle fonti rinnovabili rispetto ai combustibili fossili e il forte calo dei prezzi delle batterie, che favorirà le installazioni di grandi sistemi di accumulo energetico per le reti. Nell’ultimo decennio, calcolano gli analisti, i costi “tutto compreso” dell’eolico a terra e del fotovoltaico sono diminuiti, rispettivamente, del 40% e dell’80%. Notevolissimo anche il calo del costo al kilowattora delle batterie, che nel periodo 2010-2018 si è ridotto dell’85% e si dimezzerà ancora da oggi al 2030, secondo l’Energy Storage Outlook 2019 di BNEF. Già oggi in ampie aree del mondo il costo finale dell’elettricità prodotta dal sole o dal vento e stoccata nelle batterie al litio è competitivo con quello di una centrale nuova alimentata da combustibili fossili.

Negli Stati Uniti, dalla California a Nevada, ci sono sempre più casi di operatori che preferiscono puntare su grandi installazioni ibride con eolico o fotovoltaico e batterie, anziché costruire nuove centrali alimentate a gas naturale. E nel 2050 i costi di queste due rinnovabili saranno ancora inferiori: del 70% per il solare e del 60% per l’eolico. In definitiva, costruire nuove centrali fossili sarà sempre più antieconomico in tutto il mondo. Per questa ragione, gli investimenti si concentrano ormai in larga misura sulle rinnovabili. Circa 10.000 miliardi di dollari saranno investiti su scala mondiale in nuovi impianti a fonti rinnovabili nei prossimi trent’anni, compresi 840 miliardi di dollari per le nuove installazioni di batterie, soprattutto al servizio delle reti elettriche.
Nel passato decennio è stato il solare a guidare la crescita dirompente degli investimenti verdi, in base al rapporto Global Trends in Renewable Energy Investment 2019, commissionato a BNEF dall’Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite. Si parla di 1.300 miliardi di dollari investiti nel fotovoltaico dal 2010 al 2019, esattamente la metà dei 2.600 miliardi complessivi confluiti nel comparto delle tecnologie pulite, con l’esclusione dei grandi impianti idroelettrici sopra i 50 megawatt di capacità installata. Bnef stima che il solare alla fine del 2019 avrà raggiunto i 638 gigawatt di capacità cumulativa a livello mondiale, oltre 26 volte in più rispetto all’inizio del 2010, quando era sui 25 gigawatt. Nessun’altra tecnologia di qualsiasi tipo, tra fonti fossili e rinnovabili, è riuscita a fare di meglio in questo decennio: l’eolico lo segue con 487 gigawatt e l’idroelettrico con 283 gigawatt di nuovi impianti nel mondo.

Fra i Paesi che hanno investito di più nelle tecnologie verdi in questo decennio, la Cina arriva al primo posto, con 758 miliardi di dollari, davanti agli Stati Uniti con 362 e al Giappone con 202 miliardi. L’Europa tutta insieme ha destinato quasi 700 miliardi di dollari alle fonti rinnovabili, con il contributo maggiore proveniente dalla Germania (179), seguita dalla Gran Bretagna (122), mentre l’Italia si trova al settimo posto con 82 miliardi di dollari. Nel solo 2018 sono stati investiti 273 miliardi in nuova capacità rinnovabile a livello globale, circa il triplo del flusso destinato a carbone e gas insieme.
Tuttavia, il boom delle fonti rinnovabili e degli accumuli elettrochimici non basta. Bisognerà fare molto di più, dal 2030 in avanti, per mantenersi in linea con l’obiettivo di limitare il surriscaldamento globale sotto 2 gradi centigradi entro la fine del secolo. In base al monitoraggio dell’Unep, infatti, il divario tra il livello di emissioni compatibile con gli obiettivi fissati dagli Accordi di Parigi per il clima e il livello reale sta aumentando, invece di diminuire. Se si continua sull’attuale traiettoria, secondo l’Unep, si andrà verso un surriscaldamento globale di oltre 3 gradi nel 2100. Un mondo rovente, dove a nessuno di noi farebbe piacere vivere.

​Giornalista, scrive di temi economici, d'innovazione tecnologica, energia e ambiente per diverse testate, fra cui il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore e il Quotidiano Nazionale. Invidia i colleghi che riescono a star dietro a Twitter.