Accendiamo la luce sul futuro
La serie di fantascienza Star Trek è ambientata nell’anno 2264. Gli esseri umani viaggiano nella galassia insieme agli alieni, aiutati da computer, propulsione più veloce d
Le vetture alla “spina” sono ancora una nicchia: tanti nodi rimangono da sciogliere e intanto si studiano nuove soluzioni per abbattere le emissioni di CO2.
Il futuro della mobilità sarà elettrico, ma probabilmente non solo. Investimenti e strategie industriali devono fare i conti con i numeri: secondo un’indagine Loup Ventures, entro il 2023 ci saranno 3,5 milioni di consegne di veicoli elettrici (auto elettrica) in Cina, che passeranno a 5,1 milioni nel 2025 e raggiungeranno le 13,3 milioni entro il 2035. Nonostante ciò le vetture elettriche nel mondo continuano a essere una rarità: in tutto ne circolano oggi circa 2 milioni. Tante? Non proprio se si pensa che equivalgono allo 0,2 per cento del totale del parco vetture circolante come conferma l’International Energy Agency (IEA).
L’elettrico è dunque ancora una nicchia e la strada per renderlo accessibile a tutti è lunga. La responsabilità è dei tanti nodi tecnologici ed economici che devono ancora essere sciolti. In cima alla lista dei problemi da risolvere rimangono i costi di questa tecnologia che sono ancora troppo elevati. I produttori di auto dovrebbero sviluppare in particolare modelli dei segmenti di “attacco”, come A e B, ma non lo stanno ancora facendo. E poi rimane l’incognita della rete di colonnine che sono ancora rare. Lo studio Acea arrivato alla seconda edizione dal titolo “Making the Transition to Zero-Emission Mobility”, lo ha certificato di recente: se negli ultimi 3 anni le vendite delle auto elettriche e Plug-in Europa sono aumentate del 110%, la rete non è riuscita a tenere il passo crescendo soltanto del 58%. In pratica gli investimenti in questo settore non sono stati sufficienti a fornire un’adeguata infrastruttura di ricarica parallelamente con l’aumento delle vendite dei veicoli elettrici. Acea ha definito questo ritardo “molto pericoloso” per una ragione puramente psicologica: se i consumatori dovessero concludere che non ci sono sufficienti punti di ricarica, con il rischio di doversi mettere in coda per rifornirsi (estendendo i già lunghi tempi di ricarica), la crescita delle vendite di veicoli elettrici potrebbe essere destinata a bloccarsi.
L’elettrico, quindi, sta attraversando una fase molto delicata di grande sviluppo ma ancora non è sostenuto da numeri complessivi alti che renderebbero meno rischiosi gli investimenti da parte dei produttori di auto. Eppure i mercati finanziari sembrano credere al boom dell’elettrico. Forse in Europa, patria dei brand più blasonati della storia automobilistica, nomi come Nio, Xpeng, LI Auto non diranno nulla, ma secondo molti analisti finanziari questi costruttori cinesi di auto elettriche rappresentano il futuro. Basta dare un’occhiata alle performance di Borsa registrate a novembre: il titolo di Nio in particolare ha toccato il valore di 16 dollari dopo appena qualche mese dal suo sbarco a Wall Street. Al di là delle considerazioni finanziarie, però, si nota che la Cina sta riuscendo nell’intento di creare un vero e proprio ecosistema favorevole all’elettrico, cosa che in Europa non sta avvenendo con altrettanta pianificata efficienza.
Come ha sottolineato Marouane Bouchriha, fund Manager e international Equities di Edmond de Rothschild Asset Management, società di investimento francese, il motivo è da ricercare nel gap tecnologico cinese nel settore dei propulsori tradizionali: «Bloccata da tempo dal predominio dei player occidentali nei motori termici, la Cina ha scelto di sostenere massicciamente il passaggio all’elettrico. Al di là delle reali considerazioni ambientali, questo cambiamento permette anche un rimescolamento delle carte in termini di concorrenza globale nel settore automobilistico». La Cina è già leader indiscusso nella produzione di batterie elettriche tanto che il più grande costruttore, CATL, vende in tutto il mondo e di fatto è leader di un quarto del mercato globale per accumulatori per veicoli leggeri. «Questa società fornisce le batterie della Peugeot e-208, uno dei modelli elettrici più venduti in Francia quest’anno. Poiché la batteria rappresenta tra un quarto e un terzo del costo di un veicolo elettrico – continua Bouchriha – si stima che una parte del bonus verde di 7.000 euro pagato dal governo venga catturato dal CATL».
E proprio il costo medio delle batterie è la leva sui cui è necessario agire: questo è sceso di circa il 90% rispetto al 2009 e un ulteriore abbassamento di 100 dollari per kWh aiuterà le auto elettriche e quelle tradizionali a raggiungere la parità di prezzo, cosa che ci si aspetta accada intorno al 2025.
Nella gara dell’auto elettrica il Vecchio Continente sembra meritarsi proprio il suo appellativo, risultando indietro sia rispetto alla Cina sia nei confronti degli Stati Uniti. In questi due Paesi, infatti, sono nate una miriade di nuove start-up di veicoli elettrici: oltre alle tre cinese citate prima, si segnalano negli States, patria della famosa Tesla, anche Rivian, Fisker e Lucid. In Europa, invece, i vecchi produttori stanno lentamente procedendo alla riconversione della loro produzione tradizionale, immettendo sul mercato pochi nuovi modelli di auto elettrica e scommettendo molto sulla formula hybrid. A muoversi soprattutto i colossi come la tedesca Volkswagen ma anche la francese Psa che creerà con l’italoamericana Fca il sesto gruppo mondiale, Stellantis.
Un impegno più concreto si sta mettendo in atto sul fronte della produzione di batterie. Qui l’Ue sta cercando di recuperare il terreno perduto lanciando il piano chiamato Eba (European Battery Alliance) con lo scopo di incentivare la ricerca proprio in questo settore. Apripista sono, non a caso, Francia e Germania.
L’alleanza ha consentito la nascita di Nortvholt, start-up svedese fondata dal’ex manager di Tesla, Peter Carlsson e dall’italiano Paolo Cerruti. L’azienda ha uno stabilimento a celle a ioni di litio in Svezia, e ne ha un altro in programma in Germania in joint-venture con Volkswagen la cui costruzione partirà nel 2021. L’altro grande progetto europeo è firmato Psa-Opel e Total: anche in questo caso si realizzeranno due mega-fabbriche di batterie, una in Francia e una in Germania. L’Italia, dal canto suo, partecipa al progetto targato Ue con il quale si autorizzano aiuti di Stato per 3,2 miliardi per realizzare una filiera delle batterie. Delle 17 aziende partecipanti ben 5 sono italiane (Faam, Endurance, Enel X, Kaitek e Solvay).
LE ALTERNATIVE ALL’ELETTRICO
In attesa che l’auto elettrica sia alla portata di tutti come è possibile intanto ridurre l’impatto delle emissioni inquinanti? Invece di rottamare la vettura con motore a scoppio si potrebbe pensare di rifornirla con combustibili decarbonizzati. I produttori europei ci credono, tanto che il settore della raffinazione del vecchio continente riunito sotto la sigla FuelsEurope ha messo in cantiere il progetto “Clean Fuels for All” per la produzione di combustibili liquidi a basse o nulle emissioni di carbonio (Low Carbon liquid fuels) prodotti a partire da idrogeno green o blue. Questi combustibili presentano emissioni di anidride carbonica vicine allo zero e rappresentano una soluzione per il trasporto di persone e merci, da quello marittimo a quello aereo, dove i combustibili liquidi di natura fossile sono particolarmente difficili da sostituire con l’elettrico. Inoltre i low carbon liquid fuels (LCLF) possono essere stoccati come avviene esattamente con gli attuali combustibili e venduti negli stessi impianti attualmente operativi, risolvendo il nodo della distribuzione, vero collo di bottiglia dell’elettrico in questo momento.
Infine c’è l’idrogeno. Le vetture che usano questo combustibile sono di due tipi: HICEV (Hydrogen Internal Combustion Engine Vehicle) dotate di un tradizionale motore a combustione interna che brucia il combustibile, soluzione questa che potrebbe salvaguardare centinaia di migliaia di posti di lavoro nelle officine meccaniche che si occupano della manutenzione dei veicoli e che potrebbero scomparire a causa del boom dell’elettrico, molto più semplice meccanicamente parlando; e le FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle) in cui si produce energia che alimenta un motore elettrico attraverso la reazione tra idrogeno e ossigeno in una pila a combustibile, soluzione utilizzata già da molte case automobilistiche.
L’auto elettrica come vediamo rappresenta una opportunità di mobilità del futuro.