Dieci consigli per diventare ecoturisti

Per molti, estate è sinonimo di vacanza. Che si tratti di una camminata tra i monti o di un lungo viaggio alla scoperta di nuove culture, la stagione calda rappresenta un’occasi
L’inquinamento ambientale e culturale è in un lento e inesorabile percorso suicidario. Eliminiamo l’ipocrisia e aumentiamo la qualità. Changes ne ha parlato con Marco Berti, alpinista e scrittore.
Le montagne italiane sono sempre più spesso teatro di eventi naturali estremi. La dinamica in atto, anche alla luce dei recenti crolli sulle Dolomiti e di alcune località del Cadore seriamente coinvolte, indicano che un equilibrio si è rotto. I geologi affermano che quella in corso è la coda di un episodio importante. Per questo diventa indispensabile il monitoraggio e il controllo anche al fine di verificare che a monte non ci siano strati di fratture aperte nelle rocce, le cosiddette “parietali”. Spesso si tratta di processi che fanno parte dell’evoluzione naturale delle montagne. Ma in ogni caso c’è bisogno di un approccio più sostenibile, di decisioni tecniche e amministrative con una visione più ampia sia dei fenomeni idrologici e sia dei processi sociali ed economici. Changes ne ha parlato con Marco Berti, alpinista e scrittore di montagne, che ha analizzato il rapporto uomo-montagna.
Cosa sta accadendo alle nostre montagne?
Ho sorriso quando ho letto che il problema fosse «Cortina d’Ampezzo isolata», mentre le località più coinvolte erano Borca e San Vito di Cadore, luoghi che conosco bene perché Borca, dal 1966 al 1990, è stata parte importante della mia vita, è l’ambiente che ho descritto nel mio ultimo libro. Cortina non è direttamente coinvolta, ma il problema appare per la località più in vista. Comprensibile, forse la gente sarebbe meno attratta da questa notizia. Poi, tornando all’Antelao e alla Croda Marcora, sono montagne che da sempre hanno cedimenti. È dal 1300 che con cadenza periodica, parti significative dell’Antelao precipitano trasformando la morfologia della valle. La montagna cambia spesso volto e quando questi accadimenti provocano distruzione e morte fa più impressione. Quando succede lontano da un centro abitato crea meno apprensione. Il cambiamento climatico accelera queste trasformazioni e ci obbliga a parlarne, a compiere azioni concrete. Qualsiasi persona che pratica la montagna, per passione e non per moda, sa che è un luogo vivo, esiste, cede, si trasforma, viene rimodellato da eventi naturali indipendentemente dalla diffusa e banale retorica che si legge in molti scritti e si ascolta nei commenti radio o televisivi».
Come vivi personalmente la sofferenza della montagna?
Molto male perché nell’oggi la si vuole totalmente a dimensione turistica, perfetta, immobile, una cartolina in 3D dove tutto deve rientrare nei parametri di sicurezza garantiti da qualsiasi parco divertimenti. La cementificazione avanza con edifici, infrastrutture e impianti sciistici che spesso stravolgono l’ecosistema montano. Non serve essere un geologo per capire che l’impermeabilizzazione del suolo e l’abbattimento di vaste aree boschive, aumenta il rischio di frane e dissesti idrogeologici. Poi, nella promozione turistica senti parlare di luoghi silenziosi quando in certe escursioni, in un solo giorno puoi trovare più gente che all’adunata nazionale degli alpini, o arrivi in un rifugio-discoteca, dai più raggiunto con gli impianti. Gli stessi che raccontano questa esperienza come il piacere di una vita semplice nell’aria sana. Si parla ancora di ecosistema, unità funzionale composta da organismi viventi e dall’ambiente non vivente con cui interagiscono. L’inquinamento ambientale e culturale del mondo, inclusi i territori di montagna, è in un lento e inesorabile percorso suicidario. Eliminiamo l’ipocrisia e aumentiamo la qualità. Il turista montano deve raggiunge le località per vivere un’esperienza in cui confini sono i limiti imposti da un luogo, rinunciando alle abitudini e alle comodità lasciate a casa. Se l’offerta subisce la richiesta e non viene modellata sulle esigenze del territorio, è solo esasperato sfruttamento. Per certi operatori turistici, ogni cima rinomata delle Dolomiti dovrebbe avere un impianto che ne raggiunge la cima. Aldilà di tutto, bisogna prestare attenzione ad un elemento fondamentale, qualsiasi inversione di marcia – che non ci sarà mai – dovrà essere fatta nel rispetto di chi nelle valli montane ci vive e non deve semplicemente sopravvivere.
Perché sono ancora permessi eventi in montagna che invece di valorizzarla la dissacrano?
Perché la democrazia viene sempre più interpretata come «io ho il diritto di fare quello che voglio» senza capire che l’equilibro tra diritto e dovere è dato dal rispetto. I luoghi, gli spazi offerti dalla montagna vengono rispettati? Da molti, troppi anni, non più.
La sacralità della montagna fa parte di un valore che molti di noi abbiamo o perché ci è stato trasmesso o perché fa parte di noi o perché lo abbiamo imparato vivendola. Ma come possiamo aumentare questa consapevolezza?
Con l’esempio di chi ci vive e di chi la propone. Questi non sono, banalmente, luoghi da ammirare o da scalare, ma maestri silenziosi di lentezza, umiltà, rinuncia – elemento fondamentale – rispetto e introspezione. Tutti elementi poetici usati come semplici attrattori che non si realizzano e fanno sorridere o infastidiscono il turista medio.