Consumi: il codice a barre lascia il posto al Qr
Poco più di 50 anni fa, il 26 giugno 1974, il codice a barre veniva passato per la prima volta dalla cassa del supermercato Marsh nella città di Troy, in Ohio, su una confezione
Tutti parlano di intelligenza artificiale, ma sono ancora in pochi ad utilizzarla. In questo scenario, analizzare le differenze di utilizzo e di opinioni in merito ci aiuta a individuare le principali sfide per il nostro futuro.
A marzo 2024 il Parlamento Europeo ha approvato, con ampia maggioranza, l’AI ACT e a maggio è arrivato anche il via libera della Commissione europea. Si tratta del nuovo Regolamento sull’Intelligenza Artificiale che ha come obiettivo quello di assicurare che i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati in Europa non violino i diritti e i valori fondamentali dell’UE. Grazie a questa importante proposta di legge, la massa ha iniziato ad accorgersi dei rischi, ma allo stesso tempo delle incredibili opportunità, che queste innovazioni ci stanno mettendo davanti.
In realtà, già da qualche anno un sottobosco della nostra società si era accorto di questa tecnologia. A partire dagli studenti delle scuole medie, che utilizzano dal 2022 ChatGPT, software di punta dell’azienda OpenAI, per semplificare i propri compiti per casa, fino a ricercatori e professionisti in ambito sanitario, che stanno studiando il modo in cui può essere implementato nei loro settori già da una decina di anni. Oltre a queste differenze di approccio, quindi, ci sono anche numerose disparità a livello di utilizzo: proprio come qualsiasi altro strumento, può avere implicazioni sia positive che negative.
Secondo la recente ricerca realizzata da Changes Unipol elaborata da Ipsos, da un punto di vista demografico l’Italia risulta piuttosto polarizzata nei confronti dell’intelligenza artificiale. Sia a livello di utilizzo, che di considerazioni personali. Nel primo caso, il 66% dei giovani utilizza l’IA per organizzare viaggi e il 48% per avere una consulenza finanziaria. I Boomer invece, molto più delle altre generazioni, la utilizzerebbero per le diagnosi mediche.
Nel secondo, le nuove generazioni sono incuriosite e attratte dalle diverse implementazioni dell’intelligenza artificiale, mentre quelle più mature percepiscono non poche preoccupazioni. Ciò che spaventa di più, è soprattutto il modo in cui l’informazione potrebbe essere manipolata a livello sociale, economico e politico. Nonostante queste differenze, 8 italiani su 10 sono d’accordo sul fatto che l’intelligenza artificiale cambierà radicalmente il mondo del lavoro, eliminando alcune professioni, ma introducendo allo stesso tempo alcuni vantaggi.
In queste differenze sociali emerse dalla ricerca si possono cogliere i rischi e le opportunità dell’AI. Tra i principali pericoli, infatti, c’è proprio quello legato al mondo dell’informazione, soprattutto a causa dell’utilizzo di deep fake. Non tutti sanno però che alcune piattaforme stanno prendendo precauzioni in merito, ad esempio TikTok lo fa permettendo di segnalare con un’apposita etichetta tutte le immagini che sono stare realizzate con il supporto dell’intelligenza artificiale generativa.
Un altro pericolo concreto di cui si parla poco è quello della discriminazione algoritmica, vale a dire l’elaborazione distorta di informazioni che porta spesso ad output scorretti e discriminatori. Questo vale soprattutto quando l’intelligenza artificiale viene utilizzata per selezionare il personale, o anche solo valutarlo.
Per quanto riguarda invece gli aspetti positivi, il primo a emergere è quello della ricerca, soprattutto in medicina. Ad esempio, la start-up Atomwise, attraverso l’utilizzo di potenti calcolatori, esamina immense collezioni di strutture molecolari per creare nuovi trattamenti farmaceutici. La sua squadra di ricerca ha già individuato due composti farmaceutici che potrebbero ridurre la diffusione dell’ebola. Allo stesso modo, DeepMind, una società sussidiaria di Google, ha sviluppato recentemente un’intelligenza artificiale specializzata nella diagnosi del cancro al seno. Il loro algoritmo ha dimostrato una precisione superiore del 11,5% rispetto ai radiologi umani nell’individuare i sintomi, pur utilizzando gli stessi dati di base.
Parlando più in generale dell’ambito professionale, se usata con consapevolezza l’IA può anche automatizzare compiti ripetitivi e noiosi, permettendo agli esseri umani di concentrarsi su quelli che richiedono maggiore creatività, elemento di cui gli algoritmi ancora non dispongono.
Per quanto si possa provare a regolamentare questo tipo di innovazione a livello comunitario, dobbiamo essere consapevoli che il processo di implementazione legislativa non raggiungerà mai la stessa velocità di sviluppo dell’IA. La sfida principale della società 3.0 è dunque riuscire a creare questa consapevolezza a livello culturale su più livelli, fin dalle scuole primarie. Nel frattempo, possiamo continuare a osservare con curiosità e spirito critico alcuni trend TikTok della generazione Z, come ad esempio quello in cui si fa a gara a chi è più gentile nei modi con Chat GPT.